In che termini la formazione non può essere surrogata dall’addestramento sul campo e questo, ove previsto, non è sostituibile dai corsi di formazione: le conseguenze penali della sovrapposizione tra i due obblighi in un senso e nell’altro.

Come noto, la formazione e l’addestramento sono due obblighi distinti che, in quanto tali, non vanno in alcun modo e in nessun caso sovrapposti tra loro.

Tali obblighi – che si aggiungono ovviamente a quello di informazione, di cui in questo specifico contributo non parleremo – trovano la loro base normativa nell’art.18 c.1 lett.l) del D.Lgs.81/08, secondo cui il datore di lavoro e i dirigenti devono “adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37”.

Tale norma, poi, va letta – nel caso della formazione e dell’addestramento – unitamente all’art.37 del D.Lgs.81/08, secondo i canoni interpretativi espressi dalla Cassazione nelle pronunce che vedremo.

Sempre sotto il profilo normativo, con specifico riferimento all’obbligo di addestramento, occorre poi ricordare che la Legge 215/2021 (all’art.13) ha inserito all’interno dell’articolo 37 comma 5 del D.Lgs.81/08 – che già prevedeva e prevede a tutt’oggi che “l’addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro” – l’ulteriore previsione secondo cui “l’addestramento consiste nella prova pratica, per l’uso  corretto e in  sicurezza  di   attrezzature,   macchine,   impianti,   sostanze, dispositivi,  anche  di   protezione   individuale;   l’addestramento consiste, inoltre, nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in  sicurezza.  Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato”.

Dal presupposto di partenza secondo cui la formazione e l’addestramento sono obblighi distinti tra loro discende il fatto che il mancato addestramento di un lavoratore non può essere mai compensato dalla circostanza che questi abbia ricevuto la formazione necessaria, così come, nel caso venga contestata l’omessa formazione ad un datore di lavoro, in nessun caso quest’ultimo potrà far valere il fatto di aver provveduto all’addestramento sulla base di un ragionamento che sovrapponga le due attività.

La giurisprudenza della Cassazione è cristallina nell’esprimere e ribadire costantemente tali principi.

Partiamo dunque, nell’analisi di due casi giurisprudenziali esplicativi in materia che qui propongo, dal primo aspetto (ovvero: l’addestramento non è sostituibile dalla formazione),per poi passare ad esaminare il secondo (ovvero: la formazione non è sostituibile dall’addestramento).

Della distinzione tra formazione e addestramento alla luce del quadro normativo attuale, successivo alle modifiche apportate dalla Legge 215/2021, si è occupata la Suprema Corte con una sentenza di pochi mesi fa ( Cassazione Penale, Sez.IV, 21 novembre 2024 n.42623), che ha confermato la condanna di un datore di lavoro per le lesioni provocate ad una lavoratrice “che lavorava alla confezionatrice pur non essendo stata specificamente informata, formata e addestrata all’uso di quella macchina”.

Secondo i Giudici, l’addestramento sarebbe stato necessario “ai sensi dell’art.71, comma 7, D.Lgs.n.81/08, in ragione delle caratteristiche della confezionatrice e del fatto che le mansioni cui l’infortunata era abitualmente addetta non comportavano l’uso di macchinari simili”,in quanto la stessa era stata da poco destinata ad un reparto diverso, passando – nel periodo Covid – dalla ristorazione scolastica alla ristorazione ospedaliera.

Tra i motivi di ricorso, il datore di lavoro precisa che l’operaia, “al momento dell’assunzione, aveva partecipato a un corso sulla sicurezza del lavoro” e che, come da ella stessa dichiarato, una volta “giunta in reparto, la lavoratrice aveva “ricevuto sul campo, da personale incaricato, istruzioni specifiche sul funzionamento della macchina” e sulle precauzioni che dovevano essere adottate quando il rotolo della pellicola destinata al confezionamento si esauriva e doveva essere sostituito”.

L’imputato sottolinea inoltre “che, ai sensi dell’art.37, comma 5, D.Lgs. n.81/08, “l’addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro” e, solo in epoca successiva all’infortunio (col decreto-legge 21 ottobre 2021, n.146 convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215), questa norma è stata integrata indicando in che modo l’addestramento deve essere svolto e obbligando il datore di lavoro a tracciare, “in apposito registro anche informatizzato”, gli interventi di addestramento effettuati.”

La Cassazione rigetta il ricorso, ricordando che “le nozioni di informazione, formazione e addestramento sono definite nel D.Lgs.n.81/08 all’art.2, lettere aa), bb) e cc) dove si legge:

– che la “formazione” è il “processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi”;

– che l’“informazione” è il “complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro”;

– che l’“addestramento” è il “complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro”.”

La Corte ricorda inoltre che “l’art. 37 D.Lgs.n.81/08 (citato dal ricorrente) distingue la formazione e informazione dall’addestramento.”  

