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Un rapporto presenta i rischi fisici da campi elettromagnetici e da radiazioni ottiche nelle strutture sanitarie attraverso i risultati di alcune campagne di valutazioni dei rischi. Focus sulla fototerapia neonatale e sui defibrillatori.

Benché siano molte le attrezzature di lavoro che nelle strutture sanitarie possono esporre i lavoratori ai campi elettromagnetici (CEM) e alle radiazioni ottiche artificiali non coerenti (ROA), il rischio può essere opportunamente controllato e prevenuto “mediante l’adozione di appropriate misure organizzative, e soprattutto mediante una corretta e puntuale formazione dei lavoratori addetti all’impiego di tali apparati”.

Ad affermarlo è un documento pubblicato nel portale “ PAF – Portale Agenti Fisici”, realizzato nell’ambito del “Piano Mirato sui rischi derivanti dagli Agenti Fisici” della Regione Toscana e di un progetto del Ministero della Salute. Un documento che presenta una rassegna dei principali risultati di alcune campagne di valutazione del rischio da esposizione a ROA e CEM in ambito sanitario.
In “Il rischio fisico da campi elettromagnetici e radiazioni ottiche nelle strutture sanitarie”, a cura di Iole Pinto, Andrea Bogi, Francesco Picciolo, Nicola Stacchini (Azienda USL 7 di Siena — Laboratorio di Sanità Pubblica — Agenti Fisici — Siena), si ricorda che le valutazioni sono state “condotte a seguito di un censimento preliminare presso le sedici strutture sanitarie pubbliche attive sul territorio regionale delle apparecchiature ed impianti di potenziale interesse dal punto di vista delle emissioni di CEM e ROA”. Ed è stato quindi “individuato un parco macchine rappresentativo delle sorgenti maggiormente diffuse sul territorio regionale, che è stato oggetto di valutazioni specifiche”.

Ricordando che i risultati analitici delle varie misure condotte dagli autori sono riportati nelle banche dati ROA e CEM del Portale Agenti Fisici, ci soffermiamo innanzitutto sulle radiazioni ottiche artificiali.

Innanzitutto riportiamo un breve elenco delle principali apparecchiature presenti in ambito sanitario che utilizzano “sorgenti di radiazioni ottiche artificiali non coerenti di interesse protezionistico, con l’indicazione delle componenti spettrali rilevanti” (nel presente lavoro non sono trattati gli apparati laser):
– Fototerapia neonatale (Blu/UVA): attrezzatura usata in neonatologia;
– Fototerapia (Blu/UV) : attrezzatura usata in dermatologia;
– Foto polimerizzatori (Blu/UVA) : attrezzatura usata in odontoiatria;
– Transilluminatori (UV): attrezzatura usata nei Laboratori di Analisi;
– Cappe Germicida (UVC): attrezzatura usata nei Laboratori di Analisi;
– Lampade Scialitiche (Blu/UVA): attrezzatura usata nelle sale operatorie.

