Una nota di Confindustria si sofferma sulle novità apportate dalla legge di conversione 215/2021 alle modifiche del D.Lgs. 81/2008 operate dal DL 146/2021. Le novità per la sospensione dell’attività imprenditoriale e sugli obblighi preposto.
Dopo i tanti articoli e le interviste dedicate a caldo alle modifiche al D.Lgs. 81/2008 operate dal Capo III del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, torniamo ad affrontare le diverse novità in materia di salute e sicurezza raccogliendo nuovi contributi, sintesi e commenti, a volte differenziati nelle valutazioni espresse, per approfondire l’impatto di queste novità sul sistema sicurezza aziendale e sulla prevenzione di infortuni e malattie professionali.
Partiamo oggi da una posizione che, come avevamo già potuto constatare nell’intervista a Fabio Pontrandolfi (“ DL 146: un provvedimento denso di criticità e dubbi interpretativi”), aveva sollevato alcune criticità di questa mini Riforma del Testo Unico.
Stiamo parlando della posizione di Confindustria (Confederazione generale dell’industria italiana) che è raccolta in una Nota di aggiornamento del 12 gennaio 2022, dal titolo “Conversione in legge del Decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146. Profili di salute e sicurezza”. Una nota che indica come, in relazione alla “mancanza di un regime transitorio”, si imponga una “rapida valutazione” delle novità correlate a DL 146/2021 e alla legge n. 215 del 17 dicembre 2021, di conversione con modifiche, in “vista della loro attuazione”.
L’articolo di presentazione della Nota si sofferma sui seguenti argomenti:
- Le modifiche meno rilevanti e la sospensione dell’attività imprenditoriale
- Le novità della legge di conversione: il nuovo ruolo del preposto
- Gli obblighi del preposto e l’interpretazione giurisprudenziale
Le modifiche meno rilevanti e la sospensione dell’attività imprenditoriale
La Nota si sofferma in particolare sulle novità apportate, in materia di salute e sicurezza, dalla legge di conversione rispetto a quanto già indicato dal DL 146/2021.
Per questo motivo sono solo accennate le parti con modifiche nulle o meno rilevanti, ad esempio in relazione all’articolo 7 (comitati regionali di coordinamento), all’articolo 8 del Dlgs n. 81/2008 (funzionamento del SINP), all’articolo 13 (Vigilanza) e all’articolo 51 (Organismi paritetici). In questo ultimo caso è assegnato “un ruolo alle parti sociali comparativamente più rappresentative nella definizione del repertorio degli organismi paritetici, introdotto dal DL 146/2021 e da tempo richiesto dalle parti sociali”.
Il documento si sofferma invece più a fondo sull’articolo 14 (Provvedimenti degli organi di vigilanza per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori) del Dlgs n. 81/2008.
Si indica che il DL 146/2021 ha complessivamente riscritto l’articolo 14 del Dlgs 81/2008 in tema di sospensione dell’attività imprenditoriale e nel corso dell’iter di conversione, il legislatore interviene con alcune modifiche. Alcuni interventi sono meramente lessicali, altri, invece, sono sostanziali:
- “estensione del concetto di lavoro irregolare alle ipotesi di impiego di soggetti ‘inquadrati come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richiesta dalla normativa’
- individuazione delle modalità della comunicazione preventiva all’INL per l’avvio dell’attività dei lavoratori autonomi occasionali, facendo riferimento alle modalità operative dell’art. 15 del Dlgs 81/2015
- estensione del divieto di contrattare, durante il periodo di sospensione, anche con le stazioni appaltanti come definite dal Dlgs 50/2016, art. 2
- previsione dell’obbligo di corrispondere la retribuzione e la contribuzione nel corso del periodo di sospensione. Si tratta, in ogni caso, di una precisazione ultronea in quanto appare evidente che la sospensione è imputabile all’omissione da parte del datore di lavoro
- modifica delle conseguenze dell’accoglimento del ricorso (da accoglimento ricorso a perdita di efficacia del provvedimento) dove la prima soluzione appariva retroattiva, mentre la seconda produrrebbe effetti dal momento della sua adozione”.
Inoltre si indica che l’allegato I all’art. 14 del Dlgs 81/2008, “che individua le ipotesi nelle quali viene adottata la sospensione, viene ulteriormente modificato, reintroducendo l’ipotesi eliminata in prima battuta e avente ad oggetto la ‘Mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione all’amianto’, sanzionato anche con una somma aggiuntiva pari a 3.000 euro”.
Le novità della legge di conversione: il nuovo ruolo del preposto
Veniamo alle modifiche al Dlgs 81/2008 non contenute nel DL 146/2021.
La Nota indica che “si tratta di elementi di particolare interesse, perché riguardano la figura e gli obblighi del preposto, che vengono resi notevolmente più stringenti (artt. 18, 19 e 26), la formazione (art. 37), dove, tra l’altro, si introduce l’obbligo formativo per il datore di lavoro e le sanzioni (che ora presidiano la nomina del preposto e la mancata formazione del datore di lavoro)”.
In particolare viene integrato l’articolo 18, comma 1, del Dlgs 81/2008 introducendo la lettera b-bis) relativa alla figura del preposto.
In particolare si introduce una “modifica inerente alla figura ed al ruolo del preposto, dalla lettura particolarmente complessa e notevolmente critica, se letta alla luce del sistema attualmente delineato dal Dlgs 81/2008 e dell’attuale interpretazione giurisprudenziale:
- A carico del datore di lavoro viene, in primo luogo, introdotto l’obbligo penalmente sanzionato di individuare formalmente il/i preposti
- Si rimette alla contrattazione la possibilità della previsione di un emolumento per lo svolgimento dell’attività di vigilanza”.
