La tutela della sicurezza sul lavoro dei volontari nella Sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, 02 luglio 2024, n. 25756. Posizione di garanzia del datore di lavoro, DPI, formazione, informazione e addestramento.

La sentenza della Corte di Cassazione (Sez. 4, 02 luglio 2024, n. 25756) riveste un’importanza significativa in materia di sicurezza sul lavoro e definizione della posizione di garanzia, particolarmente nell’ambito di attività svolte da volontari.

Il caso riguarda un’aggressione subita da una volontaria di un rifugio per cani, attaccata da un pitbull, evento che ha portato alla condanna del gestore della struttura per lesioni personali gravi aggravate dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Posizione di Garanzia del Datore di Lavoro

La posizione di garanzia, nel contesto degli obblighi di tutela della salute e sicurezza sul luogo lavoro, è un concetto cardine del nostro ordinamento giuridico, e impone al datore di lavoro, o a chi comunque ne esercita le funzioni, una serie di obblighi volti a prevenire infortuni e garantire la salute dei lavoratori. Nel caso specifico, la corte ha stabilito che la persona imputata, pur non essendo formalmente un datore di lavoro, esercitava di fatto un potere organizzativo e direttivo all’interno della struttura, riconducibile ai compiti e alle responsabilità tipiche di un datore di lavoro.

In giurisprudenza, la posizione di garanzia del datore di lavoro, formale o di fatto, è stata ampiamente trattata. Un caso analogo è rappresentato nella sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, n. 7730 del 16 gennaio 2008 (Musso, Rv. 238756), dove si è affermato che la posizione di garanzia non è esclusiva del rapporto di lavoro subordinato, ma può sussistere anche in situazioni di lavoro volontario o amichevole, purché l’attività sia svolta in un ambiente che possa definirsi “di lavoro”.

Questo principio si applica pienamente al caso in esame, dove la gestione del rifugio da parte dell’imputata e l’organizzazione delle attività dei volontari configurano un ambiente di lavoro che prevede per legge l’applicazione delle norme di sicurezza.

In quel caso è stata riconosciuta la responsabilità del parroco per l’infortunio occorso ad un fedele impegnatosi volontariamente nell’approntamento della struttura deputata allo svolgimento della festa della parrocchia, e la Cassazione ha sottolineato che la configurabilità della circostanza aggravante della violazione di norme antinfortunistiche di cui all’art. 590, comma terzo, cod. pen., esula dalla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, atteso che il rispetto di tali norme è imposto anche quando l’attività lavorativa venga prestata anche solo per amicizia, riconoscenza o comunque in situazione diversa dalla prestazione del lavoratore subordinato, purché detta prestazione sia stata posta in essere in un ambiente che possa definirsi di “lavoro”.

Dispositivi di Protezione Individuale e Formazione

Un altro punto cruciale della sentenza riguarda la mancata fornitura di dispositivi di protezione individuale (DPI) e l’inadeguata formazione e informazione dei volontari.

La normativa di riferimento, il D. Lgs. 81/2008, impone al datore di lavoro di garantire che tutti i lavoratori, inclusi i volontari, ricevano una formazione adeguata sui rischi connessi alle attività svolte e sui comportamenti da adottare per prevenirli.

La Corte di Cassazione ha ribadito che il gestore del rifugio, in quanto titolare della struttura e organizzatore delle attività, aveva l’obbligo di assicurare tali misure di prevenzione, nonostante la natura volontaria del rapporto di lavoro.

Informazione, Formazione e Addestramento

La sentenza evidenzia l’importanza della corretta informazione, formazione e addestramento dei lavoratori per prevenire incidenti. La mancanza di tali misure preventive ha costituito una delle principali violazioni imputate all’imputata.

L’obbligo di formazione e informazione, infatti, non è limitato ai soli dipendenti regolari ma si estende a chiunque operi all’interno di un’organizzazione, compresi i volontari.

La Corte ha quindi ritenuto che l’imputata avrebbe dovuto fornire adeguate istruzioni e dispositivi di sicurezza per la gestione dei cani, soprattutto quelli notoriamente aggressivi.

Conclusione

La sentenza della Cassazione Penale n. 25756 del 2024 offre un’importante chiarificazione sui doveri di chi gestisce strutture qualificabili come ambiente di lavoro con personale volontarioconfermando l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per prevenire infortuni, indipendentemente dalla natura formale del rapporto di lavoro.

Questo caso sottolinea che la sicurezza sul lavoro è un diritto inalienabile di tutti i lavoratori, siano essi dipendenti o volontari, e che i responsabili delle strutture devono attuare rigorosamente le normative di sicurezza per evitare gravi conseguenze legali e, in primo luogo, per proteggere la salute e la sicurezza di chi opera nei loro ambienti.

Fonti: Olympus.uniurb.it, Puntosicuro.it, Rolando Dubini (penalista Foro di Milano, cassazionista)

Cassazione Sezione IV penale – Sentenza n. 25756 del 02 luglio 2024