Esso “disciplina infatti, nei primi tre commi, i contenuti e le modalità della formazione e dell’informazione e stabilisce al quarto comma che debbano avvenire – unitamente all’addestramento specifico “ove previsto” – “in occasione: a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro; b) del trasferimento o cambiamento di mansioni; c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e miscele pericolose”.

Di conseguenza “l’addestramento,dunque “ove previsto” si accompagna alla formazione, ma non la sostituisce e – ai sensi del citato art.71, comma 7 – il datore di lavoro può adibire i dipendenti all’uso di attrezzature che presentano rischi specifici e richiedono per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari, solo dopo averli informati e formati adeguatamente e averli opportunamente addestrati.”

Nel caso di specie, era stato accertato che una collega della lavoratrice infortunata aveva “spiegato il funzionamento della macchina in termini assai semplici”, laddove però, a parere della Corte, “non può considerarsi “addestrato” chi abbia ricevuto da un collega di lavoro le istruzioni indispensabili all’uso di una macchina”.

A ciò si aggiunga, infine, che “il DVR predisposto dall’[imputato] in data 5 gennaio 2021 espressamente prevedeva che le confezionatrici dovessero essere utilizzate “solo da personale addestrato che ne deve conoscere perfettamente le norme di sicurezza contenute nel manuale”.”

Pertanto “lo stesso imputato, dunque, nel Documento di valutazione del rischio, aveva considerato le confezionatrici come macchinari soggetti alle disposizioni dell’art.71, comma 7, D.Lgs.n.81/08.”

Prendiamo ora in considerazione il secondo aspetto (ovvero: la formazione non è sostituibile dall’addestramento).

La necessità di distinguere in modo rigoroso l’obbligo di formazione dall’obbligo di addestramento è presente, seppur in maniera inversa rispetto alla precedente sentenza, in Cassazione Penale, Sez.IV, 2 marzo 2020 n.8163, con cui la Corte ha confermato la condanna di un datore di lavoro per un infortunio mortale avvenuto in un cantiere e per aver provocato lesioni gravi ad un altro lavoratore.

Risultava accertato che il primo dei due lavoratori “non fosse esperto nella conduzione della macchina, – che mai aveva utilizzato prima in altri cantieri – e non avesse ricevuto la formazione necessaria per l’impiego e la manutenzione dell’attrezzatura, risultando privo della specifica abilitazione richiesta per tale tipo di macchina”,e che il secondo lavoratore “fosse digiuno di ogni esperienza e formazione circa il funzionamento e la manutenzione dell’attrezzatura, operando con [il collega] da meno di sette giorni in sostituzione di altro collega e non avendo neppure assistito alla consegna della pompa ed alle istruzioni fornite alla consegna dal dipendente della società noleggiante P. S.r.l.”.

Va detto che la formazione del lavoratore era stata “realizzata nel 2007 su una macchina spruzzatrice completamente diversa, molto più semplice e sicuramente molto meno pericolosa.”

Secondo la Cassazione, già “l’avere [il datore di lavoro] valutato adeguato un corso di formazione svolto dal lavoratore nel lontano 2007, su una macchina completamente diversa” è “indicativo di un approccio poco attento e non scrupoloso rispetto al tema della sicurezza del lavoratore”.

A ciò si aggiunga che “proprio tale sottovalutazione è stata aggravata dall’erroneo e superficiale convincimento della raggiunta padronanza del macchinario a seguito dell’affiancamento per due giorni con il tecnico dipendente della ditta fornitrice.”

Dal momento che, al tempo in cui si sono verificati i due infortuni, era in vigore il D.I. 6 marzo 2013 che prevedeva (e prevede a tutt’oggi) i requisiti e i criteri di qualificazione dei formatori in materia di salute e sicurezza, nel caso di specie è risultata giuridicamente rilevante la “mancanza di qualifica del tecnico”(C.A.), oltre alla “insufficienza del tipo di formazione tesa solo a raggiungere lo scopo di utilizzare lo spruzzatore e non di raggiungere le necessarie conoscenze in tema di sicurezza.”

Infatti “lo stesso CA. ha affermato di non avere alcuna qualifica di formatore per la sicurezza, precisando che la ragione della sua presenza nei primi due giorni presso il cantiere in … era conseguente all’incarico, ricoperto presso la ditta fornitrice, di tecnico preposto ad illustrare le caratteristiche della macchina e le specifiche modalità di utilizzo”.

Più in particolare, èrisultato “accertato processualmente, per averlo riferito il teste, che il suo compito è essenzialmente consistito nella preliminare illustrazione delle modalità di funzionamento della macchina e poi nell’affiancamento all’operatore […] al fine di osservare, ed eventualmente correggere, eventuali errori di utilizzo o fare fronte a dubbi che lo stesso potesse manifestare; in un tale contesto, sostanzialmente in un ambito di affiancamento di tipo operativo, egli ha anche illustrato i presìdi di sicurezza ed in particolare ha spiegato verbalmente come, qualora si fosse reso necessario intervenire sulla macchina, l’operazione dovesse essere preceduta dal preventivo scarico della pressione interna e dal riflusso nella tramoggia del materiale presente nel circuito.”

