Le ultime novità legislative sembrano aver scoperto il ruolo del preposto formalizzando dei compiti che, in realtà, erano noti ed espletati dalla notte dei tempi, almeno nelle aziende con un minimo di organizzazione.
Come noto agli addetti ai lavori, la figura del “Preposto” all’interno dell’organizzazione aziendale è stata formalmente introdotta dai decreti presidenziali degli anni ’50.
Il D. Lgs. N. 81/2008, da ultimo, ha fornito la definizione di “Preposto” indicandone gli obblighi all’art. 19.
Le recenti modifiche apportate dalla Legge n° 215/2021 che ha convertito in legge il D. L. 146/2021, hanno modificato gli obblighi di questa figura indicati all’art. 19.
Per l’ennesima volta non si può non constatare che il nostro legislatore è ormai abituato a fare il solito minestrone inserendo in un provvedimento legislativo riguardante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”, anche i provvedimenti riguardanti la sicurezza sul lavoro.
A memoria, chi scrive, ricorda che questa prassi cominciò nel 1989 con il decreto di rifinanziamento dei cantieri di Italia ’90 dove fu introdotto un comma (in seguito della morte di 5 lavoratori caduti dall’alto durante la costruzione della copertura dello stadio La Favorita di Palermo), dove si imponeva a tutte le imprese operanti in questi cantieri, la redazione di un non meglio precisato “Piano di Igiene e Sicurezza” e mi ritrovai, in pochissimo tempo, a dover redigere questo documento per l’esecuzione di una grande opera, attingendo alle istruzioni sicurezza che avevo già elaborato per l’impresa in cui lavoravo allora.
Quindi, questa fu la prima conferma che in Italia, il sistema prevenzionale, era allora ed è tuttora, da “manutenzione a guasto” visto che si interviene solo dopo che eventi tragici impattano emozionalmente sulla pubblica opinione facendo sì che i politici, alla perenne ricerca del consenso, forniscano la solita risposta “tampone” che non sposta di un millimetro il problema verso una sua soluzione.
Anche con la Legge n° 215/2021, il copione è stato lo stesso: ad un aumento delle attività produttive post crisi da Covid19, sono aumentati gli infortuni sul lavoro e la risposta politica è stata la stessa. Insomma, nulla di diverso da quanto già avvenuto più di 30 anni fa.
Comunque, andando ad analizzare il provvedimento, limitatamente alla figura del preposto, la prima modifica la troviamo all’art. 18 comma 1 riguardante gli obblighi del datore di lavoro e del dirigente.
Qui è stata introdotta la lettera b-bis) che testualmente recita:
<<b-bis) individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo 19. I contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività>>.
Oggi, nel D. Lgs. n° 81/2008, il preposto viene definito come <<persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionaliadeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delledirettive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa>>.
L’art. 19 del D. Lgs. n° 81/2008 è stato modificato dalla L. n. 215/2021; la lettera a) del comma 1 dell’art. 19 è, oggi, il seguente:
<< a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di non conformità comportamentali in ordine alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza della inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti>>.
Al comma 1 dell’art. 19 è stata aggiunta la lettera f-bis) che testualmente recita:
<<f-bis) in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate>>.
Le novità riguardano anche l’art. 26 del D. Lgs. n° 81/2008 (Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione) dove è stato aggiunto il comma 8-bis:
<<8-bis. Nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, i datori di lavoro appaltatori e subappaltatori devono indicare espressamente al datore di lavoro committente il personale che svolge la funzione di preposto>>.
Infine, sempre riguardo il preposto, un’altra modifica la troviamo all’art. 37 dove è stato modificato il comma 7 ed aggiunto il comma 7-ter:
<< 7. Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo>>.
<<7-ter. Per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi>>.
Fatto l’elenco delle principali modifiche riguardanti la figura del preposto, analizziamo ciascuna di esse.
