Un intervento ad un seminario sul rischio da movimentazione manuale dei pazienti permette di fare luce sulla possibile applicazione della micro e macroergonomia per la riduzione del rischio in una grande azienda ospedaliera.

Sappiamo che nelle strutture sanitarie, anche con riferimento alle residenze sanitarie assistite (RSA), molti infortuni sono legati alla movimentazione manuale dei pazienti (MPP). E tale movimentazione, in assenza di idonei strumenti e buone prassi, può favorire negli operatori l’insorgenza di lesioni dorso-lombari.

A questo proposito cosa può fare l’ergonomia per la riduzione del rischio? E come è possibile applicare la micro e la macroergonomia in un’azienda ospedaliera?

Per fornire qualche risposta ci soffermiamo su un intervento al seminario “ Evoluzione del rischio da movimentazione pazienti dal 1999 al 2017: un nuovo dossier Ambiente e Lavoro” che si è tenuto a Milano il 15 febbraio 2019 e che ha ricordato non solo i fattori di rischio dell’ operatore sanitario ma anche alcuni aspetti correlati alla norma tecnica ISO 12296 Ergonomics – Manual handling of people in the healthcare sector” del 2012.

Nell’articolo ci soffermiamo sui seguenti argomenti:

Cosa è la microergonomia e la macroergonomia

L’intervento “ Micro e macroergonomia per la riduzione del rischio in una grande azienda ospedaliera”, a cura di Rosa Manno ( Fond. IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – UOC Medicina del lavoro), ci permette di avere qualche utile indicazione sull’applicazione dell’ergonomia.

Nell’intervento si indica che la microergonomia riguarda la “progettazione e valutazione dell’interazione uomo-ambiente-prodotto all’interno di uno specifico contesto”.  E la macroergonomia riguarda l’interazione tra organizzazione e uomo.

In particolare Hendrick (IEA) “definisce la macroergonomia come approccio socio-tecnico al progetto organizzativo, ai sistemi di lavoro, ai rapporti uomo-macchina e uomo-ambiente”. Con la macroergonomia si mette “al centro dei processi di cambiamento i soggetti, sottolineando l’importanza dell’interrelazione tra tecnologia e aspetti sociali”. 

La microergonomia applicata alla riduzione del rischio da MMP

L’intervento si sofferma poi sulla microergonomia applicata alla riduzione del rischio da MMP in una grande azienda ospedaliera:

  • “Valutazione del rischio in una specifica realtà assistenziale
  • Identificare le criticità presenti
  • Formulare piani di intervento mirati nel breve-medio e lungo termine
  • Individuare le attrezzature necessarie tenendo presente le barriere all’utilizzo es.
    • Attrezzatura di difficile utilizzo
    • Avversione dei pazienti all’attrezzatura
    • Eccessivo tempo di utilizzo
    • Numericamente insufficienti
    • Carente formazione
    • Costi/Benefici”.

E, con riferimento anche alla ISO Technical Report 12296 del 2012, per la scelta della attrezzatura bisogna “tenere presente:

  • tipologia di paziente da movimentare
  • movimentazioni che vengono abitualmente effettuate
  • frequenza di movimentazione
  • organizzazione del lavoro
  • caratteristiche degli ambienti di lavoro”. 

Sono riportate nell’intervento diverse schede esemplificative (scheda scelta ausili, proposta di nuove attrezzature, approvvigionamento e formazione, …)

Il documento si sofferma poi sui “requisiti ergonomici di base di una attrezzatura:

  • Sicurezza per operatore e paziente
  • Basso sforzo fisico applicato
  • Confort per il paziente
  • Semplicità di utilizzo”.

Questo sono invece i requisiti ergonomici specifici:

  • “adeguatezza alla funzione da svolgere
  • adeguatezza ai pazienti abitualmente presenti
  • adeguatezza all’ambiente in cui si utilizza l’attrezzatura”.   

Sono poi riportate le fasi per approvvigionamento/utilizzo ausili attrezzature e alcune schede di valutazione dei requisiti ergonomici.

Riprendiamo dalle slide lo stralcio di un esempio di scheda di verifica dei requisiti ergonomici:

Sono poi riportati alcuni esempi di istruzioni operative che presentano una descrizione dettagliata della prassi dell’esecuzione di un’azione con i seguenti obiettivi:

  • “Standardizzare un comportamento in relazione ad un’attività evitando personalizzazioni
  • Chiarezza nella definizione del tipo di movimentazione e per quale tipologia di paziente viene utilizzata l’attrezzatura
  • Trasparenza dei ruoli degli attori a monte e a valle del processo (chi fa che cosa nelle diverse fasi)
  • Rende partecipe il gruppo di lavoro di quali siano le modalità operative meno sovraccaricanti
  • Efficienza: la conoscenza delle azioni permette di migliorare i processi
  • Efficacia: riduzione del sovraccarico biomeccanico per l’operatore
  • Sicurezza: migliora le condizioni di lavoro
  • Migliora la qualità dell’assistenza
  • Facilita l’inserimento dei nuovi assunti
  • è uno strumento importante per la gestione documentale e di comunicazione interna all’azienda”.

Rimandiamo alla lettura integrale delle slide che riportano ulteriori indicazioni e sottolineiamo che la relatrice ricorda che, tuttavia l’approccio microergonomico non è vincente.  Come passare ad un approccio macroergonomico?

Dall’approccio micro all’approccio macroergonomico

Una parte dell’intervento è dedicato al passaggio dalla microergonomia alla macroergonomia applicata alla riduzione del rischio da movimentazione manuale dei pazienti in una grande azienda ospedaliera:

  • “istituire un team di interlocutori per la gestione del rischio da MMP
  • programmare gli incontri del team a cadenze stabilite
  • conoscere i servizi e le strutture che si occupano del processo
  • conoscere le fasi da seguire nel tempo in relazione agli specifici
  • conoscere le modalità di comunicazione da mettere in atto”. 

E il team di interlocutori da istituire con atto formale è costituito da:

  • “Componente direzione strategica (Direttore Sanitario, Direttore delle Professioni Sanitarie)
  • RSPP
  • M.C.
  • Back Care Advisor
  • RLS
  • Responsabile/componente ufficio Approvvigionamento”.

Questi alcuni obiettivi da raggiungere indicati nella relazione:

  1. “Aggiornare il DVR rispetto alle azioni di miglioramento attuate”
  2. Completamento/ripristino/ forniture attrezzature
  3. Formazione permanente”
  4. Verifica degli interventi messi in atto:
    1. riduzione del rischio
    2. utilizzo attrezzature
    3. riduzione assenze per malattia specifica”.

In definitiva gestendo il rischio specifico e con un team attivo è possibile gestire meglio le risorse umane con ridotte capacità lavorative, recuperare professionalità, ridurre i giorni di assenza e gli infortuni, ridurre i costi e migliorare la qualità dell’assistenza.    

Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:

 Micro e macroergonomia per la riduzione del rischio in una grande azienda ospedaliera”, a cura di Rosa Manno (Fond. IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico-UOC Medicina del lavoro), intervento al convegno “Evoluzione del rischio da movimentazione pazienti dal 1999 al 2017: un nuovo dossier Ambiente e Lavoro”

Fonti: Puntosicuro.it