
Le sentenze di Cassazione degli ultimi cinque anni che hanno applicato le sanzioni pecuniarie e interdittive 231 alle Società a fronte della carente formazione dei lavoratori a fini di risparmio dei costi, anche in caso di vantaggi esigui.
Come noto, ai sensi dell’art.25-septies del D.Lgs.231/01, la persona giuridica può essere responsabile – e quindi sanzionata – a seguito della commissione di reati di evento in materia di salute e sicurezza da parte di una persona fisica o di più persone fisiche ad essa appartenenti.
Più nello specifico, la Società può essere responsabile – su un presupposto di “colpa organizzativa” – allorché tali persone fisiche (aventi funzioni di rappresentanza, amministrazione, gestione, controllo etc. o quali soggetti sottoposti alla direzione di chi svolge tali funzioni) abbiano commesso – nell’interesse o a vantaggio della Società stessa – il reato di lesioni personali colpose gravi o gravissime o di omicidio colposo con violazione di norme di salute e sicurezza.
Tra le norme di salute e sicurezza su citate rientrano, ovviamente e primariamente, anche l’art.18 c.1 lett.l) in comb.disp. art.37 del D.Lgs.81/08, che prevedono l’obbligo del datore di lavoro e del dirigente di assicurare che il lavoratore riceva una formazione adeguata e sufficiente.
Allorché dunque un datore di lavoro o un dirigente non abbia garantito ai lavoratori – o abbia erogato in maniera inadeguata – la formazione prevista dall’art.37 su richiamato (nonché, attualmente, dall’Accordo Stato-Regioni 17 aprile 2025 attuativo della norma primaria) e da ciò sia derivato un infortunio o una malattia professionale che abbia condotto ad una responsabilità di almeno uno di tali soggetti per i reati su citati commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente, ciò può condurre – e di fatto, come vedremo, ha già condotto più volte – anche ad una responsabilità della persona giuridica ai sensi del D.Lgs.231/01.
Ciò sul presupposto che, in termini generali, “l’illecito amministrativo dipendente da reato […] si configura esclusivamente quando è dimostrato che dalla condotta colposa costituente reato sia derivato un incremento in termini di produttività aziendale ovvero un concreto vantaggio per l’impresa – consistente in un risparmio di spesa conseguito alla mancata adozione delle misure di prevenzione” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 13 ottobre 2016 n.43271).
Guardando alla giurisprudenza in materia di responsabilità amministrativa della persona giuridica derivante dalla commissione di reati di salute e sicurezza ad opera delle persone fisiche ad essa appartenenti, va detto che non sono stati pochi, negli ultimi anni, i casi in cui la “colpa organizzativa” della Società è consistita nella mancata adozione e attuazione di un modello organizzativo atto a prevenire i reati lesioni colpose od omicidio colposo con violazione degli obblighi in materia di formazione dei lavoratori.
L’anno scorso, con Cassazione Penale, Sez.IV, 5 giugno 2024 n.22586, la Corte ha confermato la condanna di A., quale datore di lavoro della T. S.r.l., per il reato di lesioni colpose ai danni del lavoratore B., “per colpa consistita in negligenza imprudenza ed imperizia ed in particolare per non avere formato ed informato il dipendente B. sul corretto uso del carrello elevatore “SAMAG – 2” (art.71, comma 7, D.Lgs.81/2008) e per avere permesso che il carrello venisse utilizzato in maniera difforme al manuale di uso e manutenzione”, provocandogli così “l’amputazione traumatica totale della falange del terzo dito della mano sinistra”.
La Cassazione in tale occasione ha confermato anche la condanna – ai sensi dell’art.25-septies del D.Lgs.231/01 – della T. S.r.l. stessa quale persona giuridica, applicandole “la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 26.000 euro e la sanzione dell’interdizione dall’esercizio dell’attività di costruzione e riparazione delle macchine agricole per la durata di giorni dieci.”
Va ricordato che, nel giudizio di merito, il Tribunale aveva ritenuto che “l’evento fosse eziologicamente connesso alla mancata formazione e informazione del lavoratore, che aveva partecipato a un unico corso formativo sull’uso dei carrelli elevatori nell’anno 2001, allorquando i carrelli erano diversi da quelli in uso all’atto dell’infortunio, corso che peraltro aveva riguardato esclusivamente i limiti di velocità nell’uso dei carrelli elevatori, la verifica dell’efficienza dei dispositivi di sicurezza e la responsabilità del carrellista.”
