La valutazione dei rischi da allergia da animali da laboratorio (LAA): le indicazioni di INAIL.
L’allergia è una reattività spontanea ed esagerata dell’organismo di soggetti sensibili a particolari sostanze, gli allergeni, che risultano innocue nella gran parte della popolazione. Molti allergeni sono rappresentati da proteine. In ambito occupazionale includono (glico)proteine di origine vegetale e animale (cereali, topi, ratti, enzimi, ecc.), così come sostanze chimiche (isocianati, metalli, biocidi, ecc.). L’esposizione può avvenire fondamentalmente per inalazione (pollini, derivati di origine animale, ecc.), ingestione (alimenti, farmaci, ecc.), inoculazione o puntura (veleni di insetti, morsi di animali, farmaci, ecc.), contatto (sostanze a uso topico, cosmetici, farmaci, ecc.).
INTRODUZIONE
L’allergia da animali da laboratorio (LAA – laboratory animal allergy) rappresenta un rischio occupazionale in alcuni paesi tra i quali gli Stati Uniti e il Regno Unito. In America, nell’anno 1987 sono stati stimati circa 90.000 individui coinvolti in attività con animali di laboratorio e nel 1999 un numero variabile tra 40.000 e 125.000 individui. In Italia tale rischio occupazionale non è riconosciuto, sebbene le attività di veterinaria e di laboratorio che espongono a derivati animali siano comprese nelle nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura. Coloro che lavorano con gli animali da laboratorio (LAWs – laboratory animal workers) possono manifestare sintomi allergici entro i primi tre anni lavorativi con sviluppo di asma, rinite, lacrimazione oculare fino a shock anafilattico. Alcuni studi hanno stimato una percentuale di suscettibilità tra i lavoratori di circa il 21%; dati derivanti da ulteriori studi indicano che dal 10% al 46% dei lavoratori esposti sviluppa LAA. L’alta variabilità percentuale è in gran parte dovuta alla diversa metodologia diagnostica utilizzata (test cutanei, su sangue, spirometria, questionari self-reported).
FONTI DI ESPOSIZIONE
Sebbene non siano stati ancora definiti i livelli specifici di allergeni in grado di indurre sensibilizzazione o sintomatologia, i lavoratori regolarmente a contatto con animali con pelo possono sviluppare LAA con una prevalenza di circa il 21%. I topi e i ratti sono le specie maggiormente responsabili di tale allergia, non perché siano più allergenici di altri, ma perché sono gli animali più utilizzati in strutture apposite, gli stabulari, per la ricerca scientifica. La prevalenza di LAA nei confronti dei ratti oscilla tra 12% – 31% e nei confronti dei topi tra 10% – 32%.
ALLERGENI RESPONSABILI DELLA LAA ( laboratory animal allergy)
I più importanti allergeni dal topo e dal ratto sono proteine rappresentate dalle lipocaline prodotte dal fegato ed escrete nelle urine. Altre fonti di esposizione sono i peli, i derivati dermici, la saliva e il siero. Il più importante allergene del ratto è Rat n 1 e del topo Mus m 1. L’escrezione è sotto il controllo ormonale e i livelli del complesso delle proteine Mus m 1 è circa quattro volte maggiore nelle urine dei maschi adulti che delle femmine del topo.
LAVORATORI ESPOSTI
I lavoratori maggiormente esposti agli allergeni di ratto e di topo sono gli addetti agli stabulari, i tecnici, i veterinari, gli studenti e i ricercatori che operano a contatto diretto con gli animali stabulati. Nell’ambito delle mansioni lavorative degli addetti agli stabulari l’esposizione varia; il cambio gabbia e la manipolazione degli animali sembrerebbero quelle a maggior rischio di esposizione. La lettiera rappresenta la maggior fonte di esposizione ad allergeni.
LA NORMATIVA
Sebbene il rischio allergologico non sia specificamente normato dal d.lgs. 81/2008 e s.m.i. nell’ambito della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, è necessario porre particolare attenzione alla valutazione di tutti i rischi a cui i lavoratori possono essere esposti nel proprio ambito occupazionale. Numerose attività lavorative sia indoor che outdoor espongono i lavoratori al rischio allergologico, rappresentandosi quindi tale rischio come multifattoriale, di origine diversificata, con sintomatologie tra loro differenziate e potendosi manifestare a livello respiratorio, oculare, cutaneo o sistemico. È importante quindi che tutti i lavoratori siano correttamente informati, formati e addestrati sulla conoscenza del rischio allergologico a cui possono essere potenzialmente esposti in alcune attività lavorative e soprattutto i lavoratori suscettibili a determinati allergeni. La valutazione del rischio allergologico deve essere attuata attraverso un approccio integrato e multidisciplinare (Figura 1) tenendo in considerazione le fonti di esposizione ambientale, la risposta immunologica individuale, la formazione, l’informazione, l’addestramento, le misure di controllo collettive e individuali, la sorveglianza sanitaria. A supporto è necessario incentivare l’utilizzo di adeguate vie e modalità di comunicazione del rischio allergologico anche attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori della prevenzione per incrementare la diffusione della conoscenza in ambiente di vita e di lavoro (Tabella 1).
Tabella 1 Proposta di gestione della LAA |
-Elaborazione e somministrazione di un questionario agli addetti agli stabulari da utilizzare all’inizio dell’attività lavorativa e a cadenza almeno biennale. |
-Valutazione della suscettibilità sierologica individuale ad allergeni di topo e ratto e di altri animali che possono essere presenti in ambito occupazionale e di vita. |
Conoscenza degli ambienti degli stabulari e delle mansioni a maggior rischio di esposizione ad allergeni da verificare in maniera periodica. |
-Conoscenza delle misure strutturali per limitare la dispersione degli allergeni negli ambienti con presenza di animali: mantenere pulite le gabbie dove sono alloggiati gli animali; utilizzare, quando possibile, rack e gabbie ventilate (IVC – individually ventilated cage) oppure rack convenzionali con gabbie dotate di coperchi; limitare la densità degli animali stabulati. L’utilizzo di gabbie IVC permette di mantenere livelli più bassi di ammonio e di CO2 che possono portare a un aumento dell’umidità relativa all’interno della gabbia stessa e ridurre quindi lo sviluppo e la trasmissione degli allergeni. |
-Valutazione della presenza di allergeni a livello ambientale e personale nei diversi ambienti dello stabulario per evidenziare anche il possibile trasporto tra ambienti diversi sia occupazionali che di vita attraverso verifiche periodiche. |
-Effettuazione della sorveglianza sanitaria periodica e a richiesta del lavoratore quando la sintomatologia si evidenzia soprattutto in presenza di animali e/o loro prodotti. In alcuni casi può essere preferibile favorire la rotazione del personale soprattutto nelle aree a rischio più elevato di esposizione. |
-Utilizzo delle misure di prevenzione e protezione quali: DPI (dispositivi di protezione individuale) come sovra scarpe, maschera facciale filtrante, cuffia, camice, guanti; misure comportamentali (lavaggio delle mani, vestiti da lavoro da utilizzare solo nell’ambiente lavorativo). L’utilizzo di tali misure va effettuato in maniera continua. |
-Informazione, formazione, addestramento dei lavoratori: ciascun lavoratore è parte integrante della gestione della LAA e nel segnalare eventuali problemi di diversa natura finalizzati a garantire la tutela della salute e della sicurezza propria e degli altri lavoratori. Tali misure devono essere attuate in maniera periodica. |
Fonti: Inail, Puntosicuro.it