Un documento Inail fornisce informazioni sui servizi di verifica di attrezzature, macchine e impianti di maggiore pratica e interesse. Focus sulle verifiche degli impianti di messa a terra e degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche.

Non è mai semplice affrontare il tema delle verifiche di attrezzature e impianti nei luoghi di lavoro, un argomento delicato anche in relazione ai tanti adempimenti correlati e ad alcune criticità e difficoltà rilevate anche dai nostri articoli.

Proprio per ridurre questa complessità l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro – in relazione alle varie attività di verifica su attrezzature, macchine e impianti che il legislatore attribuisce all’ Inail – ha pubblicato il documento “ Guida ai servizi di verifica di attrezzature, macchine e impianti di più ampia pratica e interesse”. Una guida che ha lo scopo di orientare l’utenza (datori di lavoro, installatori, noleggiatori, proprietari, utilizzatori, amministratori di condominio, ecc.) all’accesso rapido alle informazioni più richieste nel tempo dagli stessi utenti in materia di verifiche.

Ci soffermiamo in particolare oggi su quanto indicato dalla guida per le verifiche degli impianti di messa a terra e degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche.

Questi gli argomenti affrontati nell’articolo:

La regolamentazione in materia di verifiche

Nella guida dell’Inail si indica che i procedimenti relativi alle installazioni e ai dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, agli impianti di messa a terra e agli impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione sono tutti disciplinati dal Decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462 “Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi”.

Tale regolamentazione si applica “agli ambienti di lavoro nei quali sia individuabile la figura di almeno un ‘lavoratore’ ovvero una persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari”.

E in base all’art. 3 del decreto 462/2001 “è attribuito all’Inail il controllo a campione della ‘prima verifica sulla conformità alla normativa vigente degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche e i dispositivi di messa a terra degli impianti elettrici’”.

A questo proposito si segnala che per impianto di messa a terra “si intende l’insieme dei dispersori, conduttori di terra, conduttori equipotenziali, collettori di terra e conduttori di protezione destinati a realizzare la messa a terra di protezione”. E ai fini del medesimo decreto “si intendono facenti parte dell’impianto di messa a terra anche i segnalatori di primo guasto (ove esistenti) e i dispositivi di protezione dalle sovracorrenti o dalle correnti di dispersione predisposti per assicurare la protezione dai contatti indiretti”.

Si ricorda poi che sono soggetti all’obbligo di denuncia di cui all’art. 2 del decreto, “gli impianti di messa a terra realizzati per la protezione delle persone dai contatti indiretti mediante interruzione automatica dell’alimentazione. Non rientrano in tale obbligo gli impianti di terra realizzati esclusivamente per ragioni funzionali, o per altri motivi, e i sistemi di protezione dai contatti indiretti che non si basano sull’interruzione automatica dell’alimentazione”.

Invece per quanto riguarda gli impianti di protezione dalle scariche atmosferiche “sono soggetti all’obbligo di denuncia di cui all’art. 2 del suddetto decreto solo le installazioni e i dispositivi di protezione quando, a seguito della valutazione del rischio fulminazione (diretta e indiretta) effettuata secondo la pertinente normativa tecnica (CEI EN 62305-2), risultino necessari ai fini del contenimento della componente di rischio R1 (perdita di vita umana)”. 

Inoltre relativamente agli ambienti con pericolo di esplosione, “solo gli impianti di terra possono essere sottoposti a prima verifica, mentre i relativi impianti elettrici sono oggetto di omologazione di competenza delle Asl o Arpa”.

Si ricorda poi che la prima verifica a campione viene effettuata “solo su impianti di nuova installazione o che abbiano subito un rifacimento tale da essere assimilabile a uno nuovo. Con riferimento agli impianti di messa a terra si considerano tali le variazioni della categoria dell’impianto e la modifica della destinazione d’uso con applicazione di una diversa normativa tecnica che prevede un aumento del livello di sicurezza. Con riferimento agli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, in linea generale, si ritiene che l’aumento del livello di protezione debba essere considerato nell’ambito di nuova denuncia”.

Il documento riporta poi vari link che possono essere di utilità agli utenti:

Verifica dell’impianto di messa a terra

Si indica che la verifica dell’impianto di messa a terra “consiste nell’accertamento della conformità alle norme tecniche applicabili e comprende le seguenti attività: esame della documentazione; esame a vista dei luoghi e degli impianti; effettuazione di prove e misure; redazione del verbale di verifica; comunicazione all’organo di vigilanza”.

In particolare la verifica dell’impianto di messa a terra “va effettuata prendendo come riferimento le norme CEI 64-8, CEI 99-2, CEI 99-3 e la Guida CEI-ISPESL 64-14 ‘Guida alla verifica degli impianti elettrici utilizzatori’”.