In particolare, come si legge nella sentenza d’appello, “il teste d’accusa B. ha riferito: di essere stato dipendente della T. Srl dal 27-3-1983; che i carrelli erano più volte stati sostituiti negli anni; che mai i dipendenti erano stati informati del funzionamento di detti carrelli, benché diversi l’uno dall’altro; di avere capito il funzionamento degli stessi “a intuito”. E: il teste d’accusa C., poi, ha riferito genericamente di corsi sulla sicurezza organizzati da “A.” “un po’ alla lunga, perché la sicurezza te’ nu costo”.
I Giudici avevano inoltre “confutato la tesi difensiva sulla cui scorta, a norma dell’art.73, comma 5°, del D.Lgs. n.81/2008, spettava alla Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato e Regioni individuare le attrezzature di lavoro per le quali era prevista una specifica abilitazione degli operatori, con la conseguenza che, essendo entrato in vigore detto accordo in data 12 marzo 2013, all’atto dell’infortunio non era ancora decorso il termine per adempiere all’obbligo di formazione specifica degli operatori destinati all’uso di dette attrezzature, osservando [i Giudici, n.d.r.] che la formazione specifica non poteva ritenersi sostitutiva di quella generica obbligatoria di cui agli artt.71 e 73 del D.Lgs. n.81/2008, costituendo un obbligo ulteriore.”
Per quanto riguarda, poi, il profilo “specifico della responsabilità amministrativa dell’ente odierno ricorrente, il primo giudice ne ha ritenuto la sussistenza, sulla scorta dei criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio per la società della condotta del soggetto agente, ritenendo che la sistematica violazione della normativa inerente alla formazione e informazione dei dipendenti per un lasso temporale rilevante dovesse considerarsi deliberatamente attuata allo scopo di consentire all’ente un consistente risparmio di costi.”
Nel successivo grado di giudizio, la Corte d’Appello aveva “dichiarato non doversi procedere nei confronti di A. in ordine al reato ascrittogli per essersi lo stesso estinto per intervenuta prescrizione, mentre ha confermato la condanna della T. Srl”.
Si tenga conto in generale che, in caso di declaratoria di prescrizione del reato presupposto, “ai sensi del D.Lgs.n.231 del 2001, art.8, co.1, lett.b), il giudice deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e per il cui vantaggio l’illecito fu commesso che, però, non può prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto di reato”.
Ciò precisato, dunque, nel confermare l’impostazione delle sentenze di merito, la Cassazione ha chiarito ulteriormente che “la eventuale formazione specifica impartita al dipendente circa l’uso del macchinario non esimeva dall’offrire una formazione generica, nella specie, all’evidenza, assente”.
Su questo punto, la Suprema Corte ha sottolineato che, “ricordate le previsioni di cui all’art.73 in tema di informazione, formazione e addestramento e quella di cui all’art.71 quanto agli obblighi del datore di lavoro, con motivazione logica e congrua, i giudici del gravame del merito [i Giudici della Corte d’Appello, n.d.r.] rilevano come dal combinato disposto di dette norme sia chiaro che la formazione specifica non può certo sostituire la formazione generica, sull’uso di ogni attrezzatura messa a disposizione del lavoratore tenuto conto, in primis, di quanto stabilito dal relativo manuale d’uso.”
Inoltre, la sentenza ha puntualizzato che “neppure l’ultradecennale esperienza alla guida di carrelli da parte della persona offesa poteva sopperire al difetto di formazione, avendo al riguardo la giurisprudenza di legittimità chiarito e ribadito che in tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, l’attività di formazione e informazione del lavoratore non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenze del medesimo, formatosi per effetto di pregresse esperienze lavorative o per il trasferimento di conoscenze che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, atteso che questo tipo di apprendimento non può avere un valore surrogatorio delle attività di informazione e di formazione legislativamente previste.” (Per un approfondimento su questo aspetto, rinvio al precedente contributo “ La Cassazione: la formazione “domestica” e “fai da te” non ha valore”, pubblicato su Puntosicuro del 15 giugno 2017 n.4031.)
Nel caso di specie, è invece risultata “provata l’assenza di corsi di formazione, in generale, dall’anno 2001 all’atto dell’infortunio e, a fortiori, quella sull’uso del carrello, acquistato nel 2010.”