Art. 18 comma 1, lett. bbis) – Individuazione del preposto
Innanzi tutto, è opportuno evidenziare che il legislatore dove aveva ritenuto necessario si dovesse procedere all’esecuzione delle attività con la presenza del preposto, lo aveva specificatamente previsto nelle norme. Infatti, basta dare un’occhiata, ad esempio, agli artt. 123, 136, 145, 149 e 151 del Capo II del Titolo IV, in parte con contenuti già presenti nel D.P.R. n° 164/1956, del decreto per averne conferma.
Prima di analizzare i contenuti delle modifiche apportate, è necessario fare una premessa e provare a comprendere perché sia stato utilizzato il termine “individuare” e non, come fatto per RSPP, CSP, CSE, ecc., il termine “designare” o “nominare”.
Per comprendere il significato di “individuare” dobbiamo far ricorso al vocabolario della lingua italiana.
Sul vocabolario della Treccani il significato attribuito al verbo “individuare” è il seguente:
- <<Conferire a una realtà determinata il carattere che la distingue dalle altre>>;
- <<Determinare, indicare, o riconoscere con precisione>>.
Nello stesso vocabolario il significato di “nominare” è il seguente:
- <<Assegnare qualcuno a un ufficio, a una carica, a un grado, a una funzione, ecc., di solito seguendo un procedimento o una prassi ben definiti e nelle prescritte forme>>.
A sua volta, il significato di “designare” è il seguente:
- <<Indicare, proporre una persona per un determinato ufficio>>.
Dalla semplice disamina del significato attribuito ai tre termini, appare palese che il legislatore non ha compiuto un errore nell’utilizzo della parola “individuare” come paventato dai profeti dell’integralismi repressivo in pieno delirio onanistico ma ha, invece, voluto ben distinguere tra un obbligo di nomina del preposto tout court in tutte le realtà aziendali e l’individuazione formale di questi a fronte di una realtà organizzativa che è già caratterizzata dalla presenza di soggetti che, nello specifico contesto, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintendono alla attività lavorativa e garantiscono l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.
Se invece si facesse passare l’idea, propinata dai soliti profeti dell’integralismo repressivo che appestano il nostro settore, della nomina sistematica di un preposto, ci potremmo trovare nella situazione assurda dove, in un negozio di abbigliamento con un datore di lavoro e una commessa dipendente, sia necessario individuare prima e nominare dopo un preposto.
Insomma, va chiarito che se l’obiettivo è quello della vigilanza sull’operato dei lavoratori, questa può essere garantita dallo stesso datore di lavoro essendo presente in azienda. Ad esempio, se nel negozio di abbigliamento citato, le commesse fossero due, il discorso non cambia perché lo stesso datore di lavoro, essendo presente sul luogo di lavoro, è perfettamente in grado di esercitare una vigilanza sulle due collaboratrici.
Addirittura, anche se il datore di lavoro non fosse stabilmente presente in negozio, l’individuazione del preposto e poi la nomina avverrà se e solo se una delle due commesse, in concreto, eserciterà le funzioni come descritte nella definizione di preposto (art. 2 comma 1, lett. e) del D. Lgs. n° 81/2008) e non perché essendo in due, una delle due deve obbligatoriamente vigilare sull’altra.
Al di là di questa estremizzazione, se, ad esempio, in un’azienda industriale, ciò non avvenisse, e cioè se il datore di lavoro non potesse garantire la vigilanza direttamente, allora dovrà prima individuare nella sua organizzazione colui che, in concreto, esercita quanto indicato dall’art. 2 comma 1, lett. e) del decreto e poi formalmente nominarlo/designarlo.
Infatti, la stessa Cassazione Penale ha più volte ripetuto nelle sue pronunce che è la complessità dei processi aziendali che richiede la presenza dei preposti per coadiuvare il datore di lavoro.
