Linee di indirizzo CNI sulla gestione dei rischi nelle attività in smart working: il rischio incendio e l’esposizione ai campi elettromagnetici. Gli addetti alla gestione delle emergenze, la prevenzione degli incendi e i sistemi wi-fi.
La diffusione del lavoro agile e del telelavoro, in relazione all’emergenza sanitaria COVID-19, ha avuto un impatto non indifferente su vari aspetti organizzativi, anche correlati alla prevenzione dei rischi e alle strategie di prevenzione.
Ad esempio riguardo alla gestione del rischio incendio la diffusione del lavoro agile può ridurre in quantità significativa il numero di personale addetto alla gestione delle emergenze. E il datore di lavoro dovrà riorganizzare le misure di prevenzione e protezione correlate a incendi ed emergenze.
Inoltre nelle attività in smart working come gestire il rischio derivante dai campi elettromagnetici (CEM) e legato, dunque, alla presenza di apparecchiature o impianti che emettono onde elettromagnetiche in determinati valori di azione?
Per rispondere a queste domande e fornire utili indicazioni per le aziende e per i lavoratori torniamo a parlare del documento CNI “ Linee di indirizzo per la gestione dei rischi in modalità smart working”, curato dall’Ing. Gaetano Fede (Consigliere CNI coordinatore GdL Sicurezza), dall’Ing. Stefano Bergagnin (GdL Sicurezza CNI) e del Gruppo Tematico Temporaneo “Smart working e lavori in solitudine”.
Riguardo alla gestione dei rischi la pubblicazione, che abbiamo presentato attraverso alcune interviste, si sofferma anche sul rischio incendio e il rischio CEM fornendo diverse soluzioni per le nuove realtà organizzative.
Questi gli argomenti trattati nell’articolo:
- Smart working: il problema della gestione delle emergenze
- Smart working: rischio incendio e accumulo delle batterie
- Smart working: esposizione a campi elettromagnetici
Smart working: il problema della gestione delle emergenze
Con riferimento alla gestione delle emergenze il documento indica che è consigliabile, laddove possibile, “organizzare l’eventuale turnazione del personale in smart working o comunque che opera a distanza, tenendo conto del fatto che sarà necessario garantire la presenza in continuità degli addetti designati alla gestione delle emergenze”.
Infatti se il modello organizzativo tradizionale deve prevedere un numero di incaricati debitamente proporzionale al contesto, “tenendo conto delle possibili assenze (es. malattie, ferie, ecc.), lo smart working introduce − all’atto pratico − una variante del ciclo produttivo che andrà accompagnata da un aggiornamento del modello stesso, mediante:
- l’informazione, la responsabilizzazione e la formazione del personale secondo una logica non compartimentale, bensì improntata ad una diffusa quanto sostanziale cultura della sicurezza;
- l’aggiornamento delle procedure operative secondo un modello flessibile (portato a rispondere in maniera ottimale anche nel caso di scenari imprevisti e/o di rischi generici non necessariamente associati al binomio incendio/primo soccorso) ma in riferimento a tutti i lavoratori;
- la conseguente integrazione del DVR e l’aggiornamento del piano di emergenza”.
Dunque la diffusione del lavoro agile “potrebbe ridurre in quantità significativa il numero di personale addetto alla gestione delle emergenze e pertanto il datore di lavoro, con l’ausilio del Servizio Prevenzione e Protezione, dovrà riorganizzare la gestione delle misure di prevenzione e protezione antincendio e delle emergenze”.
Smart working: rischio incendio e accumulo delle batterie
Riguardo poi al rischio incendio nasce la “necessità di verificare, prima di prendere in locazione spazi comuni, che anche presso gli ambienti condivisi come co-working siano effettivamente state prese in considerazione le misure di prevenzione e protezione antincendio necessarie, anche in base alle dimensioni dei locali interessati, del numero di lavoratori di cui è prevista la presenza, delle strumentazioni e dei materiali che ivi saranno condivisi”.
Verifiche che sono, invece, “difficilmente estendibili ai luoghi di lavoro privati utilizzati in piena libertà dal lavoratore in modalità smart working. In questo caso vanno trasmesse al lavoratore le informazioni utili alla prevenzione di situazioni di rischio presenti anche in locali privati”.
