L’autore si sofferma sugli affollamenti nelle aule didattiche, analizzando il contesto normativo attuale e non solo sotto il profilo della sicurezza, aiutando i lettori a sviluppare una coscienza sulle modalità di gestione. Di Marco Piatti.

In merito alla questione “affollamento aule” il principale riferimento è quanto indicato dal D.M. 26/08/1992: norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica.

Il cap. 5.0 di tale decreto, riferendosi alle aule didattiche, riporta:

“Il massimo affollamento ipotizzabile è fissato in 26 persone/aula; …omissis….”
Contrariamente a quanto potrebbe sembrare ad una prima superficiale lettura, tale articolo non prescrive affatto che un’aula non possa contenere più di 26 persone; infatti tale affollamento è invece utilizzato dai vigili del fuoco per definire (in sede di approvazione progetto) l’affollamento complessivo e di ogni piano dell’ edificio scolastico, e conseguentemente, per verificare se la larghezza dei corridoi e delle scale e delle uscite di sicurezza, sino sufficienti per garantire l’esodo di tutte le persone presenti.

Il capitolo che di tale decreto stabilisce il limite al numero di persone per singola aula, è invece il capitolo 5.6 (comma 3) il quale riporta:

“Le aule didattiche devono essere servite da una porta ogni 50 persone presenti; le porte devono avere larghezza almeno di 1,20 m ed aprirsi nel senso dell’esodo quando il numero massimo di persone presenti nell’aula sia superiore a 25 ….”

Il legislatore ha poi chiarito che,

“nell’ambito delle strutture scolastiche costruite o utilizzate prima del 27/11/1994, i locali destinati ad aule didattiche e esercitazioni, non devono essere adeguati al 3° comma del p.to 5.6 dell’allegato al DM 26/8/1992, per quanto attiene la larghezza delle porte. La larghezza delle porte dei suddetti locali deve in ogni caso essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilizia ovvero della licenza di abitabilità, così come espressamente richiamato dall’art. 16, co. 3 del D.Lgs n. 242/1996 (Lett. Circ. prot. n. P954/4122 sott. 32 del 17/5/1996). ”

Risulta pertanto evidente che il D.M. 26/8/92:

specificando che “le aule didattiche devono essere servite da una porta ogni 50 persone presenti” non pone alcun limite all’affollamento massimo di ciascuna aula
anzi, si esplicita che ogni aula può contenere anche più di 50 persone (si pensi ad esempio alle aule universitarie), a condizione che le porte siano sufficienti

Sulla base di quanto sopra evidenziato, ogni aula può pertanto contenere:

fino a 25 persone se la porta si apre nel senso contrario all’esodo (verso l’interno del locale),
fino a 50 persone se la porta si apre nel senso dell’esodo (verso il corridoio o comunque verso l’esterno del locale),
più di 50 e fino a 100 persone se le porte sono almeno due e dimensionate per avere una capacità di deflusso adeguata, di cui una dotata di maniglione antipanico.

Ricordiamo che il modulo di uscita ha larghezza fissata in 60 cm (anche se il concetto di “modulo”, in questi ultimi anni, sta venendo superato).

Nelle scuole il legislatore, attraverso il D.M. 26/08/1992, ha fissato la capacità di deflusso in 60 persone/modulo.

Tutto ciò è peraltro in linea con i disposti del D.Lgs. 81/2008, all. IV, p.to 1.6.3, e con il D.M. 10 marzo 98 all. 3.5.

In linea di principio, per cause di forza maggiore e per brevi periodi (ad esempio per lo smistamento classi), sarebbe possibile utilizzare un’aula con la porta che si apre nel senso contrario all’esodo, con più di 25 persone, provvedendo a rimuovere la porta del locale o bloccandola in posizione di totale apertura, con l’adozione di tutte le misure del caso (disposizioni interne, vigilanza del preposto,…)

Cambiando poi fonte normativa, sono ancora oggi, spesso presi in considerazione e richiamati gli indici di cui al D.M. 18/12/1975, che fissavano, fra gli altri, i noti rapporti tra superficie del locale e numeri di studenti (c.d. indici di funzionalità didattica) pari a 1,8 m2/studente nelle scuole di grado inferiore (infanzie, primarie e secondarie di primo grado) ed a 1,96 m2/studente nelle scuole di grado superiore.

Chi tuttavia ancora faccia riferimento a tali parametri, trascura che il D.M. 18/12/1975 è stato abrogato dall’art. 12 della Legge n° 23 del 11/01/1996 (G.U. n.15 del 19/01/1996). In particolare l’art. 5 (comma 3) di tale legge riporta:

“fino all’approvazione delle norme regionali di cui al comma 2, possono (n.d.r.: e non devono) essere assunti quali indici di riferimento quelli contenuti nel decreto emanato dal Ministro per i lavori pubblici del 18 dicembre 1975”;

Pertanto l’assunzione di tali indici di riferimento non rappresenta (almeno attualmente) un obbligo ma una possibilità/facoltà e comunque, laddove fossero obbligatori, risulterebbero indici “minimi di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica da osservarsi nell’esecuzione delle opere di edilizia scolastica”; non sono pertanto indici finalizzati a garantire la sicurezza e la salute in ambito scolastico.