Di conseguenza, “CA. non possedeva la qualifica di formatore per la sicurezza, ma di semplice tecnico manutentore della macchina incaricato di spiegarne il funzionamento agli addetti.”

La Cassazione prosegue: “e non si tratta, ad avviso della Corte territoriale, di un profilo solo formale, dal momento che l’acquisizione della qualifica di formatore per la sicurezza presuppone che il possessore abbia seguito specifici corsi formativi diretti a fargli acquisire tutte le nozioni necessarie in materia ed abbia inoltre fatto propria, attraverso il percorso seguito, la capacità didattica necessaria per trasmettere le conoscenze acquisite, cristallizzate in peculiari standard operativi via via aggiornati e validati, ai soggetti discenti.”

Va inoltre considerato “che la prospettiva con cui il CA. istruiva all’uso della macchina era evidentemente, nell’interesse della società che la noleggiava, quello di assicurarsi che ne venisse operato un uso corretto, non quella prevenzionale dell’incolumità dei lavoratori, che incombeva sul datore di lavoro.”

Con riferimento all’obbligo di formazione, la Cassazione specifica poi che, “a surrogare tale specifico compito, che si risolve in un vero e proprio onere di tipo solidaristico a carico del datore di lavoro, non poteva, dunque, ritenersi sufficiente il semplice intervento esplicativo svolto da CA., tecnico manutentore ma non formatore per la sicurezza”.

Infatti, “al più il CA. può essere ritenuto un addestratore. Ma l’addestramento è cosa diversa sia dalla formazione che dall’informazione. Sono attività che l’art.2 del d.lgs.81/08 distingue chiaramente”.

In conclusione, “non può ritenersi adeguata […] una formazione, in tema di sicurezza, affidata alla mera trasmissione verbale o gestuale da parte di un soggetto dotato di superiore esperienza empirica sul campo giacché questa, sebbene a sua volta importante, non può sostituire ex se quel bagaglio di conoscenze ed acquisizioni tecniche, elaborate attraverso continue acquisizioni, di cui un formatore qualificato per la sicurezza deve essere dotato”.

Possiamo trovare una sintesi finale di tali principi in una interessante sentenza di qualche anno fa (Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 18 maggio 2017 n.12561), in cui la Corte afferma che il modello legale di formazione “è un modello di prevenzione ineludibile, che non è rimesso alla discrezionalità del datore; tanto più quando si tratta di formazione all’utilizzo di mezzi pericolosi, come i carriponte; e che non può essere sostituito dall’addestramento con affiancamento sul campo: senz’altro utile ma non alternativo alla informazione o alla formazione”.

Secondo la Cassazione “non può perciò bastare che il datore assolva in modo parziale, soltanto ad alcuni dei predetti obblighi, siccome egli è invece obbligato ad osservarli tutti e per intero, e nell’ordine logico e cronologico voluto dalla legge.”

In tal senso, “ivari momenti formativi possono integrarsi, e non vanno intesi in senso formale, ma non può affermarsi che un obbligo possa essere sostituito da un altro (neppure in senso puramente logico o cronologico); perché ciò indebolisce il sistema che è alla base della norma inderogabile, non favorisce la responsabilizzazione del lavoratore nella conoscenza e nella gestione dei rischi; ed integra anzi un modello di per sé pericoloso perché induce ignoranza e comportamenti di sottovalutazione e superficialità.”

In conclusione, la formazione, l’informazione e l’addestramento sono “momenti diversi; essendo anche logicamente evidente che non possa esservi addestramento all’uso sicuro della mansione senza una preliminare attività di informazione e formazione”.

Sentenze:

Corte di Cassazione Penale, Sez.IV – Sentenza n.42623 del 21 novembre 2024 – Infortunio con una macchina confezionatrice di pasti per l’ospedale. Formazione, informazione e addestramento.

Corte di Cassazione Penale, Sez.IV – Sentenza n. 8163 del 2 marzo 2020 – Grave infortunio durante l’applicazione dello spritz beton sulla volta della cava. Violazione degli obblighi di informazione e formazione e mancanza di specifica abilitazione all’utilizzo della pompa.

Corte di Cassazione Civile –  Sez. Lav. – Sentenza n. 12561 del  18 maggio 2017 – Infortunio con l’uso di un carroponte: l’appaltante dei lavori nella propria impresa con proprie macchine ha l’obbligo formativo previsto per legge. No alla formazione “fai da te”

Fonti: Olytmpus.uniurb.it, Puntosicuro.it, Anna Guardavilla (Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro)