La seconda parte di alcune considerazioni sulla sicurezza e sul documento di valutazione dei rischi per chi guida mezzi aziendali stradali. Cellulare, alcool, medico competente e valutazione dei rischi. A cura di Alessandro Mazzeranghi.

Per migliorare la valutazione dei rischi e la prevenzione degli infortuni dei lavoratori alla guida di veicoli aziendali nelle scorse settimane abbiamo pubblicato la prima parte di un contributo di Alessandro Mazzeranghi dal titolo “ Sicurezza: il DVR per chi guida mezzi aziendali stradali”.

Nella prima parte l’autore ha affrontato il tema degli incidenti stradali e si è soffermato su vari aspetti (la normativa vigente, le responsabilità, …) e sui fattori “chiave” per la valutazione dei rischi.

In questa seconda parte, che pubblichiamo oggi,  vengono analizzati alcuni fattori di rischio, come l’uso del cellulare in auto o il consumo di alcool, e viene presentato il ruolo del medico competente e i vari elementi che compongono una valutazione del rischio.


Link alla prima parte dell’articolo. 

Sicurezza: il DVR per chi guida mezzi aziendali stradali  (seconda parte)

Un caso abbastanza discusso: l’uso del cellulare alla guida

È evidente che ogni motivo di distrazione del driver può essere causa scatenante per un incidente stradale. Questa distrazione può derivare da uno stato di forte preoccupazione personale, da una discussione con i passeggeri e anche dall’uso del cellulare. Un tempo un amico mi disse che la musica a troppo alto volume poteva essere causa di distrazione. In generale possono esistere molte azioni del driver che portano ad una ridotta attenzione rispetto al proprio compito principale.

La questione del cellulare presenta però alcuni fattori aggravanti che lo stesso codice della strada individua: tenere in mano il telefono per conversare senza usare vivavoce o auricolari (sui secondi avrei qualcosa da ridire perché comunque riducono significativamente la capacità auditiva, almeno su certe frequenze); comporre un numero sul tastierino con vettura in moto distogliendo gli occhi dalla strada … ma in realtà è lo stesso fatto di conversare al cellulare che è fonte di distrazione, ben maggiore di quella derivante da un dialogo con un passeggero. Non è una asserzione mia ma è dimostrato da studi di origine prevalentemente anglosassone e nord europea.

Allora? L’uso del cellulare, pur nel rispetto del codice della strada, ed utilizzando tutti i sistemi più moderni per ridurre quasi a zero la componente di distrazione visiva, è comunque una delle possibili cause profonde degli incidenti. Quindi … andrebbe totalmente vietato: prima di accendere il motore spegni il cellulare! Motto adottato da una multinazionale a livello global col motto MOMO (motor on mobile off). Permettetemi, mi viene un po’ da ridere, e per diversi motivi:

  • Un addetto commerciale che ha in carico la vendita di prodotti presso la GDO (vogliamo dire detersivi per la casa?) viaggia in macchina qualche ora al giorno: ci possiamo aspettare che in quelle ore, e per motivi strettamente di lavoro, non intrattenga conversazioni telefoniche con clienti o colleghi?
  • E parallelamente: come si può vigilare su una questione del genere senza infrangere la privacy? Lo potrebbe fare legittimamente solo un passeggero del medesimo veicolo.
  • Infine: come coniugare la spinta al risultato (volumi venduti) con la riduzione dei mezzi utili e talvolta indispensabili per tale risultato?

Alla fine allo stato dei fatti mi pare un “male necessario” di cui si dovrà tenere conto adeguatamente nella valutazione dei rischi.

Altro tema delicato per alcune categorie di driver: l’alcool

Ci sono abusi patologici derivanti dal driver su cui dovremmo già acquisire dal medico competente delle indicazioni di non idoneità; così come dovremmo riceverle in caso di uso necessario di farmaci che riducono gravemente la attenzione alla guida ecc.

Però ci sono situazioni occasionali difficili da gestire e che, in qualche modo, pur essendo originate da comportamenti vietati, restano pur sempre prevedibili. Un tempo i camionisti prendevano tutti, almeno nel Nord Italia, il caffè corretto quando si fermavano a un grill. Lo stesso i netturbini che fanno la raccolta porta a porta in località fredde (questo è un fatto diffuso anche oggi). Queste persone non hanno sintomi che rendono manifesto un problema di alcol, caso mai bevono pochissimo ma proprio nei momenti sbagliati; quindi il medico competente e l’azienda possono solo svolgere un ruolo educativo e affidarsi alla vigilanza.