Quindi, l’obiettivo del legislatore è quello di evitare che nelle aziende poco strutturate ed organizzate ci siano soggetti che espletino, di fatto, le funzioni di preposto spesso senza essere consci dei loro doveri (e diritti).
L’individuazione e la successiva formale nomina formale, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe produrre una maggiore consapevolezza del proprio ruolo nei soggetti citati (sull’argomento vedasi anche un mio precedente contributo “ Il ruolo del preposto nella sicurezza sul lavoro”).
In conclusione, va anche detto che già oggi il preposto è “individuato” nella maggior parte dei casi.
Ad esempio, nei cantieri edili, i contenuti minimi del Piano Operativo di Sicurezza, impongono l’indicazione del capocantiere (p. 3.2.1 lett. a.6) dell’allegato XV).
Nel DVR, se redatto con un minimo di competenza, i preposti sono indicati nell’apposito organigramma facente parte integrante del citato documento.
Senza, poi, dimenticare, le aziende che hanno un sistema di gestione sicurezza certificato secondo le UNI ISO 45001, dove le figure a cui sono attribuiti specifici compiti e responsabilità, devono essere espressamente individuate.
In merito all’emolumento, lasciando da partegli aspetti puramente contrattuali, la stessa definizione di preposto dell’art. 2 comma 1, lett. e) del D. Lgs. n° 81/2008 identifica un soggetto che, occupando una posizione sovraordinata rispetto agli altri lavoratori, dovrebbe già avere, da contratto, un inquadramento e un emolumento superiore. In caso contrario si rischia di far passare un messaggio errato e cioè che fino a ieri la sicurezza sul lavoro in azienda era un problema degli specialisti (RSPP, ASPP, consulenti, ecc.) e da domani, divenendo anche un problema del preposto, questi abbia diritto ad una retribuzione maggiorata in quanto si sta accollando dei nuovi obblighi.
Infine, per quanto riguarda la previsione inerente la tutela del preposto e cioè non subire pregiudizi a causa dello svolgimento della propria attività, sembra che il legislatore voglia costruirgli intorno un ombrello di tutela simile a quello già previsto per il RLS (art. 50 comma 2 secondo periodo del decreto).
Qui sembra che, con le modifiche apportate agli art. 18 e 19, gli obblighi del preposto siano mutati radicalmente e, pertanto, possa oggi adottare misure drastiche, come l’interruzione dell’attività e, di conseguenza, possa divenire bersaglio degli strali dei vertici aziendali.
Come si evidenzierà più avanti, in realtà, si potrà parlare solo di una maggiore enfatizzazione del ruolo del preposto ma non certo di veri e propri nuovi obblighi, in quanto la maggior parte delle azioni previste dalle modifiche effettuate, erano già rientranti nell’ambito delle attribuzioni del preposto.
Art. 19 comma 1, lett. a) – Obblighi dei preposti
Riguardo tale modifica, i soliti profeti dell’integralismo repressivo in preda ad un attacco di priapismo normativo, stanno già spacciando in giro l’obbligatorietà di una vigilanza continua con una presenza costante del preposto atta ad individuare e bloccare sul nascere qualunque comportamento pericoloso.
Ritornando sul pianeta Terra, appare evidente che tale approccio non sia sostenibile.
Infatti, un comportamento pericoloso o una situazione pericolosa possono concretizzarsi anche in tempi rapidissimi e, pertanto, non evitabili dal Preposto anche se questo fosse, ad esempio, presente in reparto.
Quindi, ci troveremmo di fronte ad una condotta penalmente inesigibile.
Cosa diversa, invece, è il tollerare nel tempo un comportamento o una situazione pericolosa nota senza adoperarsi per eliminarla.
È in questa logica che va inteso il provvedimento del legislatore che, vale la pena ricordarlo, non ha fatto altro che:
- esplicitare e dare una maggiore enfasi a quanto già era previsto nel precedente comma 1 lett. a) del decreto a carico del preposto;
- far riferimento ad una corposa giurisprudenza della Cassazione Penale che ha definito il perimetro delle responsabilità del preposto riguardo le modalità di espletamento dell’obbligo di vigilanza.
