Come assicurare la sicurezza nei cantieri edili? Come cambia la formazione? Quali sono le conseguenze del silenzio del sistema istituzionale del Testo Unico? Ne parliamo con l’Ing. Marco Masi, coordinatore gruppo di lavoro sicurezza appalti di Itaca.

In questa situazione emergenziale che ha raggiunto soglie inattese e che rischia di avere un pesante impatto negativo su tanti aspetti che riguardano il mondo del lavoro, anche in materia di salute e sicurezza, è necessario fare qualche riflessione sui cambiamenti in corso, sulle criticità o sugli insegnamenti che questa emergenza porta con sé.

Il nostro giornale ha raccolto, in queste settimane diversi materiali e contributi, ad esempio con riferimento al breve saggio del Prof. Paolo Pascucci o all’intervista all’Avv. Maria Giovannone che offrono utili spunti per comprendere le criticità dell’attuale gestione dell’emergenza COVID-19 e le conseguenze future in ambito lavorativo,

È, infatti, necessario rilevare sì le criticità, le divergenze, ma anche andare oltre cercando di capire cosa è mancato oggi, ai tempi del nuovo coronavirus, per distinguere cosa non dovrà mancare domani.

Per cercare di continuare questo lavoro di riflessione e approfondimento abbiamo intervistato l’Ing. Marco Masi, coordinatore del Gruppo di Lavoro “Sicurezza Appalti” in ITACA, l’Istituto per l’innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale, nonché dirigente della Regione Toscana ed ex coordinatore del Coordinamento Tecnico delle Regioni e Province Autonome. Marco Masi che, come ricordato anche in precedenti interviste del giornale, è stato anche, in passato, tra i promotori in Toscana di importanti e validi progetti di formazione a distanza.

Partendo da queste competenze e conoscenze non potevamo che soffermarci con l’Ing. Marco Masi, su due temi in particolare: la sicurezza nei cantieri e i cambiamenti in materia di formazione. Tuttavia un aspetto che emerge forte dalla sua intervista è il “silenzio da parte del Sistema Istituzionale, in particolare del Comitato ex art. 5 e del coordinamento delle Regioni e Province autonome, che facilita il proliferare di indicazioni incoerenti a volte provenienti dalle Regioni stesse”. Quello che è venuto a mancare, pur delineato nel Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, è quel sistema istituzionale che prevede equilibrio di poteri e competenze e che “evidentemente è venuto a mancare proprio nel momento in cui ce ne sarebbe stato maggior bisogno”.

Questi gli argomenti affrontati nell’articolo:

Il silenzio del sistema istituzionale durante l’emergenza

Prima di entrare nel dettaglio dei due temi principali della nostra intervista, relativi alla situazione dei cantieri e alla formazione, vorrei conoscere il suo parere sulle conseguenze dell’emergenza COVID-19 sul mondo della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Non trova che in questa difficile situazione si assista anche ad una carenza di indicazioni univoche e chiare su come datori di lavoro, operatori e lavoratori debbano comportarsi per tutelarsi dal rischio?

Marco Masi: Ha ragione. In questi giorni così drammatici per il nostro Paese, assisto con una certa “curiosità” al vivace dibattito che sta coinvolgendo studiosi ed operatori della sicurezza su allegati, integrazioni, aggiornamenti della valutazione del rischio.

Come sa, ho avuto l’onore di partecipare ai lavori del D.lgs 81/08 in qualità di coordinatore del Comitato Tecnico Interregionale Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro nell’ambito della Conferenza delle Regioni e Province Autonome, quindi conosco come soprattutto il Titolo I sia stato il frutto di riflessioni, confronti ed approfondimenti.

L’articolo 28 ha ripreso ed ampliato le previsioni dell’articolo 4 del d.lgs. 626/94, articolo già oggetto di modifica a seguito della condanna da parte della Corte di Giustizia Europea proprio per non aver chiaramente indicato che il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza. Inoltre, l’articolo 3, comma 1, in maniera chiara prevede “il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di attività, pubblici e privati, e a tutte le tipologie di rischio”, dunque non ai soli rischi individuati nei Titoli successivi al primo.

Mi dispiace dirlo ma quello che dovrebbe essere chiarissimo diventa incerto anche a causa del silenzio da parte del Sistema Istituzionale, in particolare del Comitato ex art. 5 e del coordinamento delle Regioni e Province autonome, che facilita il proliferare di indicazioni incoerenti a volte provenienti dalle Regioni stesse.

