Una idonea e adeguata formazione e informazione dei lavoratori sui rischi connessi con la propria attività in azienda e sul corretto comportamento da tenere per svolgere la stessa possono certamente contribuire a evitare gli eventi infortunistici.
La formazione e l’informazione e l’importanza che hanno questi istituti nella organizzazione della sicurezza sul lavoro nelle aziende costituiscono il tema di questa sentenza della III Sezione penale della Corte di Cassazione alla quale è ricorso il datore di lavoro di un’impresa di trasporti che ha impugnato una sentenza che lo aveva condannato per l’infortunio occorso a un autista suo dipendente. L’infortunio si era verificato in occasione del trasporto da parte dello stesso di un silos assicurato a un camion con alcune cinghie allorquando, salito sul pianale del veicolo per recuperare una cinghia mal posizionata aggrappandosi a una traversa della struttura del mezzo, ha perso la presa e è caduto da una altezza di circa un metro riportando la frattura della tibia per essere rimasto un piede incastrato fra il pianale del veicolo e il basamento del silos. La Corte di Appello aveva individuato l’obbligo informativo omesso nelle caratteristiche strutturali del veicolo che era privo di una scaletta per salire sul pianale e nel fatto che il silos trasportato occupava quasi interamente il cassone tanto da richiedere quel tipo di ancoraggio, pertanto aveva individuato un nesso causale fra tali omissioni e l’evento infortunistico.
Una adeguata formazione e informazione del lavoratore sui rischi connessi al trasporto di un carico delle dimensioni di quello presente sull’autocarro e sul corretto comportamento da tenere per svolgere la propria attività avrebbero certamente consentito, secondo la suprema Corte, di evitare la caduta del lavoratore dal pianale del mezzo e quindi di evitare l’evento infortunistico.
Il fatto, la condanna, i ricorsi e le motivazioni
La Corte di Appello, provvedendo a seguito del rinvio disposto dalla Quarta Sezione della Corte di Cassazione sulla impugnazione proposta da un datore di lavoro nei confronti di una sentenza del Tribunale, con la quale lo stesso era stato condannato alla pena di due mesi di reclusione e al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in relazione al reato di cui all’art. 590, commi 1, 2 e 3, cod. pen., in relazione all’art. 583, comma 1, n. 1, cod. pen.,, ha confermata la sentenza impugnata, condannando l’imputato al pagamento delle ulteriori spese del procedimento e di quelle sostenute nel grado dalla parte civile. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione anche nei confronti di tale ulteriore sentenza affidando lo stesso a due motivazioni.
Con il primo motivo si è lamentato in merito alla affermazione della sussistenza di una sua condotta colposa e della configurabilità di una relazione causale tra essa e l’evento. Lo stesso ha sottolineato infatti la mancata individuazione da parte della Corte di Appello dei contenuti della formazione che avrebbe dovuto essere somministrata al lavoratore infortunato e della relazione causale tra l’eventuale omissione della stessa e l’evento, specificazione che era stata richiesta espressamente dalla sentenza di annullamento con rinvio tenendo conto del fatto che l’evento si era verificato in occasione del trasporto da parte dell’autista di un silos assicurato al camion con alcune cinghie e che, dovendo recuperare una cinghia mal posizionata, era salito sul pianale del veicolo e aveva perso la presa cadendo da una altezza di un metro circa riportando la rottura della tibia a causa del fatto che un piede era rimasto incastrato tra il pianale del veicolo e il basamento del silos.
La Corte di Appello, ha evidenziato ancora il ricorrente, aveva individuato l’obbligo informativo omesso nelle caratteristiche strutturali del veicolo e nell’uso delle scarpe rigide, che, però, non erano stati oggetto di prescrizione neppure da parte degli organi accertatori, essendo emerso che l’automezzo aziendale usato dall’autista era conforme all’impiego previsto (non essendo stata rilevata alcuna violazione per la mancanza sullo stesso di una scala) e non essendo stata impartita alcuna prescrizione per il fatto che il silos trasportato occupava quasi interamente il cassone.
Nonostante ciò la Corte di Appello, ha evidenziato il ricorrente, aveva ribadito l’affermazione di responsabilità, senza tener conto del fatto che il documento di valutazione dei rischi era stato sottoscritto dall’infortunato all’atto della sua assunzione, allorquando gli erano stati consegnati i dispositivi di protezione individuali ed era stato sottoposto al corso di formazione generica sulla sicurezza del lavoro, evidenziando anche possibili situazioni di rischio nella movimentazione manuale dei carichi e dei mezzi, da cadute a livello e in altezza, e dando atto della conoscenza da parte del lavoratore dei mezzi e dei materiali d’uso. Risultava quindi mancante l’individuazione da parte dei giudici del rinvio della regola cautelare violata e della relazione causale tra la stessa e lo specifico evento realizzatosi, benché ciò fosse stato oggetto dell’accertamento loro demandato con la sentenza di annullamento.
