Un documento riporta i risultati di un’indagine sul campo tra lavoratori, RLS e datori di lavoro di otto paesi europei per rilevare lo stato dell’arte della valutazione del rischio stress e delle criticità presenti nelle aziende.

Alcune ricerche in questi anni hanno rilevato come i rischi psicosociali rappresentino una reale fonte di preoccupazione per la maggior parte delle imprese dell’Unione Europea. Secondo questi dati quasi l’80 % dei dirigenti si dichiara preoccupato per lo stress legato all’attività lavorativa.

Diventa dunque sempre più importante raccogliere utili informazioni sulle criticità, sull’efficacia delle misure di prevenzione e sullo stato dell’arte nelle aziende in relazione al rischio stress lavoro-correlato. Informazioni che possano divenire per le aziende un punto di partenza per migliorare la prevenzione, applicare correttamente la normativa e ridurre l’impatto dello stress sulle aziende.

Per raccogliere queste informazioni torniamo a soffermarci sul Progetto REST@Work – Reducing stress at work che, finanziato dall’Unione Europea e sviluppato in Italia dall’Unione Italiana del Lavoro ( UIL), ha permesso, tramite specifiche indagini, di analizzare molti aspetti rilevanti correlati ai rischi psicosociali nelle aziende con specifico riferimento alla situazione negli otto paesi che partecipano al progetto: Francia, Grecia, Italia, Lituania, Portogallo, Romania, Spagna, Ungheria. Aspetti rilevanti che sono stati raccolti e analizzati nel documento “REST@Work – REducing STress at Work. Stress lavoro correlato: un rischio da gestire insieme”, a cura di Christian Nardella, Feliciano Iudicone, Silvia Sansonetti (Fondazione Giacomo Brodolini), Fulvio D’Orsi (ITAL-UIL) e Gabriella Galli (UIL).
Il documento ricorda che, in relazione al progetto REST@Work, è stata svolta sia un’indagine “desk” (ad esempio sulla normativa e sull’applicazione l’Accordo quadro sullo stress lavoro-correlato dell’8 ottobre 2004), sia un’indagine sul campo attraverso questionari e focus group.

In particolare l’indagine sul campo condotta mediante i questionari, in tutti i paesi partner, è stata indirizzata a tre diverse figure aziendali, “la cui collaborazione garantisce l’efficacia delle azioni di prevenzione”: datori di lavoro, lavoratori e rappresentanti con competenza specifica in materia di salute e sicurezza delle piccole e medie imprese. E gli obiettivi dell’indagine si sono sviluppati, con molte interconnessioni, lungo i seguenti livelli di analisi:

a) rilevazione dello stato dell’arte della valutazione del rischio stress lavoro-correlato con l’attuazione di eventuali misure di prevenzione e attenzione posta alle differenze tra piccole, medie e grandi aziende;

b) rilevazione degli aspetti chiave nel processo di coinvolgimento dei diversi soggetti;

c) rilevazione delle condizioni che rappresentano le maggiori criticità dell’ambiente di lavoro.

Queste invece le aree indagate:

profilo socio-biografico e lavorativo;
stato dell’arte della valutazione dello stress lavoro-correlato (SLC);
formazione/informazione dei lavoratori e RLS;
coinvolgimento dei lavoratori e dei RLS nella valutazione dello stress lavoro-correlato;
caratteristiche del rischio da stress lavoro-correlato dell’ambiente di lavoro;
livello di benessere/disagio lavorativo”.

I dati hanno riguardato ben 1.310 intervistati di cui 855 sono lavoratori, 289 sono Rappresentati dei Lavoratori per la Sicurezza e 166 sono datori di lavoro degli otto paesi partner del progetto.

Rimandando alla lettura integrale del documento, che riporta anche molti grafici esplicativi, ci soffermiamo su alcuni dati.

Ad esempio riguardo allo stato dell’arte della valutazione dello Stress lavoro-correlato e, in particolare, sul fatto se in azienda sia stata effettuata o meno la valutazione dello stress lavoro-correlato, si hanno queste risposte:

se prendiamo in considerazione “ciò che è stato dichiarato dai Lavoratori vediamo come, nella maggior parte dei paesi, proprio i lavoratori (6 su 8), dichiarino che questa non è stata mai effettuata con percentuali che vanno dal 40% al 56%”;
se analizziamo le risposte fornite dai RLS “vediamo come nella maggior parte dei paesi i lavoratori (5 su 8), dichiarano che questa non è stata mai effettuata, con percentuali che vanno dal 50% al 89%”;
infine secondo i Datori di lavoro “vediamo che con riferimento alla valutazione dello stress lavoro-correlato nella maggior parte dei paesi, i lavoratori (6 su 8) dichiarano che questa non è stata mai effettuata con percentuali che vanno dal 42% al 94%”.