In conclusione, “l’omessa formazione sull’uso del carrello, protrattasi per quasi tre anni, è stata dunque correttamente ritenuta inserirsi in un quadro di acclarate e datate omissioni in tema di formazione e informazione dei lavoratori dipendenti, integrante un chiaro caso di colpa in organizzazione, essendo all’evidenza la protratta condotta omissiva dell’imputato A. collegata all’interesse della T. Srl”.
Passiamo ora aprendere in esame Cassazione Penale, Sez.IV, 21 settembre 2022 n.34936, con la quale è stata confermata la condanna della S. s.p.a., in quanto “responsabile dell’illecito amministrativo di cui all’art.25-septies D.Lgs.n.231/2001 condannandola alla sanzione pecuniaria di euro 51.600.”
Anche in questo caso, il reato di lesioni colpose commesso dal datore di lavoro è stato dichiarato prescritto ma, secondo la regola che abbiamo visto sopra, la responsabilità amministrativa è stata comunque applicata alla Società.
Nello specifico, l’infortunio era “occorso al G.M., dipendente della società S. s.p.a., nella preparazione dei massi di granito oggetto di movimentazione e trasporto”.
Riguardo al DVR, “il giudice distrettuale ha fornito conto […] delle carenze del documento di valutazione dei rischi dell’azienda S. spa incorporata nella La Spezia C.T. rappresentando il carattere meramente compilativo e cartolare delle procedure segnalate nel documento, prive di qualsiasi specifica indicazione operativa sullo specifico rischio gestito dal G.M. in relazione alle modalità di impilamento dei massi e sulla corretta procedura da seguire in caso di massi di forma irregolare.”
Ciò premesso in materia di valutazione dei rischi, iGiudici “hanno ravvisato un’inadeguata gestione del rischio a monte rappresentata da una insufficiente attività di formazione e addestramento del dipendente G.M. il quale, a scapito degli attestati formativi conseguiti quale preposto alla movimentazione di merce varia, aveva palesato inettitudine e incapacità nella preparazione dei massi da movimentare, aveva maturato una insufficiente esperienza lavorativa specifica e aveva conseguito una nulla o inadeguata formazione in relazione a interventi di quella tipologia, se non attraverso pratiche operative apprese sul campo grazie all’esempio di personale più anziano o più addestrato.”
Inoltre, “le ore dedicate alla formazione e il carattere teorico, generico e pluridisciplinare di questa, a fronte della specificità della formazione richiesta dalle linee guida del settore, non giustificavano la elezione del G.M. a persona esperta per le lavorazioni di cui all’imputazione.”
Di conseguenza, sono stati “riconosciuti pertanto al soggetto apicale della società S. i profili di colpa individuati in imputazione, afferenti al difetto del DVR e a carenze nella formazione del dipendente”.
Venendo al tema centrale di questo contributo, ovvero all’applicazione del D.Lgs.231/01 alla persona giuridica e al collegato requisito dell’interesse o vantaggio, nel caso di specie i Giudici hanno dimostrato “da un lato che non si era in presenza di inosservanze occasionali o dettate da una sottovalutazione dei rischi connessi al mancato rispetto di disciplina prevenzionistica, ma le lacuneaccertate attenevano a snodi fondamentali della gestione aziendale nella cura della formazione del personale e della individuazione delle corrette pratiche lavorative e dei rischi ad esse collegati, e dall’altro individuando una triplice componente del vantaggio economico conseguito in termini di risparmio di spesa (costi per la formazione, predisposizione DVR, impiego di manodopera per i controlli) e,al contempo ravvisando la prospettiva di una maggiore produttività nelle lavorazioni, con riduzione dei tempi di lavoro (procedure più snelle, meno controlli, ridotta formazione).”
Concludiamo, infine, questa disamina – che come sempre non si propone di essere esaustiva sull’argomento – richiamando Cassazione Penale, Sez.IV, 29 gennaio 2020 n.3731, con cui sono stati condannati per il reato di lesioni personali colpose gravissime A.C., quale datore di lavoro ed RSPP dell’azienda utilizzatrice C.T. S.r.l., F.S. (il cui reato è stato dichiarato estinto per prescrizione) quale preposto della stessa e la C.T. – quale persona giuridica – ai sensi dell’art.25-septies del D.Lgs.231/01.
