Un documento riporta utili indicazioni sulle procedure per la sicurezza dei lavoratori nei lavori elettrici. Focus sui piani di lavoro, sui piani di intervento e sulle possibili metodologie di lavoro: lavoro a distanza, a contatto, a potenziale,

Per eseguire in sicurezza lavori elettrici è necessario seguire scrupolosamente alcune procedure di lavoro che passano attraverso, ad esempio, la verifica di fattibilità del lavoro, la redazione di piani di lavoro e di intervento, la valutazione delle condizioni lavorative. Procedure che possono poi variare anche secondo la metodologia di lavoro che si intende adottare di volta in volta.

Ad affrontare tutti questi temi e ad offrire vari spunti per la sicurezza nell’esecuzione dei lavori elettrici è il documento “ Lavori elettrici in alta tensione”, pubblicato alla fine del 2017 e realizzato dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici dell’ Inail.
Piani di lavoro e piani di intervento

Il documento, a cura di Fausto Di Tosto (Inail, Uot Roma), Giovanni Luca Amicucci e Maria Teresa Settino (Inail, DIT), segnala che il piano di lavoro sotto tensione “riguarda tutti gli aspetti impiantistici rilevanti ai fini della riduzione del rischio elettrico nell’ambito del sistema elettrico di cui l’impianto interessato dai lavori fa parte”.

Ricordiamo intanto il significato di alcuni degli acronimi utilizzati nel documento:

URI, Persona o Unità Responsabile dell’impianto elettrico;
RI, Persona designata alla conduzione dell’impianto elettrico;
URL, Persona o Unità Responsabile della realizzazione del lavoro;
PL, Persona preposta alla conduzione dell’attività lavorativa.

Il piano di lavoro – continua il documento Inail – riporta “come minimo i seguenti dati:

“individuazione univoca dell’impianto o della parte sulla quale il lavoro sotto tensione deve essere effettuato;
necessità o meno di attuare il regime speciale di esercizio e motivazione della sua eventuale assenza;
dettaglio delle modalità di realizzazione dell’eventuale regime speciale di esercizio con individuazione del posto o dei posti di presidio da dove è possibile compiere manovre su ogni interruttore a tutte le estremità dell’impianto su cui si deve lavorare;
nome del PL;
nome e firma dell’estensore il piano di lavoro e del RI;
nome e firma del URI”.

E dopo aver ricordato che per la predisposizione dei piani di lavoro “possono essere utilizzati strumenti informatici per la redazione automatizzata”, comunque da validare e approvare, si sottolinea che “ogni lavoro è oggetto di un proprio piano di lavoro ed ogni piano di lavoro deve riferirsi ad un unico lavoro, salvo il caso in cui il regime speciale di esercizio da realizzarsi per i diversi lavori sia identico per tutti. Qualora sullo stesso impianto o parte d’impianto vi siano contemporaneamente più piani di lavoro, essi devono essere opportunamente collegati”.

Il documento parla poi dei piani di intervento.

Il piano di intervento, “utilizzando le procedure aziendali specifiche per l’intervento, deve riportare come minimo i seguenti dati:

identificazione univoca dell’intervento;
nome del PL;
individuazione dell’impianto o della parte d’impianto su cui si interviene;
dati tecnici della parte d’impianto su cui si interviene;
obiettivo dell’intervento;
descrizione dell’intervento;
calcolo o valutazione delle distanze (Du, du, dE) adottate nelle diverse situazioni di lavoro;
modalità di valutazione o di misura delle distanze;
eventuali calcoli eseguiti per verificare la stabilità strutturale durante l’intervento;
descrizione della sequenza delle operazioni (riferendosi a procedure prestabilite);
individuazione dell’attrezzatura specialistica e dei DPI di cui è previsto l’impiego;
riferimento al piano di lavoro corrispondente;
eventuale evidenziazione dei rischi ambientali;
firma del PL e del responsabile della URL.

In questo caso “ogni lavoro può essere oggetto di più piani di intervento; ogni piano di intervento può riferirsi ad un unico lavoro o parte di esso. Più piani di intervento possono fare riferimento ad un unico piano di lavoro”.

Le metodologie di lavoro per i lavori sotto tensione

Il documento segnala poi che nel corso degli anni “sono state sviluppate diverse metodologie di lavoro per i lavori sotto tensione, in relazione alla posizione dell’operatore rispetto alle parti a potenziale diverso e ai mezzi utilizzati (attrezzature e DPI) per prevenire eventuali danni”.

