Un documento sulla prevenzione dei rischi nelle aziende metalmeccaniche riporta utili indicazioni sulla movimentazione manuale dei carichi. I fattori di rischio, la prevenzione, la meccanizzazione e l’organizzazione di lavoro.
La movimentazione manuale dei carichi (MMC), nel caso di condizioni di lavoro disagevoli, pesi eccessivi e procedure di sollevamento errate , può comportare rischi di lesioni alla schiena. Più frequenti sono quelle al tratto dorso-lombare, ma “non sono da sottovalutare i danni a carico del tratto cervicale e degli arti superiori, oltre che altri tipi di rischi, quali quelli di infortunio”. E i danni alla colonna vertebrale causati da attività che comportano movimentazione manuale dei carichi “possono essere di lieve entità (piccoli traumi), o di rilevante importanza (qualora vengano a crearsi affezioni degenerative croniche, quali ernie o protuberanze discali). Detti danni possono presentarsi sia a breve, sia a lungo termine; i danni a breve termine includono gli infortuni traumatici e la fatica, e quelli a lungo termine le patologie degenerative della colonna vertebrale”.
A parlare in questi termini della movimentazione manuale dei carichi, con particolare riferimento alla movimentazione nelle aziende del comparto metalmeccanico, è il documento “ Labor Tutor – Un percorso formativo sulla prevenzione dei fattori di rischio tipici del settore metalmeccanico”, un opuscolo realizzato dall’ Inail in collaborazione con Enfea (Ente Nazionale per la Formazione e l’Ambiente).
Nel documento, che vi invitiamo a visionare integralmente, si ricorda che nella MMC l’annullamento del rischio potrebbe consistere “nell’eliminazione delle manovre di sollevamento e/o trasporto manuale da parte dei lavoratori, attuabile solo attraverso una meccanizzazione o automazione delle fasi di lavoro stesse”.
In tutti i casi in cui ciò non sia fattibile, si dovrà cercare di eliminare il più possibile tutte le cause (o concause) di rischio che la MMC stessa può comportare. Ad esempio con riferimento a:
– caduta del carico (carico troppo pesante; carico ingombrante o difficile da afferrare; carico in equilibrio instabile): “le principali cause di caduta di un carico durante la sua movimentazione manuale (intesa come ‘perdita della presa’ da parte del lavoratore) sono legate alle caratteristiche dello stesso: tipo, forma, peso. L’elemento peso è una delle componenti determinanti per la riuscita del sollevamento del carico da terra o da altezze molto basse rispetto al baricentro del lavoratore; infatti, la forza e la fatica esercitate dall’operatore per compiere l’azione aumentano con l’aumentare del peso stesso. Quindi, più è pesante il carico, più forza devo esercitare per il mantenimento della ‘presa’, che potrà esaurirsi nel giro di breve tempo causandone la caduta. Inoltre, anche le dimensioni fisiche dell’oggetto movimentato a mano, così come la sua stabilità/consistenza (carico ingombrante, in equilibrio o con contenuto instabile), concorrono alla possibilità di caduta del carico stesso. Infine, un carico difficile da afferrare aumenta sicuramente il rischio di caduta dello stesso, laddove non siano presenti adeguate maniglie per una ‘presa sicura’. Il rischio di caduta di un carico può comportare infortuni agli arti e infortuni da schiacciamento”;
– scivolamento/caduta del lavoratore (spazio libero insufficiente per lo svolgimento dell’attività; irregolarità e/o dislivelli della pavimentazione; urti contro ostacoli): “le caratteristiche ambientali del luogo di lavoro possono favorire rischi di scivolamento o caduta del lavoratore, qualora lo spazio libero per lo svolgimento dell’attività sia insufficiente (ambienti stretti o molto arredati, con conseguente rischio di urti contro ostacoli e quindi possibili cadute del lavoratore); qualora il pavimento presenti irregolarità (buche, piastrelle non ben connesse, ecc.), o sia reso scivoloso dal deposito di sostanze oleose presenti nel ciclo produttivo del reparto. Scivolamento e caduta sono rischi presenti anche qualora le scarpe calzate dal lavoratore non siano idonee (zoccoli, scarpe con tacchi, ecc.) o non abbiano un buon grado di attrito tra suola e superficie di appoggio”;
– sforzo fisico (peso del carico; distanza del carico dal corpo, frequenza della movimentazione del carico; distanze verticali di sollevamento e/o di trasporto orizzontale; tempi di recupero insufficienti): il documento ricorda che “lo sforzo necessario per il sollevamento di un carico aumenta con l’aumentare del peso del carico stesso. Normalmente, il lavoratore tende a sollevare manualmente un carico e a trasportarlo tenendolo vicino al proprio corpo; in questo modo, si facilita la distribuzione del peso del carico stesso, oltre che sulla schiena, anche sui muscoli del bacino e delle gambe. Qualora il carico avesse caratteristiche tali da poter causare rischi di ustione o ferite, lo stesso verrà sollevato e trasportato a mano mantenendolo, però, lontano dal corpo. Così facendo, lo sforzo fisico richiesto sarà maggiore come la forza compressiva che viene a esercitarsi sul tratto lombo-sacrale della colonna vertebrale, aumentando così la probabilità di provocare danni alla schiena. Ovviamente, con l’aumentare della frequenza delle azioni sopra descritte, si verificherà anche un aumento del carico energetico investito dall’organismo, derivato dallo sforzo cui è sottoposto. Analogamente, lo stesso sforzo fisico si riscontrerà per le distanze verticali di sollevamento (aumento degli spazi verticali tra “piano di presa” del carico e “piano di appoggio” dello stesso) e di trasporto su piani orizzontali (aumento delle lunghezze di trasporto manuale di un carico). Di conseguenza, i tempi per recuperare l’energia fisica necessaria alla continuazione dell’attività, senza porre l’organismo sotto stress, dovranno essere adeguati”.
