Un documento dell’Inail presenta un’analisi dei rischi lavorativi nelle lavanderie industriali e si sofferma anche sul rischio biologico. Focus sulla trasmissione microbica attraverso tessili contaminati, sulle misure di prevenzione e sulla normativa.
Riguardo agli agenti biologici la trasmissione microbica attraverso tessili contaminati è ormai ampiamente dimostrata, “insieme alla possibilità di tutti i microrganismi finora sottoposti a sperimentazione di mantenersi ‘vitali’ sui tessuti per periodi temporali anche molto lunghi (mesi) e di contaminare via contatto anche materiali diversi dai tessuti”.
E riguardo alla possibile biocontaminazione dei tessili il complesso delle attività di lavanderia gioca “un ruolo cruciale nel controllo della diffusione degli agenti biologici potenzialmente patogeni che contaminano la biancheria piana e i tessili confezionati”. Questa diffusione è infatti “strettamente dipendente sia dalle procedure di sanificazione, disinfezione e sterilizzazione utilizzate, che da un vasto complesso di fattori che comprendono: la tipologia dei tessuti, le condizioni di stoccaggio della biancheria, l’età degli indumenti, la concentrazione e la tipologia di microrganismi contaminanti, a sua volta strettamente dipendente dalla matrice organica in cui si trovano i microrganismi (sangue, saliva, residui di alimenti, ecc.)”.
A parlare, in questi termini, di trasmissione microbica attraverso i tessuti, delle attività nelle lavanderie industriali e di misure di prevenzione riguardo ai rischi biologici degli operatori che ci lavorano è la pubblicazione del 2022 dell’ Inail “ Analisi dei rischi lavorativi nelle lavanderie industriali” realizzata da Contarp e CSA (Consulenza statistico attuariale) dell’Inail in collaborazione con Assosistema Confindustria.
Ci soffermiamo oggi sulla biocontaminazione dei tessili e sulle possibili misure di prevenzione per gli operatori.
L’articolo affronta i seguenti argomenti:
- Il rischio biologico, le lavanderie e la biocontaminazione dei tessuti
- Il rischio biologico, le lavanderie e le misure di prevenzione
- Il rischio biologico e la normativa per il controllo della biocontaminazione
Il rischio biologico, le lavanderie e la biocontaminazione dei tessuti
Il documento ricorda che malgrado ci sia una carenza di ricerche sul rischio biologico nelle lavanderie industriali e che gli studi a oggi pubblicati siano finalizzati alla qualità del prodotto e non alla sicurezza degli operatori, è possibile ricavare dagli studi interessanti spunti di riflessione.
Sono indicati nel documento i fattori che influenzano la biocontaminazione dei tessuti:
- Composizione del tessuto – “lo spessore, il materiale, la colorazione: maggiore è lo spessore, più elevata risulta la sopravvivenza dei batteri dopo il lavaggio, con particolare riferimento ai coliformi”;
- Condizioni di stoccaggio della biancheria sporca – “quando la biancheria sporca viene raccolta in ceste, viene favorita la crescita batterica e fungina”;
- Stagione – “durante la stagione calda viene favorita la crescita batterica e fungina”;
- Età della biancheria e degli indumenti – “formazione di biofilm sui tessuti; i microrganismi mettono in atto strategie adattative alle condizioni di lavaggio e diventano sempre più difficili da rimuovere”;
- Temperatura di lavaggio e durata – “a temperature più elevate aumenta l’efficienza della decontaminazione”;
- Temperatura di asciugatura e durata – “la sopravvivenza dei microrganismi è inversamente correlata alla temperatura e alla durata della fase di asciugatura”;
- Tipo di microrganismo – “Mycobacterium, Enterobacter e i virus enterici sono più resistenti alla rimozione dai tessuti”.
Gli studi epidemiologici suggeriscono che i tessuti abbiano “un ruolo importante nella trasmissione degli agenti infettivi e numerosi patogeni sono stati identificati nei tessuti non ancora sottoposti a lavaggio e asciugatura (Sehulster, 2015)”. Il documento riporta molti esempi, anche in relazione alla biancheria ospedaliera, e presenta una tabella con i tempi sperimentali di permanenza in condizioni “vitali” di vari microrganismi su alcune tipologie di tessuti:
Si indica poi che i parametri che agiscono sull’efficacia igienica del processo di lavanderia “sono fondamentalmente: la temperatura, le sostanze chimiche utilizzate, la durata del processo e l’azione meccanica, e ognuno dei suddetti fattori agisce in compensazione con gli altri. La temperatura è il parametro più importante, perché può incrementare significativamente la riduzione logaritmica (LR) della contaminazione microbica dei tessili: la maggior parte degli studi indica come soglia la temperatura di 50°C, anche se l’impatto della temperatura sulla concentrazione microbica può variare a seconda della tipologia dei contaminanti”.
Anche le sostanze chimiche giocano un ruolo fondamentale nell’azione detergente, “in particolare gli agenti surfattanti, gli agenti candeggianti e i composti di ammonio quaternario. I primi sono considerati detergenti di base, in quanto rimuovono lo sporco idrofobico; gli agenti candeggianti (ipoclorito di sodio e/o acido peracetico) sono i principali antimicrobici utilizzati nei processi di lavanderia poiché incrementano significativamente l’attività dei detergenti”.
Inoltre la durata del processo e l’intensità dell’azione meccanica “sono fattori dipendenti tra loro e ne è stata dimostrata sperimentalmente l’efficacia soprattutto nei casi in cui la temperatura veniva mantenuta al di sotto dei 40°C”.
Anche in questo caso il documento riporta altre indicazioni, ricavabili dagli studi, sulla possibile inattivazione o sopravvivenza dei microrganismi patogeni.