Ad esempio il lavoro a distanza è una metodologia di lavoro “in cui l’operatore, normalmente, ma non necessariamente posto al potenziale di terra, compie le operazioni necessarie mediante la manovra di attrezzi isolanti, mantenendo la distanza minima di avvicinamento fase-terra (dA) verso tutte le parti circostanti che si trovano a potenziale diverso dal suo”.

C’è poi il lavoro a contatto, metodologia di lavoro “in cui l’operatore manipola direttamente la parte in tensione oggetto dell’intervento protetto dal punto di vista elettrico rispetto alla parte su cui interviene con adeguati dispositivi di protezione individuale (guanti) isolanti e/o con indumenti isolanti”. In questo caso l’operatore “deve mantenere la distanza minima di avvicinamento fase-terra verso le parti del suo corpo non adeguatamente protette e le parti in tensione su cui opera. Il metodo di lavoro a contatto è utilizzato, in genere, su impianti con tensione nominale non superiore a 30 kV”.

Si segnala che questo metodo di lavoro “richiede una particolare attenzione anche alle parti in tensione che non costituiscano oggetto dell’intervento dell’operatore. Dette parti, infatti, possono essere prossime all’operatore tanto che, involontariamente, egli potrebbe penetrarne la zona di lavoro sotto tensione DL. Per evitare tale eventualità, nel piano di intervento si deve prevedere la protezione dell’operatore impedendogli di penetrare la distanza DL mettendo in opera un protettore o una barriera o sistemi di blocco meccanico o dispositivi equivalenti. In alternativa, se possibile, si può disporre l’operatore a una distanza dal limite esterno della DL che tenga conto sia dei suoi movimenti che degli attrezzi da lui maneggiati”.

Un’altra metodologia di lavoro affrontata sono i lavori a potenziale.

In questa metodologia l’operatore “giunge in vicinanza della parte in tensione al cui potenziale deve operare, fino ad assumerne lo stesso potenziale elettrico, mantenendo distanze superiori alle minime di avvicinamento fase-terra rispetto alle parti a potenziale di terra e superiori alle minime di avvicinamento tra fase e fase rispetto alle parti in tensione appartenenti ad altre fasi. Lo spostamento dell’operatore può avvenire su un supporto isolante o per via aerea”.

Si segnala poi che:

“un operatore, posto al potenziale di una parte in tensione, può eseguire un lavoro su un’altra parte, in tensione o collegata a terra, con il metodo del lavoro a distanza;
prima di toccare una parte in tensione, ogni operatore deve stabilire l’equipotenzialità tra la parte stessa ed il proprio corpo tramite un apposito dispositivo di collegamento;
quando la tensione nominale del sistema oggetto dell’intervento supera 100 kV, essi devono indossare anche appropriati abiti conduttori completi;
per tensioni inferiori, l’utilizzo di abiti conduttori può essere deciso dall’operatore in base al comfort. Chi indossa abiti conduttori non deve indossare guanti, bracciali, calzature o soprascarpe isolanti e non deve impiegare attrezzi isolati”.

Infine il documento si sofferma sugli operatori a potenziale indefinito.

Operatore che lavora a potenziale indefinito

Operatore che lavora a potenziale indefinito

Infatti quando un operatore è “collocato su un supporto isolante che lo mantiene isolato, anche temporaneamente, sia da terra sia dalle parti in tensione, devono essere individuate tutte le coppie di parti a potenziale diverso, la cui distanza può essere perturbata dalla presenza dell’operatore; devono quindi essere mantenute le pertinenti distanze minime di avvicinamento, da terra o tra le fasi, tra queste coppie di parti, da valutare considerando l’operatore e gli oggetti conduttori da lui maneggiati o indossati quale elemento frazionante delle distanze stesse”. Si rimanda, in questo caso, alla norma CEI EN 61472 e alla figura riportata sopra.

Concludiamo segnalando che il documento, che vi invitiamo a leggere integralmente, riporta poi indicazioni sulle procedure per l’esecuzione dei lavori elettrici.

Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:

Inail, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, “ Lavori elettrici in alta tensione”, a cura di Fausto Di Tosto (Inail, Uot Roma), Giovanni Luca Amicucci e Maria Teresa Settino (Inail, DIT), edizione 2017.

Fonto:Puntosicuro.it, Inail