
Cosa si intende per sostanze chimiche sensibilizzanti? Quali sono i possibili effetti sui lavoratori? Quanto sono diffuse? Quali sono le criticità nella valutazione dei rischi? Ne parliamo con Diana Poli (Dimeila, Inail).
Gli agenti chimici sensibilizzanti rappresentano sicuramente una problematica sanitaria importante oltre che negli ambienti di vita anche negli ambienti di lavoro, una problematica complessa e a volte, purtroppo, non pienamente compresa.
Infatti, secondo alcune stime in Europa circa 5 milioni di persone sono sensibilizzate a diverse sostanze. E per quanto riguarda, in particolare, gli effetti sulla pelle, sembra che più di 14.000 sostanze abbiano indicazioni di un rischio di sensibilizzazione cutanea. E alcuni sensibilizzanti respiratori per la loro aggressività possono portare ad un livello di preoccupazione equivalente a quello delle sostanze estremamente preoccupanti, che annoverano anche gli agenti chimici cancerogeni, mutageni e reprotossici.
Per approfondire questi dati raccolti nella pubblicazione Inail “ Sostanze chimiche sensibilizzanti”, prodotta dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila), abbiamo intervistato, durante la manifestazione bolognese Ambiente Lavoro 2024, Diana Poli (Dimeila, Inail), una delle autrici della pubblicazione citata.
A Bologna Diana Poli era anche responsabile scientifica e relatrice al seminario Inail “Agenti chimici sensibilizzanti: dimensione del problema negli ambienti di lavoro”.
Le domande partono dalla conoscenza degli agenti chimici sensibilizzanti per arrivare alle criticità nella valutazione e prevenzione del rischio.
Cosa si intende quando si parla di sostanze chimiche sensibilizzanti?
Esiste una differenza tra sensibilizzanti per la cute e respiratori? Quali sono i possibili effetti sui lavoratori?
Quanto sono diffuse e cosa indica la normativa in materia, anche riguardo alle restrizioni?
Perché i sensibilizzanti chimici rappresentano una problematica complessa e a volte non pienamente compresa negli ambienti di lavoro?
Quali sono le criticità nella valutazione dei rischi?
Cosa si intende per sostanze con o senza soglia?
Quanto è poi importante, per il futuro della prevenzione, l’apporto dei vari attori della sicurezza per dare un’adeguata rilevanza al rischio connesso all’esposizione ai sensibilizzanti?
L’intervista si sofferma su vari argomenti:
- Agenti chimici sensibilizzanti: gli effetti e la diffusione nel mondo del lavoro
- Agenti chimici sensibilizzanti: la valutazione dei rischi e le criticità
- Agenti chimici sensibilizzanti: la sinergia degli attori della sicurezza
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.
L’intervista di PuntoSicuro a Diana Poli
Agenti chimici sensibilizzanti: gli effetti e la diffusione nel mondo del lavoro
Le chiediamo innanzitutto di ricordarci – su questo tema è stata pubblicata nel 2024 una scheda informativa – cosa si intende quando si parla di sostanze chimiche sensibilizzanti.
Diana Poli: Dunque, gli agenti chimici sensibilizzanti sono praticamente delle sostanze chimiche che sono in grado di determinare una ipersensibilità delle vie respiratorie oppure una reazione allergica in relazione al contatto con la cute e possono quindi determinare una risposta del sistema immunitario, anomala, che si può tradurre praticamente in un’allergizzazione vera e propria all’agente chimico.
Quindi, diciamo, sono trasversalmente diffusi, sono molto subdoli, perché la relazione dose e risposta non segue il classico paradigma. E vanno a impattare normalmente sia gli ambienti di vita che di lavoro. Infatti, interessano sia i consumatori che i lavoratori.
Esiste una differenza tra sensibilizzanti per la cute e respiratori? Quali sono i possibili effetti sui lavoratori?
Diana Poli: Diciamo che questa divisione, proprio perché siamo nell’ambito di agenti chimici, richiama direttamente il regolamento CLP – classificazione etichettatura ed imballaggi – che è il primo che definisce proprio la differenza fra sensibilizzante per le vie respiratorie e per la pelle, fondamentalmente. E questo tenendo conto le due principali via di uptake, sia del consumatore che del lavoratore, proprio perché quella per ingestione rappresenta, diciamo, una situazione meno probabile.
I sensibilizzanti per le vie respiratorie sono quegli agenti chimici che vanno ad impattare sulle vie respiratorie, dando appunto questi effetti di iper-suscettibilità delle vie respiratorie che possono declinare in situazioni che possono andare da situazioni che interessano le vie aeree superiori, tipo rinite, o le vie aeree inferiori, e andare fino all’asma. Ci sono poi situazioni di gravità che possono portare anche a shock anafilattico.