Si evidenzia poi che “viene ampliata e dettagliata l’attività dei preposti relativamente agli obblighi di vigilanza e la relativa formazione, i cui contenuti sono meglio illustrati nella successiva modifica relativa agli artt. 19 e 37 del Dlgs 81/2008”.
Secondo la nota l’obbligo di individuare il preposto ed il rafforzamento della sua azione di vigilanza “appare stravolgere l’evoluzione presente sia nella normativa comunitaria che nella giurisprudenza, e che è orientato verso la progressiva responsabilizzazione del lavoratore, collocata in un sistema della sicurezza incentrato sulla collaborazione. Sembra, dunque, che il legislatore ritenga insufficiente o inadeguato il modello comportamentale e, quindi, rafforzi lo strumento fondato sul controllo”.
La formalizzazione del ruolo del preposto – continua la Nota – “rischia, inoltre, di introdurre un modello di vigilanza fondato su di una sua presenza costante e puntuale, continua ed assidua in ciascun luogo di lavoro, il che – oltre a quanto detto sopra – comporterebbe il rischio di una eccessiva responsabilizzazione del preposto e di un impatto negativo sulla attuale logica del sistema organizzativo. Una simile interpretazione è quindi da escludere in radice. Ancora, la previsione di un compenso rischia che tale attività o incarico possano ritenersi professionalizzati, mentre il preposto, per definizione, è già oggi un lavoratore che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”.
Gli obblighi del preposto e l’interpretazione giurisprudenziale
Si indica poi che viene integrato l’articolo 19, comma 1, del Dlgs n. 81/2008 rinforzando e precisando i contenuti degli obblighi del preposto.
Si ricorda che se secondo l’attuale impianto normativo (art. 19 Dlgs 81/2008), il compito del preposto “è sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione”, la norma introduce tre nuovi obblighi.
Tre nuovi obblighi che rendono l’azione del preposto “notevolmente più incisiva rispetto al verificarsi concreto di condizioni di insicurezza, riferite sia ad aspetti comportamentali dei lavoratori sia alla idoneità dei mezzi e delle attrezzature”:
- “il preposto deve intervenire per modificare il comportamento non conforme, fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza in caso di rilevazione di non conformità comportamentali in ordine alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale
- in caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza della inosservanza, il preposto deve interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti
- in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate”.
Dunque l’odierno intervento del legislatore “rende ancora più incisivo e pregnante il compito del preposto e va correlato con le successive previsioni inerenti alla comunicazione dei nominativi dei preposti in sede di collaborazione negli appalti (modifiche all’art. 26) e alla specificazione delle modalità formative (modifiche all’art. 37)”.
Tuttavia l’attribuzione di questo nuovo ruolo “appare porsi in linea di conflitto con quella giurisprudenza secondo la quale ‘non vale ad esentare da responsabilità il datore di lavoro e il responsabile della sicurezza la presenza di un preposto. In tema di prevenzione infortuni sul lavoro il datore di lavoro, infatti, deve controllare che il preposto, nell’esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli; ne consegue che, qualora nell’esercizio dell’attività lavorativa si instauri, con il consenso del preposto, una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche’”.
E altra parte della giurisprudenza ritiene che ‘il datore di lavoro può assolvere all’obbligo di vigilare sull’osservanza delle misure di prevenzione adottate attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza da parte sua delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione scelte a seguito della valutazione dei rischi’ (Cass., 22271/2021). La conseguenza sarebbe quella di riaffermare – questa volta, per via normativa – il principio secondo il quale ‘ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo’.
L’ulteriore conseguenza – “evidenziata di recente dalla giurisprudenza (Cass. 37564/2021)” – è che, “in presenza di una valida indicazione, gli obblighi di vigilanza sui singoli lavoratori spettano esclusivamente sul preposto (con richiamo anche alla previsione dell’art. 18, comma 3bis, del Dlgs 81/2008) escludendo che datore di lavoro e preposto abbiano lo stesso obbligo di vigilanza. Al datore di lavoro spetterebbe, quindi, l’esclusiva alta vigilanza sulla complessiva gestione aziendale, che comprende il generale e differente dovere di ‘richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione’ (art. 18, comma 1, lett. f) del Dlgs 81/2008)”.
Se questa sarà – conclude la Nota in merito agli obblighi del preposto – l’interpretazione giurisprudenziale, “nel senso di distinguere la vigilanza comportamentale (affidata al preposto) dall’alta vigilanza (affidata al datore di lavoro), si porranno le basi per la rivisitazione della attuale responsabilità di posizione impropriamente attribuita al datore di lavoro dalla giurisprudenza, valorizzando la previsione dell’art. 18, comma 3bis del Dlgs 81/2008 e la parte della giurisprudenza che valorizza la distinzione delle sfere di competenza e garanzia tra i diversi soggetti con posizioni di garanzia in materia di salute e sicurezza (e la conseguente distinzione delle responsabilità)”.
Rimandiamo alla lettura integrale della Nota (che riporta anche il testo normativo) e a futuri approfondimenti del nostro giornale in relazione alle altre indicazioni di Confindustria sugli aspetti innovativi della legge di conversione 215/2021, ad esempio con riferimento alle novità sulla formazione dei lavoratori, sull’obbligo formativo per i datori di lavoro e sulle sanzioni.
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Scarica la normativa di riferimento:
Legge 17 dicembre 2021, n. 215 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili.
Fonti:Confindustria, Puntosicuro, Normattiva, Gazzettaufficiale, cliclavoro