Con il secondo motivo il ricorrente ha lamentato che non era stata considerata l’avvenuta formazione del lavoratore infortunato attestata dal certificato sottoscritto da tutti i dipendenti dell’impresa da cui si ricavava, tra l’altro, che l’infortunato aveva frequentato il corso di formazione sulla sicurezza del lavoro. Il ricorrente ha eccepito inoltre l’inattendibilità e la inverosimiglianza del fatto che l’attestazione riguardante la formazione sarebbe stata sottoposta al lavoratore per la sottoscrizione mentre era ricoverato in ospedale dopo l’infortunio, essendo emerso ciò da dichiarazioni inverosimili rese dallo stesso lavoratore che era un soggetto interessato in quanto costituitosi parte civile.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto infondato nel suo complesso. Con riferimento alla lamentela che la Corte di Appello era incorsa nell’errore di ritenere che vi era stato un difetto di formazione e di informazione perché il lavoratore si era infortunato, con la conseguente necessità di un nuovo accertamento della ricorrenza degli elementi indefettibili dell’imputazione colposa dell’evento, la Corte di Cassazione ha precisato che tale accertamento era stato compiuto dai giudici del rinvio, che hanno ravvisato una relazione causale tra l’accertata mancata formazione del lavoratore infortunato in ordine alle cautele antinfortunistiche e, in particolare, in ordine alla condotta da tenere per assicurare il carico e per recuperare una delle cinghie utilizzate a tale scopo.
La Corte di Appello, ha inoltre osservato la Sez. III, dopo aver riportato le modalità di verificazione dell’infortunio, ha, anzitutto, escluso che la condotta dell’infortunato potesse essere ritenuta abnorme o esulante dalla sue mansioni, essendo, anzi, prevedibile, rientrando l’operazione di ancoraggio e messa in sicurezza del carico da trasportare nelle sue mansioni e ha poi sottolineato che il lavoratore non aveva frequentato alcun corso di formazione o di sicurezza, in quanto il personale della ASL. non aveva rinvenuto alcun documento attestante l’avvenuta formazione essendo stato fatto sottoscrivere dal lavoratore, in realtà, dopo l’infortunio, mentre si trovava ricoverato in ospedale. Ha sottolineato inoltre il fatto che l’autocarro sul quale era stato caricato il silos era privo di scala di accesso al pianale e anche di idonei punzoni per bloccare il container ai quattro angoli una volta posato sul cassone.
E’ stata, quindi, sottolineata la evidente relazione causale tra la mancata informazione del lavoratore, in ordine alle modalità esecutive per assicurare quel genere di carichi da trasportare al veicolo in dotazione e l’infortunio, in quanto il carico, per le sue dimensioni, richiedeva accorgimenti specifici, essendo impedito l’uso delle sponde di protezione e anche l’accesso al cassone in condizioni di sicurezza, cosicché salire sul bordo del cassone con scarpe rigide, aggrappandosi a una traversa della struttura, aveva determinato il pericolo di perdita dell’equilibrio, poi verificatasi, con la conseguente caduta del lavoratore.
Si è trattato quindi, secondo la Cassazione, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, di motivazione idonea a evidenziare sia la condotta doverosa omessa, e cioè l’adeguata formazione del lavoratore in ordine al pericolo derivante dal trasporto di un carico del genere di quello presente sul cassone del camion aziendale in occasione dell’infortunio, che richiedeva di essere assicurato con cinghie, che non potevano essere recuperate se non con una manovra pericolosa, ovverosia salendo sul pianale dell’autocarro senza l’ausilio di una scala, non essendo state rinvenute tracce documentali di alcuna formazione, sia a evidenziare la relazione causale tra la stessa e l’infortunio, essendo stato chiarito come una adeguata formazione e informazione del lavoratore sui rischi connessi al trasporto di un carico delle dimensioni di quello presente sull’autocarro avrebbero consentito di evitare l’evento.
Ne è conseguita, ha sostenuto la Sez. III, l’infondatezza dei rilievi sollevati con entrambi i motivi di ricorso, in quanto i giudici del rinvio, ottemperando a quanto indicato nella sentenza di annullamento, hanno individuato sia la condotta doverosa omessa dall’imputato che la necessaria relazione causale tra la stessa e l’evento, la cui verificazione è stata ritenuta riconducibile alla inadeguata formazione del lavoratore sulla condotta da tenere nelle operazioni di assicurazione del carico, che avrebbe potuto essere evitate se lo stesso fosse stato reso edotto dei pericoli connessi al fatto di salire sul pianale in condizioni di equilibrio precario, senza punti di ancoraggio e con scarpe rigide, una delle quali si era incastrata, determinando la gravità delle lesioni.
Non è stata riscontrata, inoltre, alcuna violazione dei criteri di valutazione della prova o illogicità manifesta nella considerazione delle dichiarazioni della persona offesa, ha così concluso la Corte di Cassazione, essendo stato sottolineato, in modo pienamente logico, che non vi erano ragioni di sorta per ritenere falso quanto dallo stesso dichiarato (a proposito della sottoscrizione della attestazione di partecipazione al corso di formazione in data successiva all’Infortunio, addirittura mentre si trovava ricoverato in ospedale dopo la caduta), cosicché, anche sotto tale profilo, i rilievi sollevati dal ricorrente sono risultati infondati. Il documento sottoscritto dal lavoratore, inoltre, privo di data e allegato in copia al ricorso, è risultato, come rilevato anche dai giudici di merito, del tutto generico, facendo riferimento alle possibili situazioni di rischio nelle fasi di movimentazione manuale dei carichi, cosicché da esso non è stato possibile ricavare una adeguata formazione del lavoratore sui rischi connessi alla necessità di assicurare carichi del genere di quello trasportato in occasione della verificazione dell’infortunio, cosicché anche sotto questo profilo devono essere esclusi vizi della motivazione o travisamenti delle prove.
A seguito del rigetto del ricorso quindi la Corte di Cassazione ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese del grado in favore della parte civile, che ha liquidate in complessivi 3.000 euro oltre agli accessori di legge.
Fonti: Olympus.uniurb.it, puntosicuro.it