I sensibilizzanti per la pelle proprio il CLP li definisce come agenti chimici che vanno a impattare sulla pelle e vanno a creare questa reazione allergica della pelle, che può avere, anche qua, delle declinazioni più o meno gravi che vanno dalle dermatiti fino a delle lesioni cutanee, anche gravi.
È chiaro che spesso vengono confusi negli ambienti di lavoro con agenti chimici irritanti o corrosivi, ma stiamo parlando di fenomeni biochimici totalmente diversi e, diciamo, più complicati, proprio perché la patogenesi della sensibilizzazione è una patogenesi multifattoriale, molto legata alla suscettibilità individuale della persona.
Prima di arrivare a parlare di valutazione dei rischi possiamo dire anche qualcosa sulla diffusione delle sostanze chimiche sensibilizzanti nel mondo del lavoro.
Diana Poli: Diciamo che sono diffusi in modo estremamente trasversale.
La loro problematica, è vero che è legata alla suscettibilità individuale, però in diversi casi può dare anche effetti irreversibili; quindi una patologia irreversibile che praticamente non regredisce se non al termine dell’esposizione stessa.
Come ho detto prima, sono largamente diffusi negli ambienti di vita, ma anche negli ambienti di lavoro abbiamo una diffusione estremamente trasversale.
Diffusione che può andare dall’edilizia, ad esempio, pensiamo al cromo (VI) nei cementi, all’ambito di lavorazione dei tessuti, lavorazione del cuoio, ma anche a settori di cura della persona. Ad esempio, pensiamo agli acrilati o metacrilati utilizzati nel settore, ad esempio, ricostruzione dell’unghia, ma anche nel settore odontoiatrico, nella costruzione di elementi proprio a base di acrilati, metacrilati, …
Quindi, ma non solo, non dobbiamo poi dimenticare la Restrizione REACH 74, che è quella che è diventata effettiva a fine agosto del 2023, che riguarda appunto la restrizione sui diisocianati che ha un grande impatto anche in ambito formativo e coinvolge non solo i lavoratori, ma anche i liberi professionisti. (…)
Quindi diciamo che gli ambiti coinvolti sono estremamente vari.
Tanto che, se si va sulla classificazione CLP, più di 14.000 sostanze sono classificate come sensibilizzante per la pelle o per la cute.
Quindi diciamo ce le troviamo, in modo trasversale, in tantissimi ambiti lavorativi ed extralavorativi.
Agenti chimici sensibilizzanti: la valutazione dei rischi e le criticità
Veniamo alla valutazione dei rischi. Nella sua relazione lei indica che i sensibilizzanti chimici rappresentano una problematica complessa e a volte non pienamente compresa negli ambienti di lavoro. E questo immagino porti anche a criticità nella valutazione. Quali sono queste criticità?
Diana Poli: Ci possono essere delle importanti criticità prima di tutto sul fatto di non capire l’effetto di un sensibilizzante, che può portare, di fatto, ad una reazione allergica nel lavoratore che, se è irreversibile, diventa molto complicata anche nelle fasi di cambio mansione, di inserimento attività lavorativa. È complicata perché spesso, proprio in questo primo approccio, non si capisce o non viene capito fino in fondo l’effetto proprio della sensibilizzazione a livello della salute del lavoratore stesso. E (…) questo sviluppo di allergopatie dovrebbe portare ad una riflessione sulla reale necessità di utilizzare questi agenti chimici e se procedere effettivamente con l’eliminazione o con la sostituzione.
Infatti, perché sono agenti chimici subdoli?
Perché la manifestazione della malattia, come dicevo prima, è un processo multifattoriale che è determinato da fattori ereditari, suscettibilità individuale, quindi genetica, atopia, predisposizione,… Anche la differenza di sesso e di genere senza sembra impattare molto sullo sviluppo della patologia.
A questo si aggiungono dei fattori acquisiti. L’abitudine tabagica (sappiamo che il fumo è un cocktail di sostanze chimiche pericolose che può potenziare l’effetto), anche il consumo di alcol (perché l’alcol etilico va a alterare il metabolismo degli agenti chimici), c’è l’utilizzo di farmaci per cui ci possono essere delle problematiche di interferenza, ma anche l’esposizione ad altri agenti chimici legati agli ambienti di vita.