Art. 19 comma 1, lett. fbis) – Obblighi dei preposti
Anche in questa modifica, in concreto, non si vede alcuna novità.
Infatti, l’obbligo riguardante l’intervento del preposto, in caso di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, fino ad interrompere, se necessario, temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate, non è altro che l’esplicitazione di quanto già previsto nella definizione di preposto e dal preesistente art. 19.
Anche in questo caso è sufficiente leggere la sola definizione di preposto dell’art. 2 comma 1, lett. e) del decreto per averne conferma.
Visto che il preposto doveva già:
- sovrintendere all’attività lavorativa,
- garantire l’attuazione delle direttive ricevute,
- controllare la corretta esecuzione delle citate direttive e
- esercitare un funzionale potere d’iniziativa,
queste sole previsioni già confermano quanto detto prima e cioè che il preposto, in quanto tale, è già organizzativamente sovraordinato agli altri lavoratori, obbligato ad esercitare una funzione di vigilanza e, pertanto, soggetto legittimato ad intervenire sia per il concreto “rispetto delle regole” che per l’adozione di misure volte ad evitare che gli eventuali comportamenti e situazioni pericolose portino a conseguenze ben peggiori per la salute e la sicurezza dei propri collaboratori, ivi compresa l’interruzione dell’attività del lavoratore e, ove necessario in base ad una sua valutazione frutto delle competenze possedute per rivestire il ruolo, l’interruzione della specifica attività che espone uno o più lavoratori ad un pericolo concreto.
Art. 26 comma 8bis – Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione
La richiesta del legislatore, a carico dei datori di lavoro appaltatori e subappaltatori che eseguono attività di appalto/subappalto all’interno di un’azienda o di un’unità produttiva di un datore di lavoro committente, di indicare espressamente a quest’ultimo il personale che svolge la funzione di preposto, tanto per cambiare, non è certo una novità.
Infatti, le aziende committenti, almeno quelle con un minimo di organizzazione, nell’ambito delle attività di cooperazione coordinamento, hanno sempre chiesto ai propri appaltatori di indicare il nominativo del/i soggetto/i aventi l’incarico di sovrintendere alle attività lavorative dei propri collaboratori ed interfacciarsi con il personale del datore di lavoro committente al fine della reciproca informazione.
I nominativi del/i preposto/i dell’appaltatore e dei subappaltatori, erano anche riportati all’interno del DUVRI nella parte riguardante l’anagrafica delle imprese appaltatrici.
In conclusione, anche in questo caso siamo di fronte solo una maggiore enfatizzazione di qualcosa che era già in atto, almeno nelle imprese con un minimo di organizzazione e dei validi consulenti.
Art. 37 commi 7 e 7ter – Formazione
Per quanto riguarda questa modifica, il legislatore ha ritenuto rimandare ad un nuovo Accordo Stato Regioni, da adottarsi entro il prossimo 30 giugno, la rivisitazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione dei preposti (insieme a datori di lavoro e dirigenti). In particolare, il comma 7ter ribadisce che, per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi.
Qui va, innanzi tutto chiarito che non è assolutamente vero, come pubblicizzano i “corsifici” e come scrivono alcuni commentatori su varie testate che l’aggiornamento periodico dei preposti, prima previsto come quinquennale, essendo divenuto oggi biennale, imponga immediatamente alle aziende l’onere di procedere con l’aggiornamento dei preposti nei casi in cui siano passati, all’entrata in vigore della legge n° 215/2021, i due anni dall’ultimo aggiornamento.
Infatti, per demolire tale affermazione basta andare a leggere sia l’art. 11 delle Preleggi che l’art. 25 comma 2 della Costituzione.
