Un intervento sullo stato dell’arte e sulle criticità relative all’esposizione a radiazioni ottiche artificiali si sofferma sulla tutela della sicurezza in due attività: saldatura ad arco e fusione di metalli e vetro.
L’attuale quadro normativo in materia di prevenzione e protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali (ROA), in vigore ormai dal 2010, dovrebbe rappresentare “un’importante opportunità per la prevenzione del rischio da esposizione a radiazioni ottiche, definendo in maniera puntuale gli obblighi e i criteri cui i datori di lavoro devono attenersi ai fini della riduzione e del controllo del rischio”.
Tuttavia ci sono diverse criticità relative all’attuazione della normativa in alcune attività in cui il rischio ROA è rilevante, anche in relazione agli infortuni causati da “esposizioni accidentali ed incontrollate”.
L’attuazione della direttiva ROA – direttiva 2006/25/CE – “sarà tanto più efficace quanto più gli attori della prevenzione ed in particolare gli addetti ai servizi di prevenzione e protezione rischi, i medici competenti, i responsabili dei lavoratori per la sicurezza e gli operatori della vigilanza acquisiranno consapevolezza e competenza sul rischio ROA e sulle misure di tutela da mettere in atto ai fini della prevenzione dello stesso”.
Ad affermarlo riportando anche specifici casi studio in materia ROA è un intervento che si è tenuto al convegno “dBA2018 – I rischi fisici nei luoghi di lavoro” organizzato da Regione Emilia-Romagna, Inail e Ausl Modena durante la manifestazione “Ambiente Lavoro” (Bologna, 17 ottobre 2018). L’intervento – pubblicato nell’omonimo volume “dBA2018 – I rischi fisici nei luoghi di lavoro” a cura di S. Goldoni, P. Nataletti e N. Della Vecchia – esamina alcune attività e lavorazioni ove le esposizioni a ROA possono essere elevate.
Ci soffermiamo sui seguenti argomenti:
- Radiazioni ottiche artificiali: il caso della saldatura ad arco
- Radiazioni ottiche artificiali: il caso della fusione di metalli e vetro
Radiazioni ottiche artificiali: il caso della saldatura ad arco
Il primo caso studio presentato nell’intervento “Radiazioni ottiche artificiali: stato dell’arte, casi studio e criticità” – a cura di I. Pinto, A. Bogi e N. Stacchini (Laboratorio di Sanità Pubblica AUSL Toscana Sud Est – Agenti Fisici Siena) e F. Picciolo (Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente – Università degli Studi di Siena) – riguarda la saldatura ad arco.
Secondo i dati di esposizione a ROA disponibili (Portale Agenti Fisici) “i valori limite di esposizione alla radiazione UV per occhi e cute in tutte le tipologie di saldatura ad arco possono essere superati dopo pochi minuti di esposizione, anche a distanze di decine di metri dall’arco di saldatura”.
Una tabella riporta a titolo di esempio “i tempi massimi di esposizione consentiti ai fini del rispetto del valori limite di esposizione per radiazione UV e luce blu per un operatore non protetto (occhi e cute) che si trovi a due metri di distanza da una saldatrice, nel corso di differenti tipologie di saldature ad arco”:
Dunque – continua la relazione – “gli operatori addetti alla saldatura ad arco e tutti coloro che a qualsiasi titolo si trovino ad operare nei pressi della attività di saldatura devono essere considerati esposti alle radiazioni ottiche artificiali, in quanto sia gli addetti alla saldatura che coloro che operano presso le postazioni in prossimità della stessa – se non adeguatamente protetti – sono esposti a livelli di radiazione UV e Luce Blu superiori ai valori limite di esposizione fissati dalla vigente normativa dopo pochi secondi o minuti di esposizione, in relazione alla tipologia di saldatura effettuata, alla distanza dalla sorgente e – solo per la luce blu – in relazione al compito visivo espletato”.
Riguardo poi ai ripari facciali e/o maschere conformi alla specifica normativa per i DPI per saldatura UNI EN ISO 169, si segnala che “tali schermi non sono in genere idonei a proteggere anche la cute delle parti del corpo direttamente esposte alla radiazione ottica emessa dall’arco di saldatura, quali ad esempio petto e collo, con conseguente sovraesposizione cutanea e danno eritemale per gli operatori addetti. I cappucci per saldatori per la protezione di testa e collo ovvero indumenti di lavoro e DPI di pari efficacia nella protezione della cute dovrebbero essere sistematicamente utilizzati durante i lavori di saldatura”.
Inoltre per quanto riguarda la protezione degli occhi del saldatore, “è da rilevare che talvolta le operazioni di puntatura risultano effettuate in assenza di protezione oculare. Ciò in genere avviene laddove la maschera di protezione in dotazione al saldatore è di tipo passivo (EN 169), dotata di un unico filtro molto scuro che rende poco agevole l’operazione di puntatura, che viene conseguentemente effettuata in assenza di protezione”. Ed è dunque indispensabile che nell’ambito della valutazione del rischio “si esamini attentamente l’adeguatezza dei DPI forniti al saldatore anche ai fini della puntatura, optando ad esempio per maschere auto oscuranti conformi alla norma EN 379 (filtri auto-oscuranti)”.
