Uno studio presenta una analisi del ciclo produttivo del settore tessile laniero con particolare riferimento al rischio chimico. I pericoli per i lavoratori e i rischi dovuti ad aree di stoccaggio di prodotti chimici e aree travaso.
In relazione ai vari infortuni avvenuti nel 2021 nel settore tessile e per favorire nelle aziende e tra i lavoratori la consapevolezza dei rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente, riprendiamo la nostra raccolta di documenti sulla sicurezza nel mondo tessile che abbiamoiniziato nelle scorse settimane anche con riferimento al racconto di vari eventi infortunistici del comparto.
Un documento con diversi anni sulle spalle ma che può ancora fornire utili informazioni, specialmente riguardo al rischio chimico, è stato elaborato dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Piemonte ( Arpa Piemonte), un ente pubblico che fa parte del Sistema nazionale per la Protezione dell’ambiente composto dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e da 21 agenzie regionali (ARPA) e provinciali (APPA).
Il documento “Analisi del ciclo produttivo del settore tessile laniero”, elaborato nel 2006, ci permette di dare uno sguardo sul settore tessile laniero con attenzione ad alcuni particolari distretti tessili italiani e con particolare riferimento all’eventuale utilizzo di sostanze pericolose per i lavoratori e per l’ambiente.
L’articolo di presentazione del documento si sofferma sui seguenti argomenti:
- Il documento di analisi del settore tessile laniero
- Settore tessile laniero: rischio ambientale e rischio chimico
- Le aree di stoccaggio di prodotti chimici e le aree travaso
Il documento di analisi del settore tessile laniero
Il documento – a cura di Elena Foddanu, Silvia Boeris Frusca, Emanuela Patrucco e Cristina Merlassino – riguarda uno studio finalizzato all’analisi ambientale del comparto produttivo tessile laniero, un settore che ha connotato per moto tempo il comparto industriale del territorio biellese e parte di quello vercellese.
Lo scopo del lavoro è stata “l’individuazione degli elementi di criticità ambientale associati alle diverse fasi di lavorazione dell’industria tessile, al fine di fornire strumenti univoci di valutazione del ciclo produttivo”. E il documento focalizza l’attenzione “sulle lavorazioni potenzialmente più impattanti sulle matrici ambientali (pettinatura, tintoria e finissaggio), trattando in modo marginale le fasi prettamente meccaniche di filatura e tessitura, in cui gli impatti generati sono di tipo energetico, poco migliorabili per le leggi del mercato, e di tipo acustico, mitigabili con opportuni accorgimenti tecnici”.
Lo studio è articolato in 8 capitoli in cui, “dopo aver delineato il contesto economico/sociale del
settore tessile e gli indirizzi della politica locale, nazionale ed internazionale per tale comparto (capitolo 1), e aver descritto le varie fasi il ciclo produttivo (capitolo 2), viene presentato il bilancio ambientale di materia ed energia (capitolo 3) e focalizzata l’attenzione sugli impatti ambientali e sugli aspetti più critici del ciclo produttivo (capitolo 4); segue una trattazione più approfondita della depurazione dei reflui industriali tessili e delle possibilità di recupero/riciclo dell’acqua, che viene trattata in un capitolo a parte (capitolo 5), vista l’incidenza ambientale del settore sulla risorsa idrica”.
Nei successivi capitoli vengono riportate le BAT (Best Available Technologies) del settore (capitolo 6) e si approfondisce la problematica del rischio chimico nelle aziende (capitolo 7) ed infine (capitolo 8) ci si sofferma sulla stesura del piano di monitoraggio e controllo.
Settore tessile laniero: rischio ambientale e rischio chimico
Il documento al capitolo 7 (Fattori di rischio) riguardo al rischio ambientale (su popolazione, animali e territorio) ricorda che l’industria tessile, “caratterizzata da un’ampia gamma di prodotti chimici utilizzati nelle diverse fasi del ciclo produttivo, comporta particolari esposizioni e potenziali rischi per i lavoratori. Nelle fasi di nobilitazione (tintura, stampa, finissaggio) vengono in particolare impiegati alcuni prodotti chimici potenzialmente nocivi per la salute dei lavoratori: tinture e colori, colle, solventi ed anche polveri”.