Quindi è una situazione molto complessa che non necessariamente fa sì che un’esposizione porti necessariamente al lavoratore lo sviluppo della patologia. Ma, diciamo, potrebbe. Perché il processo di sensibilizzazione è un processo che avviene fondamentalmente attraverso due fasi, quindi a seguito del contatto con l’agente chimico, l’organismo si sensibilizza, crea una memoria immunologica specifica che in seguito a reazioni successive, con anche periodi di latenza lunga, può sviluppare una risposta esagerata del sistema immunitario che dà proprio origine a queste forme di allergopatia; che possono anche rientrare nella logica delle malattie professionali.
Nella sua relazione lei ha parlato anche del controllo dell’esposizione e delle sostanze chimiche con o senza soglia e ha accennato ad un possibile approccio per i sensibilizzanti senza soglia…
Diana Poli: Il problema di questi agenti chimici è che spesso, anche nel momento in cui si procede attraverso monitoraggio ambientale o biologico, non sempre sono a disposizione dei valori limiti di esposizioni, ambientali o biologici.
E anche qualora fossero presenti nella maggior parte dei casi, soprattutto nel caso dei sensibilizzanti respiratori, questi agenti chimici sono senza soglia.
Cosa significa? Significa che anche in presenza di un valore limite di esposizione, ad esempio professionale, ambientale, avere una misurazione di concentrazione di questo xenobiotico sensibilizzante al di sotto del valore limite, non è garanzia di assenza di effetti avversi. Proprio perché, come dicevo prima, non è sicuro, non è applicato tout court il paradigma dose e risposta. E quando è senza soglia significa che non è identificabile un valore di concentrazione espositiva al di sotto del quale non ci sono effetti.
Questo fondamentalmente è la differenza fra soglia e senza soglia.
Se un agente chimico è con soglia significa che ho una soglia, una concentrazione al di sotto del quale non avrò effetti (…). Questa situazione purtroppo non si può realizzare, o è difficilmente realizzabile, con gli agenti chimici sensibilizzanti.
Agenti chimici sensibilizzanti: la sinergia degli attori della sicurezza
Concludiamo ricordando alcune indicazioni che lei ha riportato nella sua relazione. Lei nella sua relazione ha parlato dell’apporto, per il futuro della prevenzione, dei vari attori della sicurezza per dare un’adeguata rilevanza al rischio connesso all’esposizione ai sensibilizzanti.
Diana Poli: Certo. Diciamo che essendo una problematica così complessa, così strutturale e, soprattutto, ahimè, così diffusa, è necessaria la sinergia dei vari attori della sicurezza.
In primis, come dicevo prima, per un esamine degli agenti chimici per capire e verificare effettivamente quanto questi agenti chimici possano essere necessari o meno. E quindi procedere alla sostituzione o all’eliminazione. Anche una analisi accurata delle schede dati di sicurezza perché, ad esempio, le frasi di rischio H334 o H317, che sono legate alla sensibilizzazione respiratoria o cutanea, possono non essere sufficienti perché spesso nella scheda dati sicurezza l’agente chimico, la miscela può non essere classificata come sensibilizzante, ma contenere dei sensibilizzanti che anche in tracce potrebbero provocare una sensibilizzazione su lavoratori suscettibili.
Quindi deve esserci prima un percorso attento di esame degli agenti chimici in uso e di scelta. In secondo luogo, devono essere messi in atto i sistemi di prevenzione, in particolare basati sull’informazione, la formazione dei lavoratori, ma anche l’addestramento, e sulla scelta di adeguate misure di protezione, collettive o individuali.
Una figura nevralgica in questo team è sicuramente rappresentata dal medico competente, perché è il medico competente che, attraverso la sorveglianza sanitaria, attraverso l’anamnesi, oppure anche la richiesta di indagini approfondite sul lavoratore, potrebbe in molti casi verificare se ci potrebbe essere una predisposizione del lavoratore stesso a rispondere con una patologia respiratoria/cutanea all’esposizione ad agenti chimici sensibilizzanti.
Quindi (…) il fatto che gli agenti chimici sensibilizzanti siano senza soglia, sta ad indicare che difficilmente in una valutazione del rischio si possono verificare condizioni di assenza di rischio. Rischio irrilevante c’è quando la misurazione ambientale è non rilevabile; quindi quando io non rilevo gli agenti chimici. In alternativa, il rischio superiore a irrilevante attiverà tutto un percorso di tutela del lavoratore che passa in primis attraverso la sorveglianza sanitaria, attraverso approfondimenti a carico del medico competente che quindi, di fatto, diventa una figura cruciale, a mio parere, in questo percorso espositivo.
Volevo approfittare dicendo anche che noi stiamo lavorando come Inail, con un gruppo di lavoro che prevede l’interazione di diverse maestranze (biologi, chimici, medici, medici legali, …) e nel tempo stiamo procedendo con vari approfondimenti che speriamo saranno utili.
Fonti: Puntosicuro.it, Tiziano Menduto