Come sburocratizzare la normativa? Come migliorare la formazione e il ruolo del medico competente? Come tradurre la normativa in prassi positiva? La seconda parte dell’intervista a Cesare Damiano, ex Ministro del Lavoro, e all’avvocato Maria Giovannone.
Se in questi mesi finalmente il legislatore ha ripreso ad occuparsi di salute e sicurezza, con le modifiche rilevanti apportate dal DL 146/2021 e dalla legge di conversione n. 215/2021 al D.Lgs. 81/2008, abbiamo l’obbligo non solo di chiederci se stiamo andando nella direzione corretta, ma di operare per riuscire a “tradurre la normativa in prassi positiva”, per trasformare anche le novità normative in un’effettiva crescita della cultura della sicurezza e della prevenzione nelle aziende.
A parlare di questa necessaria e non scontata capacità che deve avere la norma di riverberarsi in prassi effettive, cercando di superare una cultura della sicurezza che sia “meramente formalistica, sanzionatoria e repressiva”, è Cesare Damiano – presidente dell’associazione LavoroeWelfare, consigliere d’amministrazione dell’Inail ed ex ministro del Lavoro – con sui abbiamo parlato insieme a Maria Giovannone – avvocato giuslavorista e Professore Aggregato in Diritto del Mercato del Lavoro Università Roma Tre – in una lunga intervista dedicata proprio alla riflessione sul presente e sul futuro della sicurezza, partendo dai recenti interventi normativi.
Cesare Damiamo e Maria Giovannone sono stati due degli organizzatori del convegno “A tredici anni dal Testo Unico Sicurezza: norme inattuate e prospettive evolutive” che si è tenuto ad Ambiente Lavoro il 3 dicembre 2021 con un parterre molto ricco di relatori del Ministero del Lavoro, dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL), dell’Inail, del mondo universitario e delle parti sociali.
Nell’articolo “ Migliorare la sicurezza: cosa è stato fatto e cosa bisogna ancora fare”, abbiamo presentato la prima parte dell’intervista, dedicata per lo più al decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 e alle prospettive future del D.Lgs. 81/2008.
In questa seconda parte, di approfondimento su alcuni temi, ci soffermiamo su vari aspetti rilevanti.
Come sburocratizzare la normativa prevenzionistica?
Quali sono gli aspetti rilevanti del DL 146/2021? In considerazione del futuro Accordo Unico Stato-Regioni come migliorare e modernizzare la formazione sulla sicurezza? Come riconsiderare il ruolo del medico competente e della sorveglianza sanitaria?
Quali sono i punti su cui si muoverà la futura Strategia nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro? Quanto è importante la ricerca per migliorare la prevenzione?
Come tener conto anche della qualità sociale durante la attuale transizione digitale, ecologica e infrastrutturale?
E, in definitiva, come riuscire a trasformare il rinnovato interesse del legislatore e delle Istituzioni per la sicurezza in un miglioramento reale delle tutele nei luoghi di lavoro?
Questi in breve sintesi gli argomenti trattati nella seconda parte dell’intervista:
- La necessità e le modalità per sburocratizzare la normativa
- I nodi cruciali della sicurezza: la formazione e la sorveglianza sanitaria
- La strategia nazionale, la qualità sociale della transizione e la prevenzione
Come spesso accade c’è la possibilità di visualizzare integralmente la seconda parte dell’intervista (realizzata il 17 febbraio) e/o di leggerne una parziale trascrizione.
La seconda parte dell’intervista di PuntoSicuro a Cesare Damiano e Maria Giovannone
La necessità e le modalità per sburocratizzare la normativa
Uno dei temi affrontati durante il convegno, in merito al Testo Unico, è la mancata attuazione di molte sue parti e la necessità di ‘sburocratizzare la materia e abrogare le norme che costituiscono livelli di regolazione superiori a quelli imposti dalle direttive di riferimento’. Quali interventi sarebbero utili per questi obiettivi?
Cesare Damiano: (…) Completare l’attuazione del Testo Unico è una priorità.
