Sull’operato del preposto alla sicurezza deve vigilare il direttore tecnico del cantiere quando corrisponda anche al datore di lavoro. L’intervento della Cassazione

La Corte di Cassazione con la sentenza penale n. 22262/2021 interviene a chiarire responsabilità e rapporti tra il datore di lavoro e il preposto di cantiere delegato (nel caso specifico trattato dalla sentenza) a sovrintendere ai lavori e alla sicurezza: il datore di lavoro deve vigilare sul corretto operato del preposto e rimuoverlo se inadempiente.

Ricordiamo che, secondo il dlgs n. 81/2008, il preposto è la: “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa

Il caso

Durante alcuni lavori sulla copertura di uno stabilimento industriale un operaio decedeva a causa di una caduta dall’alto.

Successivamente, si accertava che, non solo i dispositivi di protezione in quota non erano in numero sufficiente per tutti i lavoratori impegnati, ma l’operaio infortunato non aveva adottato (volontariamente) le misure antinfortunistiche del caso, per cui la responsabilità di tale incidente veniva imputata al direttore tecnico del cantiere.

E’ da premettere che il direttore tecnico risultava contemporaneamente datore di lavoro, poiché lo stesso era stato investito dall’amministratore dell’azienda (per cui lavorava) in qualità di procuratore con delega per la sicurezza sul lavoro.

Il direttore tecnico veniva, così, condannato dalla Corte d’Appello in qualità di datore di lavoro, per cui quest’ultimo decideva di fare ricorso in Cassazione.

Gli argomenti della difesa erano sostenuti dalle seguenti motivazioni:

  • l’imprudenza dell’operaio infortunato che non aveva adottato i dispositivi di sicurezza;
  • la responsabilità unica del preposto, delegato a sovrintendere ai lavori e alla sicurezza, sul corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale;
  • l’assenza dal cantiere del direttore tecnico/datore di lavoro nel giorno dell’incidente.

Il giudizio della Corte di Cassazione

Gli ermellini sono d’accordo con il giudizio della Corte d’Appello: il ricorrente in qualità di datore di lavoro aveva l’obbligo non solo di assicurarsi che fossero predisposti un numero adeguato dei dispositivi per il numero di lavoratori in quota, ma anche di accertarsi che i lavori rispettassero le misura di sicurezza e che il preposto svolgesse correttamente il suo incarico di controllo in materia di sicurezza.

Per i giudici è del tutto irrilevante il dato contingente dell’assenza del ricorrente dal cantiere nel giorno dell’incidente, poiché già in passato il cantiere aveva evidenziato gravi criticità accertate dall’ASL sotto il profilo della sicurezza.

La Cassazione, premettendo che:

  • il ricorrente, in qualità direttore tecnico del cantiere e procuratore con delega per la sicurezza sul lavoro della società, è responsabile dell’organizzazione produttiva,
  • il preposto è incaricato di sovraintendere le attività e garantire le direttive del datore di lavoro, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori, tutte attività sulla cui correttezza il ricorrente aveva l’obbligo di vigilare,

osserva che il ricorrente non ha esercitato il dovuto controllo sul rispetto delle prescrizioni di sicurezza per il lavoro in quota né ha esercitato vigilanza e controllo sul preposto da lui stesso nominato e ha omesso di controllare la effettiva predisposizione di adeguati mezzi di protezione per i lavori in quota.

La Suprema Corte, in definitiva, spiega che secondo un principio consolidatamente affermato dalla medesima:

in tema di prevenzione infortuni sul lavoro il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell’esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli; ne consegue che, qualora nell’esercizio dell’attività lavorativa si instauri, con il consenso del preposto, una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche.

Insomma (a parere dei giudici) le omissioni del preposto alla sicurezza sono omissioni del ricorrente medesimo, infatti va anche ribadito che, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro,  l’imprenditore che, dopo l’avvenuta scelta della persona preposta al cantiere o incaricata dell’uso degli strumenti di lavoro, non controlla o, se privo di cognizioni tecniche, non fa controllare la rispondenza dei mezzi usati o delle attrezzature ai dettami delle norme antinfortunistiche, non adempie agli obblighi derivanti dalle norme di sicurezza.

In tal caso, infatti, la presenza e la eventuale colpa del preposto non eliminano la responsabilità dell’imprenditore potendosi ritenere che l’infortunio non sarebbe avvenuto se il datore di lavoro avesse controllato e fatto controllare le attrezzature, le macchine e predisposto i mezzi idonei a dotarle dei requisiti di sicurezza mancanti, conferendo al preposto non solo la generica delega a sorvegliare lo svolgimento del lavoro in cantiere ma anche dotandolo dei poteri di autonoma iniziativa (anche eventualmente di spesa o di modifica delle condizioni di lavoro, delle fasi e dei tempi del processo lavorativo) per l’adeguamento e l’uso, in condizioni di sicurezza, dei mezzi forniti.

Il ricorso non è, quindi, accolto.

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Fonti: BibLus-net,