Le indicazioni normative del D.Lgs. 81/2008 per i lavori di demolizione che avvengono nei cantieri temporanei o mobili. Le sentenze significative della Corte di Cassazione.
L’attività di demolizione è contemplata agli articoli da 150 a 156, Sezione VIII, Titolo IV, D.Lgs. n. 81/2008, ossia nella parte della disciplina normativa antinfortunistica dedicata ai cantieri temporanei o mobili.
In primo luogo, la normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ex art. 150, D. Lgs. n. 81/2008, impone, prima dell’inizio dei lavori di demolizione, di:
- verificare le condizioni di conservazione e stabilità delle strutture da demolire;
- a valle della verifica di cui al punto che precede, eseguire opere di rafforzamento e puntellamento finalizzate ad evitare il rischio di crolli.
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Cass. pen. n. 17106/2024: Crollo durante i lavori di demolizione eseguiti senza la previa verifica della stabilità del manufatto
“I Giudici di appello hanno evidenziato che le previsioni di cui agli artt. 150 e 151, D. Lgs. n. 81/2008 imponevano all’esecutore dei lavori l’obbligo di previa verifica della stabilità delle strutture da demolire, l’obbligo di realizzazione di opere di puntellamento e l’obbligo di procedere con cautela, sì da non pregiudicare, in corso d’opera, la stabilità del corpo di fabbrica, in conformità al programma di demolizione stabilito nel POS e nell’osservanza dei dettami contenuti nel PSC, ove era prescritto, in specie, di verificare previamente lo stato di conservazione e la stabilità delle opere da demolire ed era imposta la predisposizione e la sottoscrizione di un programma di demolizione indicativo della progressione dei lavori. La Corte territoriale ha […
] evidenziato che le risultanze processuali, e in specie gli esiti della perizia, avevano disvelato che l’attività di demolizione era stata eseguita dall’impresa esecutrice dei lavori senza la previa verifica della stabilità del manufatto, senza la previa predisposizione di un adeguato programma delle demolizioni, risultando quello contemplato nel POS non conforme alle prescrizioni del PSC, con modalità massiva e non a tratti, con la rimozione per sfilamento dei travetti in ferro inseriti nella muratura di collegamento dei solai, piuttosto che col taglio degli stessi e mediante l’impiego di mezzi meccanici, in spregio dello specifico divieto contenuto nel POS. La Corte di appello ha, poi, affermato, così riconoscendo la sussistenza del nesso causale tra condotta ed evento, che l’eseguita rimozione dei solai dei piani inferiori con modalità massiva aveva costituito, in uno alle equivalenti concause dei concorrenti rappresentate dal mancato ‘ammorsamento’ al muro di testata di quello di spina e di quelli perimetrali e dallo ‘scasso’ funzionale alla realizzazione dei cordoli perimetrali dei nuovi solai, il fattore che aveva determinato il crollo, precisando che avevano funto verosimilmente da innesco le indagini eseguite al piano di fondazione e le vibrazioni indotte dall’inappropriato utilizzo ‘in loco’ di mezzi meccanici (in particolare di un bobcat)”.
Posto quanto sopra, in merito alla sussistenza di responsabilità in capo all’imputato, i Supremi Giudici si sono pronunciati come segue.
“I Giudici del merito hanno sostenuto […], scrutinando in tal modo […] il profilo della colpevolezza, che l’adozione di tali modalità operative rendeva prevedibile, per l’agente ‘eiusdem professionis ed condicionis’, il verificarsi dell’evento poi concretamente occorso, in quanto la previa verifica della stabilità del corpo di fabbrica gravava sul titolare dell’impresa esecutrice dei lavori giusta il disposto degli artt. 150 e 151, D. Lgs. n. 81/2008 e, nello specifico, costituiva circostanza nota al predetto il mancato ‘ammorsamento’ al muro di testata di quelli longitudinali, deponendo in tal senso sia l’avvenuta annotazione sul giornale di cantiere […] dell’effettuanda demolizione dei tramezzi e delle contropareti al piano seminterrato, sia l’avvenuta esecuzione di tali opere, come desumibile dai rilievi fotografici eseguiti. Da ultimo, la Corte di appello ha correttamente affermato che il prevedibile verificarsi dell’evento avrebbe potuto essere evitato dall’imputato il cui ricorso forma oggetto di scrutinio mediante l’adozione di una condotta alternativa lecita, di certo esigibile da un soggetto dotato della sua esperienza professionale, condotta che, nello specifico, si sarebbe dovuta sostanziare nell’esecuzione a tratti e con strumenti d’uso manuale, piuttosto che con modalità massiva, delle opere di rimozione dei solai dei piani inferiori del corpo di fabbrica”.