Al tempo stesso serve sicuramente superare una cultura della sicurezza che sia (…) meramente formalistica, sanzionatoria e repressiva. Naturalmente senza indulgere, per questa strada, al “fate quel che volete”. (…)
Quindi si tratta di implementare, dov’è possibile, la semplificazione del quadro legale e, ovviamente, anche degli adempimenti inutilmente gravosi. Il testo del decreto 81 l’abbiamo finito di corsa, il Governo Prodi, come si diceva, era già “in articulo mortis”, quindi eravamo fuori dall’esercizio prettamente politico della sua attività. Io stesso ho riconosciuto, accanto alla validità, anche le incongruenze, le contraddizioni, le cattive scritture, … Per carità, quindi tutto quello che può aiutare è assolutamente necessario.
Quindi è importante rendere queste regole prevenzionali coerenti con la gravità dei rischi propri delle imprese in diversi settori di riferimento e sarebbe importante tenere conto delle dimensioni aziendali. (…)
È necessario in particolare sostenere, e il Testo Unico lo prevede, il mondo delle piccole e medie imprese, quindi uscire da una logica generalista. Io a questo credo molto: avere abiti su misura. E poi, come si diceva, “sburocratizzare la materia abrogando norme che costituiscono livelli di regolazione superiori a quelli imposti dalle direttive di riferimento”, in questa direzione la Commissione Consultiva permanente mi pare che si stia muovendo, perché si è prefissata l’obiettivo di supportare l’azione di adeguamento del dettato normativo a quelli che sono gli standard europei.
I nodi cruciali della sicurezza: la formazione e la sorveglianza sanitaria
Maria Giovannone: In effetti queste indicate potrebbero essere le linee più ampie di intervento, di strategia di intervento. Tra l’altro noi siamo in un momento di anche elaborazione di alcune riforme a livello europeo di varie direttive, oltre che di attuazione della Strategia europea per la sicurezza e di una Strategia nazionale. Magari avremo modo poi di parlarne nel corso di questa intervista.
C’è un tema, secondo me, un tema cruciale, sempre in questa logica di “sburocratizzare” tenendo conto, ovviamente come ha detto prima Cesare, che semplificare, sburocratizzare non significa abbassare il livello di tutela, ma eliminare i passaggi meramente formalistici, lì dove complichino la risposta e il livello di compliance alle norme. Lasciarli invece lì dove sono necessari a raggiungere questa compliance nel migliore dei modi.
Un nodo cruciale è la formazione e anche la recrudescenza del fenomeno infortunistico, di cui parlavamo in apertura, si lega anche alla efficacia degli interventi formativi.
La formazione professionale in generale e la formazione in materia di sicurezza è uno snodo centrale.
Questa formazione in materia di sicurezza era già stata in qualche modo rimaneggiata nel corso di questi anni, con la revisione degli Accordi Stato-Regioni, ma ancora presenta alcuni formalismi prettamente burocratici che però hanno poco a che vedere con la effettiva capacità che la formazione ha di modificare ed orientare positivamente i comportamenti delle persone.
Quindi la formazione viene ancora vista percepita, purtroppo, in molti contesti come un costo gravoso, come un adempimento che va fatto, punto e basta. E ci sono questioni legate ancora al numero delle ore di formazione, ai contenuti specifici, in certi casi insufficienti per alcuni settori di attività ed alcune tipologie di rischio. Questioni legate alla professionalità dei soggetti formatori e degli enti erogatori di attività formative. Questioni legate ancora all’impiego di metodologie didattiche più moderne.
È in corso un dibattito sull’impiego, per esempio, della videoconferenza sincrona come strumento, metodologia, valida o non valida, a rimpiazzare a sostituire in toto la formazione in presenza.
Anche qui, secondo me, l’approccio può essere più pragmatico: è chiaro che nell’era del lavoro digitale o del lavoro agile, dobbiamo fare anche un ripensamento sui formalismi della formazione cosiddetta a distanza o in elearning. Nel senso che abbiamo forse, ad oggi, dei paletti troppo stringenti su questo e abbiamo capito che la stessa formazione fatta in aula in presenza, se non viene fatta bene, non è efficace comunque.
Dunque io qui un ragionamento lo aprirei, lo aprirei in maniera molto decisa, molto intensa.
E sembra, in realtà, che su questo tema della formazione delle riflessioni si stiano facendo in sede di Commissione Consultiva, poi necessariamente in sede di Conferenza Stato-Regioni, perché sappiamo che si tratta di uno di quei temi sul quale c’è una competenza chiaramente anche regionale molto importante.