Ma la questione non vale per le sole categorie indicate: se un venditore invita a pranzo un cliente …e tanti altri casi simili.

E per la verità anche un eccesso (piccolo eccesso) di cibo può creare sonnolenza anche senza consumo di alcol.

Rientriamo ancora nelle concause legate a comportamenti chiaramente vietati ma prevedibili e non controllabili.

Il ruolo del medico competente

Ricorderete le polemiche sulla questione della verifica “alcol e droga” per certe categorie di lavoratori quali i conduttori di carrelli elevatori; che poi nella realtà era alcol, droga e farmaci. Fra l’altro talvolta terribilmente imbarazzante per gli interessati. Ma lì c’erano delle precise prescrizioni di legge e non si scappava.

Ma quello di cui parlo in questo articolo è un tema più sfumato: sino ad ora ho parlato di driver che usano il mezzo per lavoro in modo intensivo. Per loro la guida del veicolo rientra nella mansione e si spera che il medico ne tenga debito conto nella predisposizione del protocollo sanitario e nella emissione delle idoneità; fra l’altro potrebbero esserci non idoneità all’uso continuativo del mezzo, per esempio per chi è soggetto a problemi alla schiena, cose che sono importanti ma esulano completamente dal tema di questo articolo.

Tornando al giudizio di idoneità: per chi guida sistematicamente un mezzo stradale gli elementi rilevanti sono davvero tanti e non pretendo di conoscerli tutti; non sono un medico come non è un medico (quasi mai) il datore di lavoro. Quindi? Dobbiamo stare attenti a dare al medico una descrizione della mansione del lavoratore che sia quanto più possibile precisa e comprensibile: da lì tocca a lui in scienza e coscienza eseguire tutte le verifiche del caso e darci una risposta, idoneità, inidoneità o limitazione.

Gli elementi della valutazione dei rischi

Quindi per effettuare la valutazione dei rischi partiamo dal presupposto di avere tutti driver idonei sotto il profilo medico, e anche senza limitazioni (quelli li dovremo gestire singolarmente).

Elenchiamo dunque con ordine gli elementi della valutazione:

  • Driver (sotto il profilo comportamentale “medio”, l’esperienza, la formazione …)
  • Veicolo (anche qui veicolo “medio”)
  • “Missione” (naturalmente la media generale per quella categoria di driver: lunghezza e ore di guida e tipo di lavoro quando non è alla guida)
  • Percorso (pericolosità della strada, eventuali situazioni stagionali) naturalmente considerando la media della zona ove normalmente opera quella famiglia di driver

Ad ognuno di questi elementi corrispondono una serie di fattori di cui tenere conto, anche senza pesarli o tracciarli: il rischio sarà l’esito di una sorta di moltiplicazione dei quattro fattori indicati cui dunque andrà attribuito un livello secondo una scala predefinita. Il peso dei quattro elementi citati NON sarà omogeneo.

La GRAVITA’ che non ho citato sarà un valore medio fisso in funzione della tipologia di veicolo dato che i sistemi di protezione passivi sono più o meno gli stessi all’interno di una famiglia di veicoli: camion, auto, moto, motorini, biciclette, monopattini (!) ecc. La formula può essere costituita su questi numeri: numero di incidenti dichiarati, numero di persone coinvolte, numero totale di morti, numero totale di invalidi, numero di ricoverati.

Driver

Fattori di cui tenere conto (sempre valori medi per gruppi omogenei):

  • Tipo di mansione (a parte la questione guida)
  • Età (suddividerei sino a 30; 30 – 50; oltre 50 anni)
  • Formazione (corsi guida sicura e guida difensiva, ripetizione periodica dei corsi)
  • Anni di esperienza (da quanti anni ha la patente: meno di 5; oltre 5)
  • Eventuali limitazioni sulla patente (guida con lenti ecc.)
  • Eventuali sanzioni gravi subite (sospensione della patente)
  • Numero di contravvenzioni subite col mezzo aziendale (eviterei di fare troppe distinzioni sui motivi perché comunque il numero è già un buon indice della propensione della persona verso le regole).

Ora la domanda è la seguente: in una scala da 1 a 10 (1 bene, 10 male) quale intervallo di valori viene spostato dal driver? Io direi da 3 a 8, ovviamente è una opinione personale. Meno di 3 mi pare difficile perché qualche altro aspetto (medico competente?) avrebbe già intercettato il problema, il driver perfetto non esiste (quindi non più di 8)

Quindi – DRIVER (D) – intervallo 3 – 8

Veicolo

Anche qui i fattori che influenzano il giudizio sono diversi:

  • Tipo di veicolo (corrispondente grossomodo con il tipo di patente richiesto per quel genere di veicolo: A, B, C presumendo una maggiore pericolosità complessiva per A e C)
  • Se pertinente: classe delle autovetture
  • Età del veicolo
  • Km percorsi
  • Dotazioni di sicurezza ADAS
  • Regolarità della manutenzione
  • Incidenti
  • Guasti gravi

Dobbiamo presupporre che il driver faccia corretto uso di tutti i sistemi di sicurezza passivi.