Altre indicazioni:
- “le aree ove si svolgono le attività di saldatura devono essere delimitate, in quanto in esse si superano i valori limite di esposizione per radiazione UV e Luce Blu dopo pochi secondi /minuti di esposizione anche a distanze di alcuni metri dall’arco di saldatura”;
- “le attività di saldatura dovrebbero essere fisicamente separate dalle altre attività lavorative – laddove possibile – con apposite cabine o tende inattiniche autoestinguenti, specifiche per la protezione da ROA in saldatura, conformi alle norme EN 1598, al fine di evitare esposizioni delle persone non direttamente coinvolte nell’attività di saldatura che operano in prossimità della stessa”;
- “i soggetti che a qualsiasi titolo si trovino a permanere nelle aree ove si svolgono attività di saldatura non schermate dovranno essere considerati professionalmente esposti alle ROA (rischio UV e luce blu) ed indossare DPI per occhi e cute idonei”;
- “tutti i lavoratori che operano all’interno dell’area di saldatura – se compartimentata – ovvero in prossimità dell’area di saldatura – qualora non compartimentata – dovrebbero essere formati sul rischio ROA e sulle appropriate modalità di lavoro” e dovrebbero essere “sottoposti a controlli sanitari specifici da parte del medico competente in relazione alla prevenzione dei danni cutanei ed oculari da UV e dai danni oculari da luce blu”.
E si indica che “non sempre tali misure di tutela appaiono puntualmente messe in atto nelle realtà aziendali”.
Radiazioni ottiche artificiali: il caso della fusione di metalli e vetro
Veniamo, invece, alla fusione di metalli e vetro.
Si sottolinea che fin dagli inizi del 1900 numerosi studi hanno evidenziato un “significativo incremento di incidenza di cataratte tra lavoratori addetti a lavorazioni del vetro o di metalli alle temperature di fusione”.
Si indica che nella fusione di vetro e metallo “la sorgente di radiazione ottica è il metallo o vetro alla temperatura di fusione, con emissione rilevante da un punto di vista del rischio fotobiologico nell’Infrarosso. Gli organi bersaglio per questa tipologia di esposizione sono camera anteriore dell’occhio e cute”. E durante le fasi di prelievo, trasferimento e lavorazione del materiale fuso, “l’esposizione a radiazione infrarossa degli operatori risulta in genere superiore ai valori limite di esposizione”.
Pertanto i relatori indicano che “gli operatori addetti alle fasi che danno luogo al superamento dei limiti di esposizione devono indossare ripari facciali o maschere di protezione specifici per IR. Talvolta in tali realtà si è riscontrato che vengono forniti agli operatori ripari facciali di protezione non idonei, tipicamente con filtro per UV (filtro n. 2 norma EN 170) e non per Infrarosso (filtro n. 4 norma EN 171), che non sono efficaci nell’attenuazione dell’infrarosso, e che viceversa possono comportare un incremento dell’esposizione oculare alla radiazione Infrarossa emessa dal corpo incandescente. Considerato che i DPI per infrarossi con attenuazione idonea per temperature di fusione intorno a 1200 °C (numero scala 4-3 o 4-4) sono molto scuri, essi sono da utilizzarsi esclusivamente nelle fasi di maggiore esposizione ad infrarosso in prossimità del materiale incandescente, (prelievo da forno, colata etc.). Essi non possono essere usati per mansioni differenti da quelle che comportano la visione diretta del materiale fuso, in quanto la trasmissione nel visibile è inadeguata per l’espletamento di altre attività lavorative”.
Inoltre per altre mansioni in prossimità della sorgente “è possibile scegliere occhiali per infrarossi meno scuri, che attenuano in misura minore la radiazione infrarossa e con una maggiore trasmissione nel visibile, e quindi più confortevoli sotto il profilo del comfort visivo per il lavoratore, in funzione della durata dell’esposizione alla radiazione IR effettivamente necessaria all’espletamento delle differenti mansioni nel corso del turno lavorativo”.
Si indica poi che gli operatori, che operino nelle vicinanze delle sorgenti che emettono radiazioni superiori ai limiti, “possono evitare di indossare i DPI oculari solo se sono rispettate le distanze di sicurezza ed i tempi di esposizione che possono essere desunti dalla banca dati ROA del Portale Agenti Fisici.
In genere per tali attività è necessario che vengano messe in atto le seguenti misure di tutela:
- “I lavoratori addetti ai forni di fusione ed alle operazioni con il materiale fuso dovranno essere classificati esposti a Radiazione Infrarossa e dovranno essere sottoposti a controllo sanitario specifico inerente tale rischio da parte del medico competente (danni oculari da infrarosso);
- L’area di lavorazione del materiale fuso dovrà essere delimitata e il personale che a qualsiasi titolo si trovi ad operare all’interno dell’area durante la lavorazione del metallo /vetro fuso dovrà essere opportunamente istruito sui rischi di esposizione a ROA e sulle opportune misure di tutela da adottare;
- Il personale addetto ai processi di fusione e coloro i quali abbiano comunque accesso alle zone ove è presente il rischio ROA dovrà indossare specifici DPI per infrarossi, con numero di graduazione da stabilire nell’ambito della valutazione del rischio sulla base dell’effettiva durata espositiva e della mansione svolta.
- Il personale addetto ai processi di fusione dovrà ricevere un appropriato addestramento sulle idonee procedure di lavoro da adottare al fine di ridurre l’esposizione individuale e degli operatori che, a qualsiasi titolo, si trovino ad operare nelle zone a rischio di superamento dei VLE, incluso l’uso dei DPI”.
In conclusione, segnaliamo che il documento, che presenta la situazione normativa del rischio ROA e che vi invitiamo a leggere integralmente, si sofferma anche su due altri casi studio relativi a:
- fototerapia neonatale;
- lampade germicide
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Regione Emilia Romagna, Inail, Ausl Modena, “ dBA2018 – I rischi fisici nei luoghi di lavoro”, a cura di S. Goldoni, P. Nataletti e N. Della Vecchia, pubblicazione che raccoglie gli atti dell’omonimo convegno – Bologna, 17 ottobre 2018 (formato PDF, 7.76 MB).
Fonti: Puntosicuro.it, AUSL Modena