Inoltre, in momenti così difficili per il sistema produttivo e per tutti i lavoratori, sarebbe stato estremamente utile avere a disposizione il Sistema Informativo Nazionale Prevenzione – SINP, la cui disciplina e operatività è stata rinviata troppe volte dall’entrata in vigore del d.lgs. 81/08.

L’emergenza COVID e la sicurezza nei cantieri edili

Partiamo dai cantieri. Qual è la situazione attuale nei cantieri autorizzati a continuare le attività dal DPCM 22 marzo 2020? Quali le criticità? Come garantire ai lavoratori una adeguata tutela? Come affrontare in questi luoghi le analisi dei rischi, i POS e PSC in tempi di coronavirus?

M.M.: Come è noto il DPCM 1° aprile 2020 ha prorogato al 13 aprile le disposizioni del DPCM 22 marzo 2020, prevedendo, tra le altre misure, la sospensione di tutte le attività non incluse nell’allegato 1 del DPCM 22 marzo 2020.

Il recentissimo DPCM del 10 aprile u.s. consente la ripresa di alcune attività, incluse le opere di ingegneria civile, ad esclusione di quelle rientranti nei codici ATECO 42.99.09 e 42.99.10 (42.99.01?).

Notizia recentissima è che la Spagna ha dato inizio alla c.d. Fase 2 con la riapertura anche di attività non essenziali come cantieri, fabbriche ed uffici.

La tutela dei lavoratori impone sicuramente una modifica sostanziale delle procedure di lavoro, tale da assicurare un luogo idoneo per la consumazione dei pasti, in considerazione della chiusura di bar e ristoranti, la sanificazione degli ambienti e dei servizi igienici e non la semplice pulizia, il contingentamento dell’accesso dei lavoratori ai locali adibiti a servizi, l’integrazione degli ordinari dispositivi di protezione individuali con quelli anti COVID.

Tutte misure che devono coinvolgere anche il committente, attraverso i coordinatori per la sicurezza, in particolare il coordinatore in fase di esecuzione che dovrà operare in stretta sinergia con la direzione lavori.

Per quei cantieri che dovranno riprendere l’attività, vi sarà l’obbligo del committente/ responsabile dei lavori di richiedere al CSE l’aggiornamento del PSC, al quale si adegueranno le imprese esecutrici (attraverso i loro Piani operativi – POS) e i lavoratori autonomi, laddove il POS non è altro che il documento di valutazione dei rischi per lo specifico cantiere.

Voglio ricordare che tra gli obblighi del coordinatore per l’esecuzione, elencati all’art. 92, rientrano, tra gli altri:

  • la verifica dell’idoneità dei POS, elaborati dalle imprese impegnate nei lavori, da considerare come piano complementare di dettaglio del PSC, assicurandone la coerenza con questo;
  • l’adeguamento del PSC e del fascicolo in relazione all’evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere;
  • organizzare tra i datori di lavoro, compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione e il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione.

Ritengo utile, infine, sottolineare che la modifica del PSC, e dei conseguenti relativi costi per la sicurezza, rientra tra le modifiche che vanno formalmente approvate dal committente. In particolare, per i lavori pubblici vale quanto indicato nell’art. 107 del D.lgs 18 aprile 2016, n. 50 – Codice dei contratti pubblici – rientrando questa situazione nella fattispecie delle circostanze speciali, ovvero di forza maggiore, per cui è legittimata la sospensione del cantiere e la successiva variante di adeguamento, a cura del RUP, ovvero del responsabile dei lavori ai sensi del titolo IV del d.lgs 81/08.

In generale, risulta quanto mai opportuno un forte richiamo alla responsabilità di tutti i lavoratori sul rispetto delle nuove regole, a cominciare dalla necessità di informare tempestivamente il datore di lavoro della insorgenza di qualsiasi sintomo influenzale la cui origine, vale la pena ricordarlo vista l’enorme diffusione del contagio, difficilmente può essere associata con certezza all’attività lavorativa svolta. Medesima attenzione andrà richiesta ai tanti lavoratori autonomi che si troveranno ad operare in cantieri anche di piccole dimensioni.

Qual è la sua opinione del protocollo di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri edili, a disposizione dal 20 marzo sul sito istituzionale del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti?