E io mi aspetto, da questo punto di vista, delle importanti novità in quello che saràl’Accordo Stato-Regioni già preannunciato dal decreto fiscale che, entro giugno, dovrebbe essere adottato. E mi auguro che sia l’occasione per intervenire in maniera di nuovo un po’ più strutturale sulla materia della formazione per la sicurezza in una logica di modernizzazione.
Dagli Accordi Stato Regione del 2011, che segnavano un passo fondamentale, l’introduzione dell’elearning nella formazione per la sicurezza, ne è passata di acqua sotto i ponti. C’è di mezzo la rivoluzione digitale del lavoro. E quindi non possiamo pensare che alcuni contenuti erogati in aula in presenza non possano essere erogati anche con l’utilizzo di strumenti ormai molto efficaci per mappare, tracciare, la presenza in modalità a distanza.
Ferma restando poi, invece, la necessità di incidere in maniera fisica presente su quelle attività che riguardano la formazione tecnica sull’utilizzo delle attrezzature, quella formazione più proiettata poi (…) all’addestramento pratico, agli aspetti estremamente tecnici della materia.
E poi c’è questa grande novità, lo aggiungo ora proprio perché stiamo parlando di formazione, forse il più grande merito del decreto fiscale – se lo guardiamo in un’ottica più ampia, di filosofia della sicurezza, di visione della sicurezza, di visione moderna – è l’aver introdotto finalmente l’obbligo formativo per i datori di lavoro.
Abbiamo già capito che dovrà essere declinato da questo futuro Accordo Stato Regioni, intorno al quale, secondo me, ci sono tante aspettative. Si parla infatti di un Testo Unico della Formazione per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Anche su questo tema della formazione il dibattito è ante pandemia, perché già prima della pandemia si stava parlando di una riforma della formazione per la sicurezza. Perché come si è capito che il preposto (…) è uno snodo centrale degli infortuni e degli infortuni mortali, della verifica della catena del trasferimento del comando alle direttive, all’esecuzione in sicurezza delle attività, così si è capito che l’efficacia degli interventi formativi su questa materia è uno snodo altrettanto centrale. E che, quindi, probabilmente lo stesso datore di lavoro deve essere formato, per poter orientare al meglio il processo di sicurezza e di prevenzione in azienda. E questo a dispetto, ripeto di meri formalismi privi però di un contenuto efficace, reale.
Già prima della pandemia questo dibattito era aperto, anche sulla formazione. Anche su questo si stava già lavorando nelle competenti sedi a dei testi che poi, insomma, non sono stati finalizzati perché la pandemia ha travolto tutto. Ed è chiaro che però l’emergenza pandemica ha poi riacceso dei riflettori su questioni che sono ormai improrogabili, improcrastinabili di cui l’emergenza è stato un acceleratore, ma solo un acceleratore, non la causa primaria. Quindi abbiamo una grande opportunità di intervenire sulla formazione.
Noi abbiamo poi, riguardo alla domanda sugli adempimenti e la sburocratizzazione, un altro patrimonio importante nel nostro Testo Unico che è la sorveglianza sanitaria. La sorveglianza sanitaria sino ad oggi, e dove per oggi intendo prima della pandemia, che comunque rimane una un evento che cambia la prospettiva di valutazione di certe cose, è stata, anche questa, concepita in una logica troppo limitativa o restrittiva, troppo burocratica, esclusivamente burocratica, limitando anche poi di fatto quelle che sono invece le grandi potenzialità che il medico competente, il medico del lavoro può esprimere nella gestione del sistema di prevenzione aziendale.
Ricordiamoci che quando è stato fatto il decreto 81, il medico competente e la sorveglianza sanitaria erano state concepite come non limitate esclusivamente agli accertamenti periodici o comunque agli accertamenti prescritti dall’articolo 40 e 41 del decreto 81. Ma la funzione del medico competente era vista come una funzione di “alter ego”, comunque di confronto, di interlocuzione importante col datore di lavoro per la fase di valutazione dei rischi e per la progettazione della sicurezza della prevenzione in azienda.
Ma il medico competente non lo abbiamo interpretato fino in fondo così. Lo abbiamo confinato alla sorveglianza sanitaria vista in quella logica di checklist degli adempimenti periodicamente fatti. E quindi l’abbiamo collocato in una dimensione troppo burocratica.