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Cass. n. 47093/2016: In assenza del preposto, la responsabilità ricade sul datore di lavoro
In primo e secondo grado, i Giudici del merito condannavano il datore di lavoro in merito all’infortunio occorso ai danni di due lavoratori durante lo svolgimento di lavori di demolizione. Ricorreva in Cassazione la difesa dell’imputato.
I Supremi Giudici si pronunciavano come segue.
“Particolare rilievo riveste il punto della motivazione in cui la Corte territoriale ha posto l’accento sulla circostanza, emersa nel corso dell’istruttoria dibattimentale, che i due lavoratori svolgessero il loro lavoro senza l’assistenza di alcun preposto supervisore ma alla sola presenza della proprietaria dell’abitazione committente che, ovviamente, non svolgeva attività di preposto. […] giova ricordare che il sistema prevenzionistico disegnato dal Legislatore è ora imperniato su un modello collaborativo che ripartisce gli obblighi tra più soggetti […]; ciononostante, sussiste in capo al datore di lavoro un potere-dovere generale di vigilanza permanente sul rispetto delle disposizioni antinfortunistiche impartite ai lavoratori […
] che, ancorché non espressamente previsto, si ricava dall’art. 18, lett. f) [Il datore di lavoro deve richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione] e dall’art. 19 [Obblighi del preposto] D. Lgs. n. 81/2008. Tali norme, in sintesi, prevedono l’obbligo del datore di lavoro di richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle disposizioni antinfortunistiche e la funzione del preposto di vigilare sull’osservanza delle norme e delle direttive, oltre che sull’uso di presidi di protezione, da parte dei lavoratori; con la conseguenza che, ove non vi sia un preposto, il predetto obbligo di vigilanza permane in capo al datore di lavoro”.
Cass. n. 12405/2019: Infortunio mortale durante lavori di demolizione di una canna fumaria per mancata individuazione delle corrette modalità di svolgimento delle attività
Durante i lavori di demolizione di una canna fumaria, alta circa 3 metri e costituita da più moduli, crollava la parte più alta della medesima, non vincolata alle strutture in muratura, investendo il lavoratore e cagionandone la morte.
I Giudici del merito ritenevano la principale causa del crollo da individuarsi nelle modalità di demolizione, che sarebbe stata effettuata dal basso verso l’alto e non viceversa, come sarebbe stato più corretto.
L’infortunio veniva ritenuto imputabile [inter alia]alla condotta omissiva di C.R., titolare di una posizione di garanzia nei confronti del lavoratore deceduto, in quanto aveva omesso di adottare le dovute cautele prescritte dalla normativa speciale di settore.
In particolare, al C.R. si rimproverava di non aver verificato le condizioni di sicurezza in cui l’attività avrebbe dovuto svolgersi e di non essersi attivato per far inserire al CSE l’attività in questione nel programma dei lavori. Difatti, era emerso che l’attività di demolizione non era stata prevista nella riunione di coordinamento ed era, quindi, da ricondurre ad un’autonoma decisione del C.R.
A seguito di ricorso, i Supremi Giudici confermavano la sentenza di condanna, rilevando come “il coinvolgimento del Coordinatore per la sicurezza nell’esecuzione dei lavori avrebbe condotto all’identificazione e alla prescrizione della corretta modalità di esecuzione, ovvero il procedere dall’alto verso il basso”.
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L’art. 152, D. Lgs. n. 81/2008 prevede, nel caso in cui trattasi di muri di altezza superiore a 2 metri (altrimenti non vigono i divieti e gli obblighi di cui di seguito), che:
- laddove la demolizione sia effettuata con attrezzature manuali, questa deve essere eseguita servendosi di ponti di servizio indipendenti dall’opera oggetto di demolizione;
- è vietato lavorare e far lavorare gli operai sui muri in demolizione.
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Cass. pen. n. 20813/2019: Caduta all’interno del vano ascensore in costruzione durante i lavori di demolizione
In primo e secondo grado, l’imputato, in qualità di datore di lavoro, veniva condannato in ordine al reato di omicidio colposo occorso ai danni di un proprio dipendente.
I Giudici del merito ritenevano che egli avesse omesso di attuare le misure previste nel PSC e nel POS a tutela dei lavoratori contro il rischio caduta dall’alto; avesse consentito che il lavoratore effettuasse lavori di demolizione in corrispondenza del vano ascensore della palazzina ad oltre 2 metri di altezza dal suolo, senza adottare opere provvisionali o precauzioni idonee; avesse omesso di disporre o, comunque, di esigere che i lavoratori rispettassero le regole di sicurezza con specifico riferimento alla realizzazione di opere provvisionali a protezione dell’apertura del vano ascensore.