Nel primo caso, l’art. 11 delle Preleggi ribadisce che <<la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo>>.
Nel secondo caso l’art. 25 comma 2 recita testualmente: <<Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso>>.
Pertanto, visto che l’obbligo di aggiornamento biennale per il preposto è entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione della L. n° 215/2021 sulla Gazzetta Ufficiale e cioè il 21/12/2021, questa non può certo avere effetto retroattivo con la conseguenza che non sarà necessario fare la “corsa all’aggiornamento” con buona pace dei tanti “corsifici” nati come funghi dopo la piaggia settembre grazie alle maglie larghissime del D. Lgs. n° 81/2008.
Ad oggi, salvo chiarimenti interpretativi, riguardanti anche il significato dei “corsi in presenza” (FAD sincrona è da ritenere equivalente?), i preposti che hanno il quinquennio che scade entro il 21/12/2023 (due anni dall’entrata in vigore della L. n° 215/2021), rispetteranno la scadenza prevista mentre i preposti che hanno la scadenza del quinquennio dopo il 21/12/2023 è opportuno che effettuino l’aggiornamento entro tale data.
Conclusioni
Volendo essere sintetici potremmo far ricorso a William Shakespeare che nel 1599 scrisse una tragicommedia ambientata, guarda un po’, in Italia a Messina e definire il tutto come Molto rumore per nulla.
Comunque, a parere di chi scrive, più che di novità legislative si dovrebbe parlare di una enfatizzazione delle funzioni del preposto mirante ad esplicitare maggiormente gli obblighi prevenzionali di questa figura nodale del processo preventivo e far acquisire al soggetto una maggiore consapevolezza del proprio ruolo anche attraverso percorsi formativi adeguati.
Senta temere di essere smentito, chi scrive ritiene che il nuovo provvedimento riguardante il preposto non richiederà alcun stravolgimento nelle aziende con un’organizzazione prevenzionale sedimentata e stratificata.
Le altre, perlopiù piccole e microimprese, molto probabilmente, continueranno a fare come hanno sempre fatto senza neanche porsi il problema di formalizzare l’individuazione del preposto e la sua successiva nomina e ciò fino a quando, il consulente di fiducia che, in genere, non è il RSPP esterno ma il consulente del lavoro o il commercialista, glielo faranno presente magari perché imbeccati da qualche loro nota associativa. Alla fine, tutto si risolverà con la compilazione di un incarico su un facsimile fornito dal consulente di fiducia da tenere a disposizione dell’ente di vigilanza nel caso di visite ispettive.
Il tentativo del legislatore di far chiarezza su questa figura, però, va visto positivamente specialmente se darà una spinta al miglioramento dell’organizzazione prevenzionale nelle piccole e microimprese, visto che in Italia, su 4,35 mln di imprese, il 94,8% di queste ha meno di dieci dipendenti, evitando che il tutto si riduca all’ennesimo formalismo.
Per il resto, si aspetta fiduciosi che oltre alla sbandierata Procura Nazionale del Lavoro, proposta come “soluzione finale” ai problemi riguardanti la sicurezza sul lavoro, oltre ad intervenire a valle degli effetti come farà la citata nuova istituzione, si intervenga anche su tanti altri aspetti a cominciare dal sistema di qualificazione delle imprese (vedasi Puntosicuro “ Una proposta per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi”) nonché si cominci a ragionare sul come attuare tanti altri interventi già proposti da chi scrive, in passati contributi come, ad esempio, in “Sistema prevenzionale da manutenzione a guasto: che fare?”.
In conclusione, non resta che stare a vedere cosa succederà e cioè se ai tanti proclami di questi ultimi mesi seguiranno realmente fatti concreti in grado di incidere positivamente sul nostro sistema prevenzionale da “manutenzione a guasto”.
Fonti: Carmelo G. Catanoso (Ingegnere Consulente di Direzione), Puntosicuro.it