Nonostante gli studi sperimentali pubblicati “dimostrino come la biancheria sporca rappresenti un importante fattore di rischio, che va opportunamente gestito”, si sottolinea ancora che “il rischio lavorativo – anche potenziale – da agenti infettivi per gli operatori del settore non risulta analizzato e descritto”.
Il rischio biologico, le lavanderie e le misure di prevenzione
Veniamo alle possibili misure di prevenzione e protezione da mettere in atto, come indicato nel d.lgs. 81/2008 e s.m.i., qualora la valutazione metta in evidenza rischi di natura biologica per la salute dei lavoratori.
Si indica che “l’insieme non esaustivo delle misure applicabili allo scenario lavorativo delle lavanderie industriali prevede:
- che i processi produttivi siano progettati adeguatamente, anche con l’uso di dispositivi di sicurezza atti a proteggere dall’esposizione accidentale ad agenti biologici, e che comunque si limiti il numero di lavoratori esposti;
- che vengano adottate misure collettive e/o individuali di protezione e procedure per la manipolazione e il trasporto in condizioni di sicurezza di materiale potenzialmente contaminato da agenti biologici all’interno e all’esterno del luogo di lavoro. Inoltre, deve essere previsto l’uso del segnale di rischio biologico (rappresentato nell’allegato XLV);
- la definizione di procedure di emergenza per affrontare incidenti (ad esempio, ferita da tagliente accidentalmente presente nella biancheria sporca) e le relative segnalazioni al datore di lavoro, al dirigente o al preposto;
- la definizione di procedure e mezzi adeguati per la raccolta, l’immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti;
- che i lavoratori dispongano di servizi sanitari adeguati, provvisti di docce con acqua calda e fredda e, se necessario, di lavaggi oculari e antisettici per la pelle;
- che nelle aree di lavoro sia fatto divieto di assumere cibi e bevande e di conservare cibi;
- che siano disposti il controllo, la pulizia e la disinfezione dei DPI dopo ogni utilizzo, ove non siano monouso;
- che i lavoratori siano dotati di indumenti protettivi o altri indumenti idonei da riporre separatamente dagli abiti civili (misura finalizzata a evitare contaminazioni da agenti biologici al di fuori del luogo di lavoro).
Rimandiamo alla lettura di una tabella che schematizza le principali misure di prevenzione e protezione specifiche per “le fasi del ciclo produttivo in cui si profila una potenziale esposizione ad agenti infettivi patogeni”.
Il documento ricorda anche, sempre con riferimento al D.Lgs. 81/2008, gli obblighi di formazione e informazione. Il datore di lavoro deve fornire ai lavoratori, “sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni e istruzioni, in particolare per quanto riguarda: rischi per la salute, precauzioni da prendere, misure igieniche da osservare, funzione e impiego degli indumenti di lavoro, di protezione e dei DPI, la prevenzione degli infortuni e la loro eventuale gestione”.
Il rischio biologico e la normativa per il controllo della biocontaminazione
Il documento si sofferma, infine, sulla norma UNI EN 14065:2016 “Tessili trattati in lavanderia-sistemi di controllo della biocontaminazione” che rappresenta un sistema di gestione del rischio – RABC (Risk analysis and biocontamination control) – che “ha la finalità di assicurare alle lavanderie la costante qualità microbiologica dei tessuti trattati, appropriata secondo l’uso previsto”. E si applica ai “settori di lavanderia nei quali è indispensabile assicurare il controllo della biocontaminazione da parte di microrganismi vitali, capaci di moltiplicarsi e di produrre una crescita rilevabile e quantificabile sul substrato, esogeni rispetto al tessile stesso. Ad esempio, i servizi ospedalieri e i settori che trattano tessili di provenienza farmaceutica, alberghiera e di ristorazione. L’utilizzo finale previsto determina il livello di qualità microbiologica da perseguire, che viene definito mediante criteri quantitativi specifici per le diverse tipologie di microrganismi contaminanti”.
Si indica che il sistema RABC si basa “sull’identificazione preliminare dei pericoli microbiologici associati all’ambiente, al processo o al prodotto e sulla determinazione dei punti di controllo critici (CCP) e dei punti di controllo (CP). I primi (CCP) sono rappresentati da quelle fasi del processo produttivo nelle quali il controllo, quantitativo e continuo, è essenziale per eliminare o ridurre il rischio di biocontaminazione; i secondi (CP) sono rappresentati dalle fasi di processo in cui si applica una misura di controllo, ovvero un’azione mirata alla prevenzione, al contenimento o alla eliminazione del rischio”.
Segnaliamo, in conclusione, che il documento Inail sulle lavanderie industriali si sofferma anche su vari altri possibili rischi per i lavoratori:
- Rischio chimico
- Rischi legati alle attività di movimentazione manuale dei carichi
- Rischio da esposizione a campi elettromagnetici
- Rischio nelle operazioni di manutenzione delle attrezzature
Tiziano Menduto
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Inail, Consulenza Statistico Attuariale – CSA, Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione – Contarp, “ Analisi dei rischi lavorativi nelle lavanderie industriali”, documento realizzato in collaborazione con Assosistema Confindustria, curato da Adelina Brusco (Inail, CSA), Alessandra Menicocci, Francesca Romana Mignacca e Federica Venanzetti (Inail, Contarp) con la collaborazione di Lorenzo Florindi e Laura Lepri (Assosistema Confindustria) e Patrik Masieri (Servizi Ospedalieri), Collana Salute e Sicurezza, edizione 2022 (formato PDF, 14.13 MB).
Fonti: Puntosicuro.it, CSA, Inail