Vengono poi brevemente menzionate alcune sostanze utilizzate nell’intero ciclo di lavorazione, classificabili come pericolose, e il rischio professionale associate al loro utilizzo.
Nella ricerca per una ditta tipo “si sono prese in considerazione la tipologia e la quantità di sostanze pericolose impiegate nel ciclo produttivo” ed è risultato che:
- “Nei servizi tecnici vengono impiegati esclusivamente agenti chimici non pericolosi o corrosivi, come ad esempio il policloruro di alluminio nell’impianto di depurazione;
- Nel finissaggio vengono invece impiegate sostanze pericolose per l’ambiente come il percloroetilene e diversi ausiliari, tra i quali agenti detergenti irritanti o tossici;
- Nella tintoria, tra gli ausiliari, spicca la presenza di agenti molto tossici e/o pericolosi per l’ambiente come il sodio bicromato, l’ammoniaca e l’acido maleico;
- Nella tintoria, tra i coloranti acidi vengono impiegati alcuni coloranti azoici etichettati come irritanti; in quelli premetallizzati e tra i reattivi compaiono diversi coloranti acidi metallocomplessi, cromo complessi e preparati di coloranti azoici, etichettati come N o Xn”.
Riportiamo una tabella contenuta nel documento:
Sono poi illustrate le “principali caratteristiche e relative etichettature delle sostanze pericolose utilizzate con più frequenza nelle ditte prese in esame. Per questi prodotti vengono indicati i simboli di rischio riportati sulle confezioni o sulle schede di sicurezza ad essi allegati, i quali consentono di individuare immediatamente le tipologie di rischio, sia di tipo chimico che tossicologico, associate all’uso di quella sostanza in una particolare fase”.
Ricordando che la normativa e le indicazioni a cui si fa riferimento sono relative alla situazione e alle conoscenze nel 2006, il documento si sofferma in particolare su:
- Dicloroisocianurato di sodio
- Cloro
- Bicromato di sodio e potassio
- Coloranti al cromo
- Percloroetilene.
Le aree di stoccaggio di prodotti chimici e le aree travaso
Il documento si sofferma poi sui rischi dovuti ad aree di stoccaggio di prodotti chimici e aree travaso.
Si indica che “data l’elevata aggressività e instabilità di alcune sostanze impiegate nei cicli (ad esempio l’acqua ossigenata), ai fini della sicurezza risultano prioritarie le seguenti misure preventive:
- Progettazione di aree di carico/scarico e travaso adeguate
- Definizione di Procedure per l’approvvigionamento, il trasporto e la manipolazione dei prodotti chimici
- Idonea progettazione e messa in opera dei serbatoi (compartimentazione, doppia parete, valvole sicurezza, indicatori di livello, ecc.)”.
Sono anche segnalate “le seguenti misure di tipo protettivo/correttivo, intese a limitare i danni per materiali e persone in caso di incidenti:
- Bacini di contenimento per i serbatoi
- Procedure di controllo per identificare e limitare eventuali perdite/sversamenti”.
Si evidenzia poi che “una razionalizzazione degli stoccaggi in base alla compatibilità chimica, oltre a eliminare eventuali danni ai materiali di impianto, alle persone e all’ambiente, può determinare anche un risparmio sulla volumetria complessiva dei bacini di contenimento, sui dispositivi di drenaggio e di rilevamento della presenza di liquidi nel bacino stesso”.
Concludiamo segnalando che, sempre con riferimento alle normative e alle conoscenze alla data di stesura del documento, gli autori si soffermano anche su:
- valutazioni tossicologiche del settore tessile;
- studi epidemiologici;
- individuazione delle sostanze pericolose nel tessile
- piani di monitoraggio;
- emissioni in atmosfera;
- emissioni in acqua;
- rifiuti;
- rumore.
Per un aggiornamento sulle novità, anche normative, rimandiamo alla raccolta di articoli sul rischio chimico e sul rischio cancerogeno presenti nel nostro giornale.
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Fonti: Arpa Piemonte, Puntosicuro.it