 

M.M.: Il documento rappresenta sicuramente una prima risposta alla difficile problematica che coinvolge il cantiere, luogo di lavoro “atipico”, soggetto all’evoluzione delle varie e numerose fasi costruttive e alle tecniche adottate nonché alle dinamiche spazio-temporali ma andrà progressivamente adeguato e contestualizzato rispetto all’evoluzione del quadro epidemiologico, quindi in stretta collaborazione con i Ministeri della Salute e del Lavoro, nell’ottica della più ampia sinergia istituzionale.

L’evoluzione della formazione e la valutazione dei rischi

Veniamo a parlare di formazione alla sicurezza in relazione all’emergenza COVID-19. La Conferenza Stato Regioni nei giorni scorsi, riguardo alla formazione professionale (non in materia di salute e sicurezza) ha fatto una deroga ai previsti limiti all’utilizzo dell’eLearning, mentre la Regione Veneto ha indicato – sempre in relazione all’emergenza COVID – che la videoconferenza a distanza può essere equiparabile alla formazione in presenza. Come sta cambiando la formazione e come cambierà dopo questa emergenza la considerazione della formazione a distanza?

M.M.: L’emergenza che stiamo vivendo induce sicuramente a presidiare con attenzione il grande tema della formazione e a potenziare l’attività di sostegno ed assistenza ai lavoratori e alle imprese, attraverso la predisposizione di adeguati strumenti tecnologici, soprattutto per le unità produttive più piccole, a cura dei soggetti pubblici in collaborazione con gli enti di riferimento.

Le linee guida approvate dalla Conferenza delle Regioni e province autonome, in deroga alle disposizioni delle precedenti linee guida del 25 luglio 2019, estendono il ricorso alla modalità FAD/e-learning al 100% del monte ore relativo alla formazione teorica.

La situazione emergenziale ci sta costringendo a sperimentare nuove modalità interattive, che andrebbero implementate ed organizzate anche nel futuro.

La formazione in video-presenza, una volta sperimentata e strutturata, potrebbe rappresentare la modalità ordinaria di erogazione della formazione, con un sensibile abbattimento dei costi per personale docente e discente.

Un punto sul quale porre particolare attenzione sarà la verifica dell’apprendimento ma non vedo particolari criticità anche in modalità “remota”.

In questo contesto, un ruolo importante potrebbe essere attribuito al mondo della bilateralità, magari con il supporto dell’INAIL.

Concluderei con una domanda che riguarda invece un tema generale che è spinoso oggi e lo sarà ancor più domani quando terminerà l’emergenza. Cosa crede debba cambiare o come dovrà evolversi in un futuro il coordinamento delle Regioni di fronte ad emergenze, a pandemie che travalicano i confini regionali (e nazionali) e hanno la necessità di soluzioni che, per essere efficaci, devono essere anche comuni e condivise?

M.M.: Parto da alcuni esempi. Nello scorso mese di marzo, la Regione Veneto ha dato indicazioni operative per la tutela della salute negli ambienti di lavoro non sanitari secondo le quali non si ritiene giustificato l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi in relazione al rischio associato all’infezione da SARS-CoV-2. Il 9 aprile, la Regione Toscana ha preannunciato l’apertura di un tavolo specifico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro con le Parti sociali per definire linee guida sulle misure di prevenzione per la riapertura delle aziende, precisando che dovranno essere recepite nei nuovi documenti aggiornati di valutazione dei rischi che le imprese saranno chiamate a elaborare in base all’emergenza Covid-19.

È evidente come posizioni così discordanti non siano di aiuto né ai datori di lavoro né ai lavoratori i quali, oltre a combattere una crisi economica senza precedenti, si trovano totalmente privi di indicazioni coerenti a livello nazionale con conseguenze imprevedibili.

Ripeto, il decreto 81 del 2008 ha delineato un sistema istituzionale che prevede equilibrio di poteri e competenze, in piena coerenza con i principi costituzionali, un sistema che evidentemente è venuto a mancare proprio nel momento in cui ce ne sarebbe stato maggior bisogno, soprattutto in previsione dell’obiettivo dichiarato dal Governo di dare avvio, a partire dal 4 maggio 2020, della cosiddetta «fase 2», ovvero della auspicata ripresa delle attività.  

Scarica la normativa di riferimento:

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 10 aprile 2020 – Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale.

DECRETO-LEGGE 25 marzo 2020, n. 19 – Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19.

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 marzo 2020 – Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale.

Fonti: Puntosicuro.it, Gazzetta ufficiale