Benché lo smart working “sia associato, solitamente, ad un livello di rischio basso per quanto concerne l’evenienza di esplosione e/o incendio”, gli autori indicano che è comunque opportuno tenere presente alcune considerazioni cautelative come “ad esempio in merito alle batterie al litio e agli accumulatori utilizzati nell’alimentazione di molteplici varietà di dispositivi (es. notebook, tablet ecc.)”.
Infatti se gestite e stoccate correttamente (“evitare la vicinanza a fonti d’interferenza elettrica”, come il forno a microonde, oppure a fonti di calore diretto che potrebbero danneggiare i dispositivi) le “batterie agli ioni di litio garantiscono un utilizzo sicuro, ma − considerando la forte variabilità di contesto e, soprattutto, di formazione individuale che contraddistingue la modalità di lavoro agile e/o di telelavoro − non sono completamente da escludere pericoli legati all’incendio spontaneo e/o all’esplosione subitanea con rilascio di esalazioni gassose nocive. Le cause potrebbero infatti essere:
- il sovraccarico elettrico (durante la carica e la scarica);
- il surriscaldamento (sovraccarico termico dovuto a calore o fonti energetiche esterne, solitamente preceduto da un anomalo rigonfiamento della batteria);
- un urto violento (danneggiamento meccanico dell’involucro multistrato in combinazione con densità energetica elevata della batteria)”.
Si segnala che gli incendi dovuti alle batterie agli ioni di litio “vengono domati con difficoltà e il fuoco si estende velocemente, motivo per il quale è opportuno non tentare di gestire autonomamente l’emergenza e chiamare immediatamente i Vigili del Fuoco”. Ed è necessario che il lavoratore agile “venga opportunamente informato e formato anche in merito a questa tipologia di rischio”.
Smart working: esposizione a campi elettromagnetici
Infine ricordiamo che, riguardo all’esposizione a campi elettromagnetici (CEM), il D.Lgs. 81/2008 prescrive le misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’ esposizione a CEM (da 0 Hz a 300 GHz) durante il lavoro.
Il documento analizza il caso specifico dei potenziali rischi nello smart working.
Si segnala che lo smart worker è “a contatto con oggetti e attrezzature ‘giustificabili’”, dove per “giustificazione” si intende “quanto riportato dal legislatore nell’art.181, comma 3 del D.Lgs. 81/2008, ed essa pertanto è riconducibile a tutte quelle situazioni espositive per le quali non è necessario effettuare un approfondimento della valutazione, poiché si ritiene che non causino rischi considerati rilevanti per la salute. Queste ricomprendono computer ed attrezzature informatiche, impianto di wi-fi, attrezzature da ufficio, cellulari e cordless, apparecchiature audio video, sistemi di allarme, apparecchi elettrici a bassa potenza” (“l’elenco è ampio e in mutamento continuo”).
Gli autori e specificano, tra l’altro, che, per quanto riguarda l’impianto Wi-Fi per la connessione a internet in banda larga, “i sistemi Wi-Fi sono disciplinati da apposite normative internazionali” che ne regolano funzionamento e caratteristiche: “per l’Italia la normativa tecnica di riferimento è la ET S 300-382-2 che impone per i dispositivi Wi-Fi di non irradiare con una potenza superiore a 100 milliwatt”.
Si indica che il campo elettrico generato dagli impianti Wi-Fi “non è costante nel tempo, in quanto la sorgente Wi-Fi (access point) non emette in modo continuativo, ma varia in funzione del traffico dati da gestire (con un picco durante le operazioni di download dati da terminale)”.
E le evidenze disponibili – conclude il documento – “portano al momento a non considerare preoccupante l’esposizione ai campi elettromagnetici provocata da un impianto WiFi”. Tuttavia, per operare in sicurezza, “compito dello smart worker sarà verificare la rispondenza delle attrezzature utilizzate ai dettami riportati nelle normative relative agli standard C.EM. e la presenza del marchio CE, nel caso utilizzi propri strumenti. Se le attrezzature vengono invece fornite dall’azienda sarà compito del datore di lavoro e del RSPP effettuare tali verifiche prima di conferire in uso le stesse al lavoratore agile”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento che riporta ulteriori indicazioni sugli aspetti da tenere in considerazione per la valutazione dei rischi relativi all’esposizione a campi elettromagnetici.
Tiziano Menduto
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Scarica la normativa di riferimento:
Fonti: CNI, Gazzetta ufficiale, Puntosicuro.it