Un rapporto europeo si sofferma sulla gestione dei rischi psicosociali nelle micro e piccole imprese con riferimento ad una indagine sui rischi nuovi ed emergenti. Le risposte di dirigenti e lavoratori e l’impatto del COVID-19.
Le risposte di alcuni lavoratori di micro e piccole imprese in Danimarca, Germania, Spagna, Croazia, Paesi Bassi e Polonia hanno messo in rilievo come due rischi psicosociali particolarmente frequenti siano l’elevato carico lavorativo e la pressione del tempo. E l’intensità di questi rischi è dipendente, spesso, dal carattere temporaneo delle attività delle aziende, ad esempio quelle del settore turistico riguardo al periodo estivo.
A ricordarlo e a fornire diverse informazioni sui rischi psicosociali, anche in relazione alla pandemia da COVID-19, che ha avuto un impatto negativo su lavoratori e imprese, è la relazione “ Managing psychosocial risks in European micro and small enterprises: qualitative evidence from the Third European Survey of Enterprises on New and Emerging Risks (ESENER 2019)”.
La relazione, realizzata per conto dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ( EU-OSHA), presenta i risultati di uno studio sulla gestione dei rischi psicosociali nei posti di lavoro europei in relazione ad lavoro di ricerca e di intervista presso micro e piccole imprese di sei paesi (quelli indicati sopra) che hanno partecipato alla terza indagine europea tra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti ( ESENER 2019).
Dopo esserci già soffermati su alcuni aspetti del documento, ci soffermiamo oggi sui seguenti argomenti:
- PMI e rischi psicosociali: le risposte di lavoratori e dirigenti
- PMI e rischi psicosociali: l’impatto del COVID-19
- PMI e rischi psicosociali: le misure per gestire i rischi
PMI e rischi psicosociali: le risposte di lavoratori e dirigenti
La relazione – a cura di Andrea Broughton, Marianna Georgallis, Jagoda Gregulska, Alicja Owdziej, Menno Wester (Ecorys) and Andrew Howard (Oxford Research) – riporta varie indicazioni emerse dalle risposte dei lavoratori intervistati.
Molti lavoratori e dirigenti hanno segnalato, ad esempio, il rischio di un cattivo equilibrio tra lavoro e vita privata e hanno raccontato di vivere con un alto livello di stress a causa dell’eccessivo carico lavorativo. Questo è stato segnalato specialmente nel settore ricettivo/alberghiero.
Nel settore dell’istruzione è stato poi riferito che la carenza di personale porta a molte ore di lavoro extra e lo stress è aumentato dalla consapevolezza di non poter fornire un’assistenza adeguata agli studenti.
Il problema è che la ricerca ha rivelato anche un certo livello di accettazione e consapevolezza di questi fattori di rischio che finiscono per essere considerati come elementi inalienabili delle attività di lavoro.
Alcune risposte hanno poi parlato di una discrepanza tra le interpretazioni dei lavoratori e dei manager sul rischio connesso all’eccessivo carico di lavoro. I manager spesso lo considerano una necessità legata al lavoro, mentre i lavoratori sottolineano la cattiva organizzazione lavorativa, ad esempio con riferimento ad una distribuzione confusa dei compiti, priorità poco chiare e mancanza di comunicazione tra i diversi settori aziendali.
Diversi lavoratori segnalano anche le scarse relazioni sociali sul posto di lavoro.
Il COVID-19 ha poi contribuito ulteriormente al disagio legato alla mancanza di comunicazione diretta e questo è stato particolarmente problematico per la popolazione più avanti con l’età o con minore abitudine all’uso della tecnologia.
Alcuni rischi sono stati poi predominanti o segnalati solo in determinati paesi. Per esempio, la paura di perdere il lavoro è stata riportata specialmente dagli intervistati di Spagna e Croazia. In Croazia, questo rischio è stato segnalato con particolare frequenza a causa del programma nazionale di ristrutturazione della pubblica amministrazione.