In merito alla dinamica degli eventi, era emerso che il lavoratore, incaricato di demolire la parte superiore del vano ascensore con un martello pneumatico, operando ad un’altezza di 7,70 metri dal suolo, perdeva accidentalmente l’equilibrio e precipitava all’interno del vano, procurandosi lesioni che ne cagionavano la morte.
A seguito di ricorso, la Suprema Corte confermava la sentenza di condanna.
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Per quanto concerne il materiale derivante dalla demolizione, l’art. 153, D. Lgs. n. 81/2008 prevede che questo non debba essere gettato dall’alto, ma trasportato ovvero convogliato in appositi canali:
- la cui estremità inferiore non deve risultare ad altezza superiore a 2 metri dal livello del piano di raccolta;
- la cui estremità superiore deve essere tale da non costituire un rischio per cadute accidentali di persone.
Inoltre, deve limitarsi il più possibile il sollevamento della polvere, irrorando con acqua le murature ed i materiali di risulta.
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Cass. pen. n. 10005/2017: Sollevamento polveri durante i lavori di demolizione
Nei giudizi di merito, l’imputato veniva condannato per avere omesso di impedire il sollevamento della polvere proveniente dal materiale di risulta delle lavorazioni di demolizione dell’intonaco di un fabbricato mediante irrorazione con acqua di tale materiale.
Ricorreva in Cassazione la difesa dell’imputato, ritenendo – inter alia – l’inesatta interpretazione dell’art. 153, D. Lgs. n. 81/2008, che prescrive di ridurre il sollevamento della polvere e non di eliminarla del tutto; in tale ottica, non era stata accertata l’entità del sollevamento delle polveri contestato.
I Supremi Giudici si pronunciavano come di seguito.
“Il Tribunale, sulla base del verbale ispettivo redatto dai funzionari della AUSL […], ha […] ritenuto integrata la violazione dell’art. 153, D. Lgs. n. 81/2008, essendo emerso che nei lavori di demolizione degli intonaci non era stato impedito il sollevamento della polvere proveniente dal materiale di risulta di tale lavorazione, tanto che era stato prescritto ai dipendenti dell’impresa […] di irrorare con acqua detto materiale (come imposto dall’art. 153, comma 5, D. Lgs. n. 81/2008). La conseguente affermazione di responsabilità del ricorrente da parte del Tribunale risulta, dunque, alla stregua di tale accertamento di fatto, corretta, e, la relativa motivazione immune da vizi logici, non occorrendo per la configurabilità della violazione un rilevante sollevamento di polveri, essendo sufficiente che lo stesso non sia stato impedito, omettendo l’adozione di qualsiasi cautela, come avvenuto nel caso di specie, posto che il comma 5 dell’art. 153 citato prevede che ‘Durante i lavori di demolizione si deve provvedere a ridurre il sollevamento della polvere, irrorando con acqua le murature ed i materiali di risulta’, senza alcun riferimento alla entità del sollevamento della polvere proveniente dalle demolizioni”.
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Per quanto concerne la zona ove avvengono i lavori di demolizione, l’art. 154 prevede che ivi debba essere vietata la sosta ed il transito, mediante delimitazione con appositi sbarramenti.
Inoltre, l’accesso allo sbocco dei canali può essere consentito solo al termine dello scarico del materiale dall’alto.
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Cass. pen. n. 44204/2012: Demolizione di un edificio e crollo di un edificio contiguo, tutela di terzi
Il Tribunale respingeva la richiesta di riesame avverso l’ordinanza che aveva disposto gli arresti domiciliari a carico di [omissis] in ordine al reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica.
In merito alla dinamica degli eventi, era avvenuto che la demolizione erronea di un manufatto aveva determinato il crollo di un edificio attiguo, con conseguente morte di terzi rispetto al cantiere.
A seguito di ricorso, i Supremi Giudici ritenevano l’infondatezza del medesimo.
“Il Tribunale ha ritenuto che la disciplina antinfortunistica possa essere evocata anche a tutela di persone diverse dai lavoratori e che essa sia intesa a tutelare chiunque si trovi nella zona afferente alle lavorazioni. D’altra parte, è emerso che la demolizione è stata assolutamente incongrua e senza alcuna attenzione alla sicurezza dei luoghi di lavoro. È mancata, secondo quanto ritenuto dai consulenti, la valutazione progettuale della demolizione e della condizione statica durante le varie fasi della demolizione stessa […]. Non vi è dubbio che la disciplina della sicurezza del lavoro, come correttamente ritenuto dal Tribunale, sia volta a cautelare chiunque si trovi a contatto con le lavorazioni”.
Scarica le sentenze di riferimento:
Fonti: Puntosicuro.it, Olympus.uniurb.it, Avv. Carolina Valentino