Ecco che invece con la pandemia e con le questioni lavoratori fragili e con le questioni collegate alla gestione degli adempimenti covid, delle verifiche greenpass, la violazione della privacy legata agli accertamenti covid e greenpass, ci siamo accorti di quanto fosse fondamentale il ruolo del medico del lavoro nella gestione dell’intero sistema prevenzionistico, non solo per la mera attività di sorveglianza sanitaria, lì dove necessaria e obbligatoria. Tanta che siamo anche stati costretti ad inventarci la sorveglianza sanitaria eccezionale, pure in quei settori che non ce l’avevano l’obbligo di sorveglianza sanitaria, perché abbiamo dovuto mappare la presenza di lavoratori fragili. Dov’è la nozione di fragilità ha rotto anche le barriere dei livelli di rischio identificati dai codici Ateco. Sono fragile per la presenza di uno o più elementi di comorbilità che mi rendono fragile a delle condizioni di rischio che prescindono dal livello di rischio alto, medio, basso del codice Ateco. Perché magari come comparto opero in un settore qualificato come a basso rischio – e da quel basso rischio, alto rischio, medio rischio sappiamo quanti adempimenti discendono o non discendono – ma di fatto rispetto a certe situazioni invece il mio rischio è altissimo, rispetto magari a certe vulnerabilità, fragilità soggettive.
E quindi anche qui l’esperienza della sorveglianza sanitaria eccezionale, legata alla mappatura delle condizioni di fragilità, potrebbe essere un precedente che si apre in questo ambito portando ad una riconsiderazione del ruolo del medico del lavoro, del medico competente, dell’istituto della sorveglianza sanitaria, più ampia, meno formale, meno burocratica, ma più legata proprio alla collaborazione per la gestione della sicurezza e della prevenzione in azienda. (…)
La strategia nazionale, la qualità sociale della transizione e la prevenzione
I temi sono tantissimi ma, prima di andare alla conclusione, vorrei accennare all’ancora mancante Strategia Nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro di cui avete parlato al convegno. E poi vi chiederei di individuare cosa è necessario fare nel nostro Paese, a vostro parere e al di là degli aspetti normativi, per favorire un miglioramento effettivo della cultura della sicurezza e della gestione e prevenzione dei rischi nei luoghi di lavoro.
Maria Giovannone: (…) Sicuramente la Strategia nazionale è un tassello della risposta alla tua domanda perché, lo dice il nome stesso, strategia e visione strategica. Visione strategica e visione dall’alto che non è solo una visione dall’alto nazionale, ma è una visione dall’alto nazionale che si deve integrare con la visione dall’alto ancora più ampia dell’ombrello europeo del quale facciamo parte.
Noi siamo stati bacchettati dalla Commissione Europea per essere tra i pochi paesi in Europa a non avere una Strategia nazionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed è importante che, su questa materia, ci stiano lavorando il Ministero del Lavoro e il Ministero della Salute. Ministero della Salute che, benché sia stato chiamato in ballo su molti adempimenti del decreto 81, su alcuni non ha poi dato un supporto completo sulla materia. Però ora il Ministero della Salute sta lavorando a questa strategia sulla base di una bozza, anche questa risalente ancora una volta alla fase pre Covid. (…)
Gli obiettivi di questa strategia sono quelli di rafforzamento del sistema istituzionale, rafforzamento degli strumenti di prevenzione primaria (…). E si arriva a questo anche potenziando il dialogo sociale. Noi non dobbiamo dimenticare il ruolo degli attori sociali, degli attori negoziali (…).
Si parla poi del rafforzamento della vigilanza – e direi che il decreto fiscale si è già mosso su questo tema – della preparazione alle crisi sanitarie, perché oggi è stato il covid, domani ci saranno probabilmente altri fenomeni di rischio imprevedibili che andranno improvvisamente gestiti e della priorità della ricerca.
Ecco la ricerca – e qui parlo da accademico, da ricercatore – su questa materia va assolutamente incentivata perché se l’idea è fare prevenzione primaria, la prevenzione primaria si fa anche affinando gli strumenti anche attraverso gli studi scientifici, gli approfondimenti scientifici (…)
Questa strategia si sta muovendo, da quello che abbiamo appreso dal rappresentante del Ministero della Salute che è intervenuto al nostro convegno, che ci si sta muovendo su questa linea, in una visione olistica, di tutela globale della persona sul luogo di lavoro e anche fuori dal luogo di lavoro. (…)
Cesare Damiano: Io sottolineo sempre l’esigenza, in questa transizione digitale, ecologica, infrastrutturale che ci sia anche la qualità sociale della transizione, perché altrimenti assistiamo ad una crescita pure importante di natura quantitativa ma non qualitativa (…).