Rimandando ad una lettura integrale del documento riportiamo alcuni risultati relativi alla valutazione effettuata sull’attrezzatura per la fototerapia neonatale:
Dallo studio sono emerse le seguenti principali conclusioni:
– “gli apparecchi di fototerapia pediatrica che impiegano sorgenti LED presentano emissioni spettrali nel blu che possono indurre il superamento dei valori limite prescritti dalla vigente normativa per tempi di esposizione dell’operatore dell’ordine dei minuti. Per tali apparati l’impiego di dispositivi oculari di protezione risulta necessario per gli operatori addetti all’assistenza al neonato quando questi operino in prossimità della sorgente, in genere a distanze dalle lampade inferiori o uguali a 1 metro;
– per alcune apparecchiature che impiegano tubi fluorescenti si sono riscontrate emissioni spettrali rilevanti nella regione UVA. È da rilevare in merito che l’esposizione ad UVA prodotta da tali apparati è da considerarsi indebita, alla luce della classificazione della radiazione UVA da parte dello IARC tra i cancerogeni certi per l’uomo, essendo peraltro non funzionale ai fini del miglioramento dell’efficacia del trattamento terapeutico;
– l’indagine ha evidenziato una grande variabilità sia nel tipo che nella potenza delle radiazioni ottiche emesse dai macchinari esaminati. Il conseguimento di emissioni radianti ottimizzate per le lampade usate in fototerapia, attraverso procedure standardizzate di acquisto, collaudo, manutenzione e controlli periodici di qualità di tali macchinari, consentirebbe di rendere più efficace la terapia neonatale, evitare esposizioni indebite ai raggi UVA sia del neonato che degli operatori, e ridurre alla fonte il rischio per gli operatori, secondo quanto prescritto dal D.Lgs. 81/2008;
– i dati forniti dai produttori nei manuali d’uso delle apparecchiature risultano in genere carenti ai fini della valutazione del rischio per gli operatori e della formazione ed informazione degli stessi. I produttori dovrebbero essere sollecitati, in sede di capitolato d’acquisto, a fornire le informazioni richieste dal D.Lgs. 81/2008 Titolo V, ai fini di consentire la valutazione e riduzione del rischio da esposizione a radiazioni ottiche artificiali già in fase di acquisto di nuove apparecchiature;
– risulta indispensabile che gli operatori siano formati in merito ai rischi di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali emesse da tali apparati e sulle modalità di lavoro più efficaci ed appropriate ai fini della prevenzione del rischio”.

Veniamo, infine, al rischio da esposizione a campi elettromagnetici: “un argomento complesso, ancora poco conosciuto per quanto riguarda i reali effetti sulla salute e i meccanismi di esplicazione di tali effetti”.
Le sorgenti considerate in questo lavoro, individuate a seguito di un censimento del parco macchine in uso presso le strutture sanitarie pubbliche presenti sul territorio regionale, sono:
– Apparati per magnetoterapia;
– Apparati per diatermia;
– Elettrobisturi;
– Defibrillatori;
– Stimolatori magnetici transcranici;
– Tomografi RMN.

Ricordiamo brevemente alcuni dei risultati relativi ai defibrillatori, apparati medici “presente sia nei presidi medici e ospedalieri sia, nella loro versione semiautomatica, in altri ambienti di vita e di lavoro come ad esempio supermercati o impianti sportivi”.

Il documento ricorda che “per gli operatori che utilizzano i defibrillatori e per tutti coloro che si trovano ad operare in prossimità di tali apparati in condizioni di macchinario acceso devono essere predisposte ed attuate le misure di tutela prescritte dalla vigente normativa ed in particolare le seguenti:
– “tutti i lavoratori, anche se non direttamente addetti all’ impiego del defibrillatore, che abbiano necessità di accedere all’area in prossimità dell’apparato ove si riscontra il superamento dei livelli di riferimento per la popolazione dovranno essere sottoposti ad una valutazione dell’idoneità di esposizione a campi elettromagnetici da parte del medico competente;
– al fine di prevenire l’esposizione ai campi elettromagnetici di soggetti con controindicazioni, ed in applicazione di quanto prescritto dalla vigente normativa, dovrà essere affissa idonea segnaletica all’ingresso della sala di installazione;
– le dimensioni del locale dove si effettua il trattamento e la collocazione del macchinario devono essere tali da garantire che l’area di superamento dei livelli di riferimento della popolazione sia ben contenuta all’interno del locale stesso;
– qualora l’apparato sia utilizzato in ambiente esterno, o comunque al di fuori delle aree ad accesso regolamentato, gli operatori dovranno provvedere a mantenere gli altri lavoratori e le persone del pubblico ad idonea distanza (almeno 1 metro) dall’apparecchio, al fine di prevenire l’esposizione di soggetti con possibili controindicazioni all’esposizione a CEM;
– i test di funzionalità dell’apparecchiatura in fase di verifica periodica o manutenzione dovranno essere condotti in un locale ad accesso regolamentato, tale da garantire che l’area di superamento dei livelli di riferimento della popolazione sia ben contenuta all’interno del locale stesso e vi sia apposta la cartellonistica di sicurezza;
– per gli operatori che utilizzano il defibrillatore o che si trovano a operare nelle vicinanze degli stessi dovranno essere messe in atto le misure di tutela specifiche prescritte dalla vigente normativa ed in particolare: valutazione di idoneità all’esposizione a campi elettromagnetici da parte del medico competente e controlli sanitari periodici; formazione degli operatori sul rischio da esposizione a CEM e addestramento sulle idonee procedure di lavoro da adottare al fine di ridurre l’esposizione durate l’impiego del macchinario ed in particolare evitare di portare i cavi a diretto contatto con il corpo durante il trattamento;
– la presenza di oggetti metallici in zone di campo intenso nei pressi dell’apparato deve essere trattata con cautela, tenendo presenti le eventuali avvertenze riportate nella documentazione e se necessario contattando il costruttore o il distributore;
– tutti i lavoratori che hanno accesso alla sala di installazione degli apparati dovranno essere formati sugli effetti dell’esposizione e sulle controindicazioni all’esposizione”.
Il documento ricorda che alcuni soggetti devono poter accedere alle aree ad accesso limitato “solo previa autorizzazione rilasciata dal responsabile dell’apparecchiatura” (ad esempio i portatori di pace-maker o altre protesi e dispositivi impiantati dotati di circuiti elettronici).

Arriviamo alle conclusioni del lavoro del laboratorio dell’Azienda USL 7 Siena.
Conclusioni che non solo ribadiscono la possibilità di controllare e prevenire il rischio, ma riportano le principali criticità attualmente riscontrabili per la maggior parte delle sorgenti CEM/ROA emerse nel corso delle indagini:
– “i manuali di istruzioni degli apparati emettitori di ROA e CEM generalmente non riportano informazioni di sicurezza complete per la prevenzione del rischio da esposizione a campi elettromagnetici e ROA;
– spesso gli operatori non sono consapevoli del rischio di esposizione a CEM/ROA emessi dagli apparati ed impiegano metodiche operative non ottimali ai fini della riduzione dell’esposizione: ad esempio nel caso delle tecar terapie (terapie che utilizzano correnti ad alta frequenza, ndr) mantenendo a contatto con il corpo i cavi di collegamento degli elettrodi o tenendo la piastra a diretto contatto con la mano invece di utilizzare il manipolo porta elettrodo, oppure nel caso delle terapie neonatali sono spesso utilizzate lampade che espongono a radiazioni W o blu di elevata intensità e non necessarie ai fini terapeutici;
– spesso gli operatori non sono consapevoli che i CEM emessi dall’apparato possono avere effetti nocivi gravi per soggetti con controindicazioni all’esposizione e delle distanze di rispetto da adottare per evitarne l’esposizione (cfr. stimolatori transcranici, defibrillatori, apparecchiature per tecar terapia)
– la misurazione strumentale dei livelli di campo elettromagnetico emessi da alcuni apparati (es. defibrillatori, elettrobisturi, tecar terapia) può essere difficoltosa a causa della scarsità di strumenti di misura adatti, con particolare riferimento alla protezione dagli effetti di stimolazione, ed alla necessità di determinare i valori di picco istantaneo dei campi”.

Laboratorio Agenti Fisici della USL 7 di Siena, “ Il rischio fisico da campi elettromagnetici e radiazioni ottiche nelle strutture sanitarie”, a cura di Iole Pinto, Andrea Bogi, Francesco Picciolo, Nicola Stacchini – Azienda USL 7 di Siena — Laboratorio di Sanità Pubblica — Agenti Fisici — Siena

Il link del Portale Agenti Fisici (PAF)

Fonti: Puntosicuro.it, PAF