– postura scorretta del lavoratore (spazi inadeguati; mantenimento di postura fissa per lungo tempo): “per quanto riguarda l’acquisizione di posizioni di lavoro scorrette e mantenute fisse per lungo tempo, è possibile che queste vengano assunte necessariamente dai lavoratori in presenza di postazioni di lavoro definite e non modificabili, ovvero di un’inadeguata organizzazione del lavoro”.
Il documento, che si sofferma anche sulle eventuali conseguenze a breve o a lungo termine di tutti gli elementi di rischio analizzati, presenta anche alcune indicazioni per la prevenzione.
Premesso che “i lavoratori addetti alla MMC devono essere in possesso dell’idoneità fisica a svolgere il compito in questione, indossare idonei indumenti e calzature, essere adeguatamente formati e avere a disposizione procedure di sicurezza scritte”, il documento si sofferma sulle misure di prevenzione e sui comportamenti corretti che devono essere messi in atto al fine di ridurre, o eliminare, i rischi analizzati:
– meccanizzazione dei processi di sollevamento e/o trasporto carichi per eliminare il rischio;
– ausiliazione degli stessi processi per il contenimento del rischio;
– elaborazione e applicazione delle procedure di lavoro per la messa in sicurezza dei lavoratori;
– attuazione dei comportamenti corretti da seguire durante i processi lavorativi”.
La meccanizzazione/automazione, dei processi lavorativi di sollevamento e/o trasporto carichi “è l’unico elemento valido al fine di eliminare il rischio” correlato alla movimentazione manuale dei carichi.
In particolare per abbattere ogni tipo di rischio a carico della colonna vertebrale “si consiglia l’utilizzo di attrezzature meccaniche sia a spinta manuale (carrelli, transpallet), sia dotati di motore (carrelli elevatori, altri apparecchi di sollevamento). La scelta dei carrelli per il trasporto di carichi su piani orizzontali dovrà essere conforme alla tipologia ed al peso del carico stesso. Inoltre, per quanto riguarda i carrelli manuali e i transpallet, è da ricordare che la movimentazione dell’attrezzatura da parte del lavoratore viene eseguita manualmente, esponendolo così ai rischi relativi alla forza imposta per il traino e la spinta degli stessi”.
Inoltre si sottolinea che l’elaborazione di idonee procedure e l’attuazione dei comportamenti corretti da parte dei lavoratori durante i processi lavorativi sono un elemento fondamentale per il mantenimento costante del livello di sicurezza. Senza dimenticare che i comportamenti corretti da attuare durante le fasi di lavoro a rischio “sono trasmessi ai lavoratori tramite l’informazione e la formazione, momenti integranti della prevenzione”.
Concludiamo riportando alcune indicazioni relative all’organizzazione del lavoro.
È necessario organizzare gli spazi e gli arredi “in modo tale che gli spostamenti avvengano in ambienti non a rischio (urti contro ostacoli, scivolamenti o cadute del carico e/o del lavoratore)”. Inoltre è bene fare in modo “che il bancale di prelievo e quello di deposito siano angolati fra loro al massimo di 90°, e che non presentino dislivelli di altezze”. E molta importanza “riveste, inoltre, l’indicazione del peso in KG sul carico da movimentare; in questo modo si facilita il lavoratore nella scelta del metodo per sollevare o trasportare il carico stesso”. Infine il datore di lavoro dovrà dare precise indicazioni “sulla necessità di effettuare sollevamenti e trasporti di carichi in modo simmetrico e regolare, onde evitare dannose flessioni laterali della colonna vertebrale”.
Inail, “ Labor Tutor – Un percorso formativo sulla prevenzione dei fattori di rischio tipici del settore metalmeccanico”, realizzato in collaborazione con Enfea, edizione 2011, pubblicato nel mese di marzo 2012