È a questo punto necessario ricordare che:

quand’anche il DM 18.12.75 non fosse stato abrogato, gli indici di riferimento in esso riportati, sarebbero vincolanti in fase di progettazione e realizzazione di nuovi edifici scolastici e non in fase di gestione dell’attività scolastica; l’art 5.7 il decreto riporta: “Le norme di cui sopra, mentre per i progetti in corso di esecuzione, o già approvati, o in fase inoltrata di approvazione e per gli ampliamenti, adattamenti, completamenti di edifici già esistenti hanno carattere indicativo, debbono invece intendersi prescrittive per i progetti afferenti ai nuovi programmi ed a quelli già esistenti per i quali non ancora si è provveduto alla progettazione delle relative opere.” Ancora una volta ribadendo come tali indici, già al tempo di emanazione del decreto non costituirono un obbligo cogente nel caso particolare degli edifici realizzati in data antecedente la sua entrata in vigore, ovvero per la maggior parte dei nostri edifici scolastici.
Stante quanto sopra, gli indici di cui al decreto in parola, sono comunque stati assunti quali parametri di riferimento a garanzia di una sufficiente salubrità degli ambienti; in effetti tali parametri in relazione all’altezza minima degli ambienti, garantivano un adeguato volume d’aria allo studente.

Norme successive hanno poi fissato il limite di 20 studenti per classe, laddove fossero presenti disabili (ancora una volta senza riferirsi alla superficie del locale in questione); tuttavia tale prescrizione ha più recentemente perso la sua valenza, infatti con la circolare ministeriale (ministero dell’Istruzione) n. 10, AOODPIT Prot. n. 727, 21 marzo 2013, è stato chiarito che “Si raccomanda la massima attenzione nella costituzione delle classi con alunni disabili, nel senso di limitare, per quanto possibile, in presenza di grave disabilità, la formazione delle stesse con più di 20 alunni” introducendo una facoltà e non già un obbligo.

Allo stato attuale, sostanzialmente, non esistono quindi indici prescrittivi di affollabilità delle aule (e più in generale di tutti gli altri spazi), ed anzi le norme sull’organico scolastico (vedasi DPR 81/2009) impongono la costituzione di classi con un numero minimo di studenti, senza prendere in considerazione gli spazi in cui queste saranno inserite.

Ma ciò non è in contrasto con quanto previsto dalle norme antincendio, tanto è che già in precedenza, il Ministero dell’Interno si era pronunciato con la nota prot. N. P480/4122 sott. 32 del 6 maggio 2008, in cui, nel paragrafo conclusivo è scritto:

” un modesto incremento numerico della popolazione scolastica per singola aula, consentito dalle norme di riferimento del Ministero della Pubblica Istruzione, purché compatibile con la capacità di deflusso del sistema di vie di uscita, non pregiudica le condizioni generali di sicurezza”.

Discendono due considerazioni dovute:

Il modesto incremento è convenzionalmente quantificato nel 10%, rispetto agli indici di cui al DM 18.12.1975
Dal punto di vista della sicurezza antincendio, la condizione fondamentale è disporre di idonei percorsi di esodo, che chiaramente, dovranno essere presenti anche nelle aule.

È quindi ora che si comprende come, seppur rimosso il rapporto superficie/studente, sia comunque presente un vincolo, ovvero quello legato alla disposizione degli arredi e materiali presenti nei locali: se il vigile del fuoco ritiene che lo spazio minimo da garantire per il passaggio di una persona, sia di 60 cm (appunto il modulo), è evidente che tale spazio (utile, ovvero privo di ingombri) dovrà essere rispettato nelle scelte di disposizione degli arredi (non solo i banchi), dei materiali, e nella scelta di ulteriore incremento del numero di studenti nel locale in questione, in maniera che da ciascun posto a sedere e fino alla porta del locale sia rispettata tale condizione.

Più in pratica: tra un banco ed il successivo, ovvero tra due file di banchi, dovranno essere garantiti almeno 80 cm (distanza da intendersi tra i bordi dei tavoli), così da avere considerato l’ingombro di sedie, giacche, zaini e quant’altro.

Sia chiarito come ciascun banco non debba costituire “un’isola” attorniata da 80 cm di spazio libero, ma che i passaggi verso la porta dovranno rispettare tale condizione: questo significa che i banchi possono essere raggruppati anche in file da 2 o 3 per volta, ma in questa seconda ipotesi dovranno avere un corridoio su entrambi i lati (2 studenti evacueranno da un lato ed uno dall’altro), mentre i banchi organizzati in coppia potrebbero essere lasciati a ridosso del muro da un lato (anche se è sempre consigliabile lasciare lo spazio su entrambi i lati laddove possibile). Tale misura di sicurezza dovrebbe poi essere resa nota attraverso, idonee procedure (prescrizioni, ordini di servizio, regolamento della sicurezza,…) e quotidianamente dovrebbe esserne verificata l’effettiva applicazione.

È evidente che laddove non sia garantita tale condizione, sarà necessario concordare con gli uffici competenti l’impossibilità di accogliere ulteriori studenti (ed eventualmente programmarne la riduzione), o più propriamente (visti i vincoli normativi in termini di organici) ridurre i materiali didattici presenti nelle aule, allo stretto necessario, arrivando sino alla loro eliminazione (rimozione di tutte le librerie, mobili, etc che occupando spazio riducono i passaggi in questione).

In conclusione: è evidente che oggi, rispetto agli anni ’70, in cui furono definiti gli indici, viviamo un periodo dove la didattica è in forte e continua evoluzione e richiederebbe spazi differenti (più ampi per accogliere maggiori attrezzature, strumenti e supporti); tuttavia la norma o meglio il legislatore, sembra non volersi preoccupare della questione, puntando unicamente sulla organizzazione efficiente del sistema (gestione di un maggior numero di studenti con un organico minore).

In questa situazione viene ad assumere un ruolo rilevante la valutazione del rischio stress lavoro correlato; in conseguenza a tale valutazione, sentito il parere del GV (Gruppo di Valutazione) sarà necessario adottare misure correttive che potranno ad esempio consistere in attività che interrompano frequentemente l’attività ordinaria in aula didattica.

Fonti: Ing. Marco Piatti, Puntosicuro.it