Questi i fatti: dopo le ore 22.00, all’interno della centrale elettrica di Brindisi dell’E. stava lavorando, tra gli altri, A.P., dipendente a tempo determinato della agenzia per il lavoro “O.L. con mansioni di operaio addetto all’assemblaggio (“imbracatore”) montatore manuale concesso per un mese (in virtù di contratto di somministrazione […]) alla s.r.l. A.C., ditta che aveva avuto in appalto dall’E. il nolo “a caldo” dei mezzi di sollevamento in relazione all’attività di sollevamento di sacchi di sale e di trasporto degli stessi in appositi siti”.
Il lavoratore, che “era quasi al termine dell’orario di lavoro, avendo iniziato alle 15.00, stava conducendo un carrello elevatore (detto “muletto”) con il quale sollevava i pesanti sacchi pieni di sale.”
Dunque, “a causa del ribaltamento del muletto sul fianco sinistro, mentre conduceva il mezzo su un percorso diverso da quello previsto per la fase di lavoro, A.P. è rimasto schiacciato e, per il peso del mezzo sulla gamba, ha perso l’arto sinistro.”
Dai Giudici di merito “la causa del ribaltamento è stata individuata in una improvvisa manovra di svolta a destra del conducente, che stava guidando il mezzo a velocità eccessiva.”
Il datore di lavoro A.C. e il preposto F.S. “sono stati ritenuti responsabili per avere impropriamente adibito quel giorno, come […] già avvenuto in precedenza in altre occasioni, A.P., che era stato formato ed informato quale “imbracatore”, alle differenti mansioni di conducente di carrello elevatore ovvero per avere tollerato che A.P. vi fosse adibito, pur essendo privo di qualsiasi abilitazione in tal senso e non essendo stato formato alla guida del mezzo né informato circa i rischi specifici, e senza l’ausilio di un altro lavoratore a terra.”
Sotto il profilo dell’interesse della persona giuridica alla commissione dei reati descritti, la Cassazione ha evidenziato la sussistenza del “risparmio di spesa per la società derivante dall’impiegare un solo lavoratore, peraltro non formato, in luogo di due, di cui uno con una qualifica specializzata.”
In termini generali, infatti, la Corte ha ricordato che “fonti di risparmio di spesa che possono costituire il presupposto per l’applicazione dell’art.5 del d.lgs.n.231 del 2001, per esemplificare ulteriormente, sono anche il risparmio sui costi di consulenza, sugli interventi strumentali, sulle attività di formazione e di informazione del personale (come ritenuto da Sez.4, n.18073 del 19/02/2015, […]) ovvero la velocizzazione degli interventi di manutenzione ed il risparmio sul materiale di scarto”.
Nel caso di specie, in virtù peraltro di un orientamento ormai consolidato della Suprema Corte, “la responsabilità dell’ente, non può essere esclusa in considerazione dell’esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell’interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di lesioni personali gravi”.
Su questo punto specifico, peraltro, anche pochi mesi fa la Cassazione ha applicato “il principio secondo il quale non assume rilevanza il fatto che il risparmio di spesa, sicuramente giuridicamente apprezzabile, possa non essere stato ingente, atteso che la responsabilità dell’ente non può essere esclusa in considerazione dell’esiguità del vantaggio perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di lesioni personali gravi” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 6 febbraio 2025 n.4810).
Tornando al caso specifico preso in esame, il (presunto) modello organizzativo della C.T. S.r.l. è stato giudicato inidoneo.
Sul tema dell’accertamento dell’idoneità dei MOG, la Cassazione ha anzitutto ricordato che “in tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica il giudice di merito, ove investito da specifica deduzione, deve procedere secondo le seguenti scansioni logiche e cronologiche: prima, accertare l’esistenza o meno di un modello organizzativo e di gestione ex art.6 del d.lgs.n.231 del 2001; poi, ove il modello esista, verificare che lo stesso sia conforme alle norme; infine, accertare che esso sia stato efficacemente attuato o meno nell’ottica prevenzionale, prima della commissione del fatto.”
Nel caso di specie, la difesa ha “incentrato tutte le proprie argomentazioni sulla efficacia nel caso di specie del documento di valutazione del rischio (DVR), che è cosa diversa dal richiamato modello organizzativo”.
Pertanto, “non può attribuirsi efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ad un documento che non esiste.”
Fonti: Puntosicuro.it, Olympus.uniurb.it, Anna Guardavilla (Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro)