L’amministratore può rispondere per l’infortunio avvenuto durante i lavori di manutenzione del fabbricato condominiale per culpa in eligendo, se l’impresa affidataria risulta priva di capacità tecnica, e in vigilando per non avere vigilato su di essa.
È l’infortunio mortale accaduto a un lavoratore in un condominio l’oggetto di questa sentenza della Corte di Cassazione chiamata a decidere su di un ricorso presentato dall’amministratore del condominio stesso. Non è la prima volta che si riscontra una sentenza nella quale la suprema Corte si è espressa a favore o contro la figura dell’amministratore nella sua veste di committente di lavori da eseguirsi nell’ambito del fabbricato sociale per un infortunio accaduto nell’ambito del condominio. Lo scrivente, infatti, ha già avuto modo in passato di commentare alcune di queste sentenze e per ultima la sentenza n. 43500 del 21/9/2017 della IV sezione penale della Cassazione stessa, pubblicata sul quotidiano del 16/10/2017, che aveva riguardato un incendio verificatosi durante alcuni lavori di manutenzione nel locale di uno dei condomini che si era però sviluppato in parti comuni arrecando dei danni. In quella occasione era stato condannato l’amministratore il quale, ben consapevole che i lavori stessi in corso nel condominio avrebbero comportato l’utilizzo di materiale infiammabile, non si era attivato a tutela delle parti comuni esposte a pericolo né si era assicurato della capacità tecnica della persona incaricata dei lavori.
Il caso della sentenza in esame è pervenuto alla suprema Corte dopo un lungo iter giudiziario. Infatti l’amministratore era stato condannato dal Tribunale per omicidio colposo per avere omesso di attenersi ai principi e alle misure generali di tutela e in particolare per aver omesso di verificare l’ idoneità tecnico professionaledell’impresa alla quale erano stati affidati i lavori. Lo stesso ha fatto ricorso alla Corte di Appello la quale ha confermata la condanna con sentenza che poi la Corte di Cassazione ha annullata con rinvio alla Corte di Appello di provenienza la quale ha confermata ancora una volta la condanna circostanziando meglio le motivazioni. Pervenuta nuovamente la sentenza di condanna alla suprema Corte di Cassazione su ricorso del Procuratore generale e delle parti civili la stessa ha rigettato l’ulteriore ricorso chiudendo l’iter in via definitiva.
Il caso, l’iter giudiziario e i ricorsi in Cassazione
La Corte di Appello, provvedendo a seguito dell’annullamento con rinvio di una propria precedente sentenza, disposto dalla Corte di Cassazione, ha respinto l’impugnazione proposta dall’ amministratore di un condominio nei confronti della sentenza del Tribunale con la quale lo stesso lo aveva condannato alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, in relazione al reato di cui all’art. 589 del codice penale ascrittogli per avere causato, quale capo condominio di un edificio, e quindi committente dei lavori di rifacimento della facciata del condominio stesso, la morte di un dipendente dell’impresa aggiudicataria dei lavori, che, nell’atto di scendere dal ponteggio metallico montato per la realizzazione delle citate opere di rifacimento era precipitato a terra dall’altezza del 2° 3° piano, omettendo di attenersi ai principi e alle misure generali di tutela per consentire l’esecuzione dei lavori in condizioni di sicurezza, in particolare per aver omesso di verificare l’idoneità tecnico professionale dell’impresa appaltatrice.
La Corte territoriale, nel prendere atto di quanto indicato nella sentenza di annullamento con rinvio nella quale era stata sottolineata l’assenza di contestazioni circa il fatto in particolare che l’amministratore, al momento del verificarsi dell’infortunio, rivestisse la qualifica di committente dei lavori e che quindi sullo stesso incombessero gli obblighi posti a carico di tale figura, con la conseguente responsabilità per culpa in eligendo, per avere affidato i lavori a impresa priva dei requisiti di affidabilità e capacità tecnico organizzativa, e, a titolo di culpa in vigilando, per avere omesso di vigilare sulla predisposizione da parte della ditta appaltatrice di adeguate misure antinfortunistiche, ha escluso che potesse considerarsi non provata la valida stipulazione di un accordo tra l’imputato e l’impresa esecutrice dei lavori e, conseguentemente, non autorizzata la messa in opera del ponteggio dal quale era caduto il lavoratore.
In particolare la Corte di Appello ha evidenziato che: il preventivo di spesa presentato dall’impresa affidataria per l’esecuzione dei lavori di manutenzione era stato approvato dall’assemblea condominiale, come si ricavava tra l’altro dal fatto che sul testo era stata apposta la dicitura manoscritta “approvato”, tanto che proprio in concomitanza con la verificazione dell’infortunio l’imputato si era recato presso lo studio contabile che si occupava del condominio per far predisporre le ricevute delle spese relative a tali lavori da ripartire tra i condomini, condotta spiegabile solo con l’avvenuto affidamento dei lavori.
L’approvazione nella assemblea dei condomini del preventivo presentato dall’impresa e l’affidamento alla stessa dei lavori erano state del resto confermate nel corso delle indagini da due dei condomini. La Corte territoriale ha evidenziato, altresì, che era stato avviato il montaggio del ponteggio, fatto non spiegabile se non con la conclusione dell’accordo circa l’affidamento dei lavori, anche in considerazione delle non modeste dimensioni di tale ponteggio e inoltre che lo stesso titolare dell’impresa nel corso del suo esame aveva riferito che il giorno in cui si era verificato l’infortunio si era incontrato all’ora di pranzo con l’amministratore il quale aveva avuto modo di vedere il ponteggio in corso di montaggio senza avere obiettato alcunché, come avrebbe invece dovuto fare se l’accordo non si fosse perfezionato e i lavori non fossero stati affidati all’impresa.
Avverso la seconda sentenza della Corte di Appello l’imputato ha nuovamente proposto ricorso per cassazione. Lo stesso ha censurata, in particolare, l’affermazione della sussistenza della prova della conclusione dell’accordo tra l’imputato, quale committente, e l’appaltatore, in ordine ai lavori di rifacimento della facciata dell’edificio eretto nel condominio desunto, in modo illogico, dalla annotazione a penna sul testo del preventivo della dicitura “Approvato”, non riconducibile a lui, e dalla richiesta di predisposizione delle ricevute di pagamento dei ratei del corrispettivo dovuto dai condomini all’appaltatore, in quanto antecedente alla stipula del contratto e non a questa successiva, essendo tra l’altro stato previsto che prima di iniziare i lavori l’impresa avrebbe dovuto consegnare ulteriori documenti.
L’imputato, quindi nel ribadire il mancato perfezionamento del contratto di appalto e la unilateralità della iniziativa dell’impresa di procedere al montaggio del ponteggio da utilizzare per eseguire i lavori, con la conseguente assenza della sua responsabilità, quale amministratore del condominio, nella verificazione dell’evento, ha pertanto chiesto l’annullamento della sentenza impugnata.
Anche l’Inail e le parti civili hanno contestato la fondatezza del ricorso, del quale hanno chiesto il rigetto, sottolineando la logicità delle considerazioni poste a fondamento della decisione impugnata e contestando la fondatezza dei rilievi sollevati dall’imputato con il ricorso, in considerazione della univocità della predisposizione delle ricevute di pagamento delle rate del prezzo da corrispondere all’impresa, della non necessarietà della forma scritta per la conclusione di un contratto di appalto, della inverosimiglianza dell’inizio della installazione del ponteggio in assenza del perfezionamento del contratto d’appalto e dell’affidamento dei lavori, di cui l’imputato era pienamente consapevole e in ordine al quale non aveva sollevato rilievi, pur avendo incontrato il titolare dell’impresa nella stessa giornata in cui i lavori avevano avuto inizio.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione
Il ricorso non è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. La suprema Corte è giunta alle sue conclusioni alla luce di alcune considerazioni quali:
– la non necessarietà della forma scritta per la conclusione di un contratto d’appalto (ex art. 1350 cod. civ.), e il significativo rilievo indiziario della dicitura “approvato” apposta sulla proposta contrattuale, deponente per la accettazione da parte del condominio in conformità alla stessa;
– le dichiarazioni rese dai due condomini ascoltati che avevano spiegato in modo logico la scelta dell’impresa per avere la stessa presentata la proposta più favorevole dal punto di vista economico;
– il significato inequivocabile attribuito all’inizio dell’esecuzione del contratto da parte dell’appaltatore, avvenuta mediante l’installazione del ponteggio da utilizzare per l’esecuzione dei lavori di rifacimento della facciata dell’edificio condominiale, non spiegabile che con il perfezionamento del contratto, anche in considerazione della complessità del montaggio di un ponteggio di tali dimensioni che richiedeva il trasporto sul luogo di esecuzione dei lavori di tutti i materiali necessari e l’impiego di manodopera specializzata;
– l’avallo di tale attività da parte dell’imputato, desunta dal fatto che aveva avuto modo di assistere al montaggio del ponteggio alla presenza del titolare dell’impresa e non aveva sollevato rilievi, riconoscendo con ciò implicitamente l’avvenuto perfezionamento del contratto, in esecuzione del quale l’appaltatore aveva dato avvio alla installazione del ponteggio;
– l’attivazione da parte dell’imputato, nella sua veste di amministratore, per far predisporre le ricevute dei versamenti dovuti dai condomini per le quote condominiali del prezzo dell’appalto gravanti su ciascuno di essi, anch’essa non spiegabile se non con il perfezionamento del contratto, alle condizioni indicate nella proposta avanzata dall’appaltatore.
Il fatto che l’appaltatore dovesse ancora consegnare all’imputato quale committente alcuni non meglio precisati documenti, ha così concluso la Sez. III, non ha escluso che il contratto si fosse già perfezionato, come dimostrato dall’inizio della sua esecuzione da parte dell’appaltatore e dalla attivazione da parte dell’amministratore per riscuotere dai condomini i fondi necessari per pagare il corrispettivo dovuto all’appaltatore. con la conseguenza che le lamentele avanzate dal ricorrente sono risultate infondate.
La Cassazione, quindi, in conseguenza del rigetto del ricorso, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese delle parti civili che ha liquidate in euro 3.500 quanto all’INAIL e, complessivamente, in euro 4.000 quanto alle altre parti civili.
Gerardo Porreca
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