VEICOLO (V) – intervallo 0 (da buttare) – 9 specie (autovetture di classe almeno C quasi nuove col massimo di ADAS

Missione

La missione corrisponde in certa misura col modo in cui il lavoratore svolge la propria mansione. Naturalmente per gli aspetti che possono avere qualche impatto sulla sicurezza alla guida affermerei due cose: un lavoratore fisicamente provato o innaturalmente stanco non sarà certo un ottimo driver. Ma il lavoratore non sceglie cosa fare della sua giornata ma ha un compito assegnato da altri che a loro volta possono avere vincoli che li spingono a “esagerare”. È chiaro che, se per un singolo giorno accade una situazione anomala, la questione dal punto di vista della sicurezza della organizzazione ha poco significato, ma chi comanda deve essere ben cosciente che chiede al suo sottoposto di esporsi a un livello di rischio che esorbita quello abituale: sarà il caso di avvertire anche il driver che sicuramente lo capisca da solo, ma a scanso di equivoci.

Vediamo quindi quali fattori possiamo considerare:

  • Orario di lavoro stabilito per contratto (ricordo che quello nazionale può essere ri contrattato fra aziende e sindacati sia per settore che per singola azienda, ovviamente entro limiti stabiliti)
  • Numero di ore alla guida (media giornaliera)
  • Numero medio di km percorsi giornalmente
  • Numero medio di ore lavorate non alla guida
  • Eventuali fattori peggiorativi (prevalenza di guida notturna)

Con queste informazioni si potrebbe cercare di imbastire un ragionamento anche sulle velocità medie, un pochino impreciso ma comunque indicativo della organizzazione aziendale, e anche della ottimizzazione dei costi totalmente non produttivi (dove i parametri non siano imposti dal cliente).

MISSIONE (M) – intervallo 0 (mission impossible) – 9

Percorso

È noto che a seconda del tipo di strada gli incidenti e le relative conseguenze variano; consideriamo tre grandi famiglie: strade urbane, strade extra urbane e autostrade. È abbastanza vero che le statali normalmente godono di migliore manutenzione delle provinciali ecc., ma non mi spingerei a tanto dettaglio. Comunque ragionerei così: considererei delle zone associate ad un certo gruppo di driver. E per ognuna di queste considererei:

  • Tipologia di strade
  • Stato di manutenzione medio delle strade
  • Eventuale esposizione a fenomeni naturali che impattano sulla sicurezza (neve, ghiaccio, frane frequenti …)
  • Numero di incidenti medio per anno e per km sulle strade di quella zona
  • Forse andrei a considerare anche il numero di incidenti mortali ma qui, a mio avviso, se la zona è piccola il dato rischia di essere davvero poco significativo; diciamo che vale sono per zone che corrispondono almeno ad una regione.

Ovviamente ci sono casi particolari di zone: se un mio gruppo si muove in auto esclusivamente a Milano, Monza e hinterland mentre un altro, che segue un prodotto diverso, si muove su tutta la Lombardia direi che le situazioni si possono difficilmente ritenere omogenee.

PERCORSO (P) – intervallo 1 – 7

L’ampiezza del problema per l’azienda

Le distinzioni piuttosto accurate che ho appena fatto hanno senso per una azienda che ha parecchi driver del tipo da me indicato. Esistono aziende grandi che quindi hanno forze vendite imponenti che coprono tutto il territorio nazionale, ma esistono anche ditte che fanno service e manutenzione presso clienti dove a inizio e fine turno troviamo presenti, caso mai, 80 persone, dopo mezz’ora, caso mai, ne restano 6, mentre tutti gli altri sono “fuori da clienti”.

Se il numero di driver è basso, consiglio caldamente di fare la valutazione ma semplificandola al massimo.

Una idea di formula

Io proporrei:

RISCHIO = (D+V+M+P)*G

Ora uso questa, ma con questa formula non mi sento tanto confidente.

Di nuovo: l’obiettivo

  • Assolvere un obbligo di legge
  • Ragionare su un tema assai sottovalutato

– fine della seconda e ultima parte –

Fonti: Puntosicuro.it, Alessandro Mazzeranghi