Si indica che la messa in esercizio degli impianti di messa a terra “non può essere effettuata prima della verifica eseguita dall’installatore che rilascia la dichiarazione di conformità ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37. La dichiarazione di conformità equivale a tutti gli effetti a omologazione dell’impianto. Nel caso in cui la dichiarazione di conformità non sia più reperibile, per gli impianti eseguiti prima del 27 marzo 2008 e dopo il 13 marzo 1990, essa può essere sostituita da una dichiarazione di rispondenza redatta da un professionista/responsabile tecnico con le competenze indicate dal decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37. La dichiarazione di rispondenza può essere utilizzata per gli adempimenti previsti dal decreto 22 ottobre 2001, n. 462”.

Rimandiamo alla lettura integrale della guida che riporta ulteriori dettagli e segnaliamo che ai fini degli adempimenti di verifica, “è essenziale che il datore di lavoro metta a disposizione del verificatore la documentazione tecnica a corredo dell’impianto; una dichiarazione di conformità sprovvista di tale documentazione e degli allegati obbligatori non si può considerare atto omologativo dell’impianto”. Il documento riporta precise indicazioni sulla documentazione necessaria.

Riguardo alla modalità di trasmissione, si segnala che il datore di lavoro, “entro 30 giorni dalla messa in esercizio dell’impianto, deve inviare la dichiarazione di conformità rispettivamente all’Inail e alle Asl o Arpa competenti per territorio, nel caso di Sportello Unico non operante. Nei comuni singoli o associati ove sia operante lo Sportello Unico per le Attività Produttive ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, la suddetta dichiarazione è presentata allo stesso Sportello Unico, che provvede all’inoltro ai soggetti di cui sopra territorialmente competenti”.

Inoltre ai fini degli obblighi previsti dal DPR 462/2001 “per semplificare il procedimento di inoltro e di mantenimento degli atti documentali, non è necessario inviare, unitamente alla dichiarazione di conformità, la documentazione tecnica prevista. Tali allegati devono invece essere conservati presso il luogo dove è situato l’impianto e resi disponibili in occasione della visita del verificatore, che potrà richiederli in visione ed eventualmente acquisirli in copia, ai fini dell’effettuazione degli accertamenti tecnici. La dichiarazione di conformità va inoltrata tramite Pec o posta raccomandata A/R o a mano (o attraverso i servizi online prossimamente disponibili sul portale dell’Inail) all’Unità operativa territoriale (Uot) competente per territorio, unitamente al modulo predisposto dall’Istituto firmato in originale dal datore di lavoro, al fine di acquisire i dati necessari per la formulazione dei criteri di campionatura”.

Si segnala, a questo proposito, che il controllo della completezza formale delle dichiarazioni di conformità ricevute “rientra nei compiti dell’Istituto ai fini dell’ammissibilità della denuncia come atto omologativo dell’impianto”.

Questo è il link per scaricare i moduli per la richiesta della verifica.

Verifica degli impianti e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche

Riportiamo anche alcune brevi indicazioni relative alla verifica dell’impianto di protezione contro le scariche atmosferiche che consiste “nell’accertamento della conformità alle norme tecniche applicabili e comprende le seguenti attività: esame della documentazione; esame a vista dei luoghi e degli impianti; effettuazione di prove e misure; redazione del verbale di verifica; comunicazione all’organo di vigilanza”.

In particolare le verifiche degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche “vengono effettuate facendo riferimento alle norme CEI 81-10 e alla relativa Guida CEI 81-2”.

Anche in questo caso la messa in esercizio degli impianti contro le scariche atmosferiche “non può essere effettuata prima della verifica eseguita dall’installatore che rilascia la dichiarazione di conformità ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37. La dichiarazione di conformità equivale a tutti gli effetti a omologazione dell’impianto”.

Come per gli impianti di messa a terra sono riportate nella guida varie indicazioni sulla dichiarazione di conformità e sulla documentazione necessaria. E anche per gli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche “ai fini degli adempimenti di verifica, è essenziale che il datore di lavoro metta a disposizione del verificatore la documentazione tecnica a corredo dell’impianto; una dichiarazione di conformità sprovvista di tale documentazione e degli allegati obbligatori non si può considerare atto omologativo dell’impianto”.

Concludiamo ricordando che la guida Inail, che per questi ultimi impianti riporta indicazioni relative alle modalità di trasmissione, ai costi e ai moduli necessari, si sofferma anche su altri sei diversi ambiti di verifica:

  1. Impianti di riscaldamento
  2. Recipienti di trasporto gas – bombole per GPL
  3. Idroestrattori, carrelli semoventi a braccio telescopico, piattaforme di lavoro autosollevanti su colonne e ascensori e montacarichi da cantiere
  4. Apparecchi di sollevamento
  5. Ponti sospesi e macchine agricole raccoglifrutta
  6. Ponti sollevatori per veicoli.

Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:

Inail, Direzione centrale pianificazione e comunicazione, Direzione centrale ricerca, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti ed insediamenti antropici, Unità operativa territoriale di Como, Unità operativa territoriale di Roma, Unità operativa territoriale di Palermo, “ Guida ai servizi di verifica di attrezzature, macchine e impianti di più ampia pratica e interesse”, edizione 2019

Fonti: Puntosicuro.it, INAIL