PMI e rischi psicosociali: l’impatto del COVID-19
Il report sottolinea che per prevenire la diffusione del virus, le aziende hanno introdotto una significativa riorganizzazione del lavoro in alcuni settori, spinta anche dai quadri normativi nazionali. Le azioni includevano, ad esempio, l’introduzione del telelavoro, la rotazione e l’alternanza tra i team e la riduzione degli orari di apertura.
I dati mostrano che diversi rischi psicosociali sono apparsi o si sono intensificati proprio a causa della pandemia COVID-19, compresi, come abbiamo già visto, i carichi di lavoro eccessivi e le difficoltà inerenti la pressione del tempo.
Molti manager hanno indicato di essere più esposti allo stress in relazione al rendimento dell’azienda, alla concorrenza sul mercato e al raggiungimento degli obiettivi.
Hanno poi sottolineato l’onere derivante dal fatto che in tempi di pandemia il lavoro deve essere riorganizzato tenendo conto dei diversi livelli di vulnerabilità dei singoli lavoratori, della loro condizione familiare e del senso generale di insicurezza dovuto alla situazione pandemica.
Molti lavoratori hanno ricordato che, poiché alcuni colleghi più anziani sono stati mandati a casa a causa della loro maggiore vulnerabilità sanitaria, il carico di lavoro esistente ha dovuto essere in qualche modo diviso tra il personale rimanente con periodi di superlavoro.
La ricerca non mostra risultati univoci sull’impatto del telelavoro.
Alcuni intervistati in Spagna e nei Paesi Bassi hanno indicato che il telelavoro ha permesso ai giovani genitori di trascorrere più tempo con i figli, ma altri intervistati hanno spesso sollevato il pericolo di confusione tra lavoro e vita familiare.
La ricerca ha raccolto opinioni divergenti anche tra i lavoratori più giovani e senza impegni familiari. Alcuni preferiscono comunicare e lavorare online a causa della comodità e del denaro risparmiato nei viaggi casa-lavoro, mentre altri parlano della lotta per bilanciare lavoro e vita privata e si sentono sopraffatti dalle forme puramente online di comunicazione con i colleghi.
Molti lavoratori hanno poi notato, come risultato del telelavoro, un deterioramento della qualità della comunicazione: il ridotto contatto umano e la mancanza di opportunità di dialogo tra i lavoratori hanno ridotto la possibilità di discutere e condividere i problemi legati al lavoro.
PMI e rischi psicosociali: le misure per gestire i rischi
Il documento segnala anche alcune azioni prese per prevenire i rischi psicosociali.
ESENER 2019 rivela che le aziende di diversi settori e dimensioni hanno indicato che il modo principale per affrontare i rischi psicosociali sul posto di lavoro è consentire una maggiore flessibilità nel modo in cui i lavoratori organizzano i propri compiti e orari.
In Spagna una delle misure più comuni per gestire i rischi psicosociali nelle piccole imprese è stata quella di consentire ai lavoratori di prendere decisioni su come svolgere il proprio lavoro.
Molte aziende intervistate hanno anche sottolineato il ruolo cruciale della comunicazione nella prevenzione dei rischi psicosociali.
In Danimarca alcuni intervistati hanno dichiarato l’importanza di avere un gruppo dirigente aperto, disposto ad ascoltare, chiaro riguardo i compiti, le aspettative e la gestione di salute e sicurezza.
I risultati delle interviste suggeriscono, infine, che le dimensioni dell’azienda influenzano l’approccio generale adottato per prevenire i rischi psicosociali. È più probabile che le microimprese adottino azioni generali e informali volte a garantire una comunicazione aperta con i lavoratori, mentre è più probabile che le imprese più grandi abbiano un approccio più organizzato e strutturato che comprende anche incontri ed eventi di formazione.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento che presenta ulteriori indicazioni su:
- approcci normativi nazionali relativi ai rischi psicosociali;
- obiettivi chiave e approcci alla prevenzione dei rischi psicosociali lavorativi;
- misure specifiche di gestione dei rischi psicosociali.
Scarica i documenti da cui è tratto l’articolo:
Fonti: EU OSHA, Puntosicuro.it