Quindi è chiaro che, di fronte a questa evoluzione, bisogna introdurre un seme sociale importante e quindi rafforzare le tutele, impedire che una crescita solo quantitativa si traduca anche in una quantità di morti e feriti sui luoghi di lavoro. Cosa alla quale, purtroppo, stiamo assistendo.
Al tempo stesso è necessario continuare ad interrogarci sul tema della prevenzione, sulla materia cosiddetta prevenzionistica: quindi investimenti mirati al miglioramento delle effettive condizioni di lavoro, interventi normativi che sono attesi da tempo e che siano anche finalizzati al riordino e alla semplificazione di questa materia. Anche perché siamo di fronte ad una continua evoluzione nella quale il lavoro e il welfare giocano un ruolo cruciale per la realizzazione della persona, per il mantenimento dell’equilibrio psicofisico all’interno dei luoghi di lavoro.
Il welfare è in evoluzione a tal punto che è sottoposto continuamente a stress test. (…) Stress test che è dovuto anche al mutamento della curva demografica, perché l’invecchiamento della popolazione è un altro tema che occuperà molto spazio nella nostra elaborazione. (…)
Welfare che ha bisogno anche di una revisione strategica. Poi immagino che, di qui alla metà di questo secolo, l’irruzione della digitalizzazione, l’intelligenza artificiale dei nuovi modelli organizzativi, l’esigenza stessa di rivedere gli orari di lavoro, (…) la riorganizzazione degli orari produrranno ulteriori cambiamenti.
Quindi le azioni che legislatore ha messo in campo recentemente sono un primo passo. C’è una nuova attenzione verso la sicurezza nei luoghi di lavoro che deve coinvolgere ovviamente tutti i soggetti, le parti che si dedicano alla contrattazione, le parti, le istituzioni in primo luogo, che si dedicano alla legiferazione.
La pandemia, come ricordavo, ha evidenziato l’importanza delle trattative per la ricerca di soluzioni condivise, su misura. E credo che abbiano avuto una loro efficacia. Il fondamentale ruolo dei Protocolli potrebbe essere preso come esempio per altre intese fra istituzioni nazionali e regionali, parti sociali, dedicate alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Intese che diano maggiore efficacia alle leggi.
Bisogna tradurre la normativa in prassi positiva, come avvenuto, da ultimo, in tema di lavoro agile, se vogliamo citare una novità, con la sottoscrizione il 7 dicembre dell’anno scorso del primo protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile fatto dal Ministero del Lavoro e dalle parti sociali. (…)
Parallelamente al miglioramento del quadro normativo è imprescindibile la promozione di studi scientifici, ad esempio, su questi numerosi profili della materia che abbiamo esaminato che ancora ci destano numerose problematiche nella ricostruzione del nesso causale e nelle conseguenti tutele da apprestare ai lavoratori colpiti, quindi materia di ricerca ne abbiamo.
Oltre a questi temi, per concludere, c’è anche la necessità, che ribadiamo ormai tanti anni, di estendere la cultura della prevenzione, di valorizzare (…) gli incentivi alle imprese che rispettano gli obblighi della sicurezza. L’Inail da questo punto di vista ha fatto e dovrà sicuramente impegnarsi maggiormente, perché io credo che il core business dell’Istituto sia, appunto, la prevenzione e la ricerca.
Quindi da un punto di vista della prevenzione, nonostante il fatto che la nostra normativa sia sicuramente tra le più puntuali ed evolute che esistono, mancano ancora quei tasselli che abbiamo ricordato. Mi pare che l’evidenza sia chiara a tutti e abbiamo cercato di svolgerla nel corso di questa intervista.
Quindi andiamo avanti, ovviamente non si tratta di abbassare la guardia; studiare molto, trattare molto, legiferare non in abbondanza ma in qualità, credo che possa aiutarci a raggiungere qualche traguardo migliore.
Insomma, monitoriamo attentamente la situazione.
— fine della seconda e ultima parte dell’intervista —
Link alla prima parte dell’intervista.
Fonti: Puntosicuro.it