Inoltre se si analizzano nel dettaglio le risposte sulle misure di prevenzione si osserva come “quasi il 50% dei lavoratori non sappia quali azioni siano state intraprese, per i RLS la percentuale scende al 19% e per i Datori di lavoro al 4,7%. L’intervento maggiormente utilizzato sembra essere la formazione”. Oltre alla formazione “troviamo azioni per il miglioramento della comunicazione interna”, seguono le “misure di tipo ergonomico (progettazione/riprogettazione dell’ambiente e dei processi di lavoro)”.

Riguardo poi alla formazione/informazione, i risultati dell’indagine indicano che “una formazione aziendale specifica sul rischio da stress lavoro-correlato non è stata svolta in maniera adeguata per i lavoratori: infatti l’82% non ha partecipato a nessun corso specifico, l’11% ha affrontato il tema dello stress lavoro-correlato nei corsi generici su Salute e Sicurezza sul Lavoro e solamente il 7% ha effettuato corsi specifici sullo stress lavoro-correlato”.

Veniamo, infine, a raccogliere alcune indicazioni sulle percezioni dei lavoratori, dei RLS e dei Datori di lavoro in merito alle caratteristiche maggiormente critiche del rischio da stress lavoro-correlato presenti sul posto di lavoro:

“analizzando le risposte dei lavoratori vediamo come per il carico di lavoro il punteggio più basso (sinonimo quindi di molta presenza di criticità) sia stato ottenuto dalla Grecia (m=1,62), seguita dalla Francia (m=1,95) e dalla Romania (m=2,09), mente il punteggio più alto (sinonimo quindi di una minore presenza di criticità) è stato ottenuto dalla Lituania (m=2,85) e dall’Ungheria (m=2,79)”;
“per l’evoluzione di carriera i punteggi medi sono leggermente più alti, tuttavia il punteggio più critico è stato evidenziato dalla Francia (m=2,26), dalla Grecia (m=2,40) e dall’Italia (m=2,56); i punteggi più alti sono stati ottenuti invece dalla Lituania (m=2,72) e dall’Ungheria”;
“per la caratteristica dell’ambiente e delle attrezzature di lavoro i punteggi più critici sono stati raggiunti dalla Grecia (m=2,02), dalla Romania (m=2,73) e dall’Italia (m=2,87); i punteggi meno critici dall’Ungheria (m=3,19) e dal Portogallo (m=3,14)”;
“ulteriore aspetto è la pianificazione dei compiti: i punteggi più critici sono stati quelli della Grecia (m=1,83) e della Romania, mentre quelli sopra la media sono stati quelli di Ungheria (m=3,02) e Portogallo (m=3,01). In relazione all’orario di lavoro sempre la Grecia (m=1,87) e la Romania (m=2,58) ottengono il punteggio più basso, mentre l’Ungheria il più alto (m=3,36)”;
“per quanto riguarda i rapporti interpersonali oltre alla Grecia (m=1,92) anche la Francia (m=2,68) e la Romania (m=2,70) ottengono punteggi inferiori alla media, mentre sopra la media troviamo la Lituania (m=3,28)”;
“in relazione alla cultura organizzativa oltre ai punteggi inferiori della media per Grecia (m=1,95) e Romania (m=2,13), troviamo il Portogallo (m=3,11) e la Lituania (m=3,21) che si posizionano sopra la media del campione”;
“per la dimensione dell’autonomia decisionale oltre alla Grecia (m=2,03) troviamo, sotto la media, l’Italia (m=2,68) mentre tra le nazioni sopra la media la Lituania (m=3,37) e l’Ungheria (m=3,15)”.

E, più sinteticamente, il ruolo è risultato “un elemento critico per la Grecia, la Romania, l’Italia e la Francia, mentre è vissuto meno criticatamene da Lituania e Portogallo. Infine per la dimensione della conciliazione vita privata/lavoro troviamo nella stessa condizione Grecia, Romania, Italia e Francia che sottolineano come sia un aspetto critico, con punteggi al di sotto della media, mentre l’Ungheria, il Portogallo e la Lituania percepiscono questa dimensione in maniera meno critica”.

Nel documento sono poi riportati anche i risultati, sensibilmente differenti, delle risposte di RLS e datori di lavoro.

Concludiamo dando qualche informazione su un ulteriore aspetto indagato, quello relativo alla dimensione aziendale e al ruolo nella percezione delle diverse caratteristiche maggiormente critiche del rischio da stress lavoro-correlato presenti sul posto di lavoro. Come per le analisi precedenti ci soffermiamo su alcuni dei dati presentati:

“analizzando le risposte dei lavoratori vediamo come per il carico di lavoro i punteggi maggiormente critici siano riportati dai lavoratori delle aziende piccole (m=1,88) (inferiori a 9 dipendenti) e da quelli delle medie aziende (50-250 dipendenti). Sia per il RLS che per il Datore di Lavoro i punteggi in questa dimensione, anche se non elevati, sono molto simili tra loro anche tra le diverse dimensioni aziendali”;
per l’evoluzione di carriera il punteggio critico è riportato dai lavoratori delle aziende piccole (m=2,81) (10-49 addetti), seguito a pari merito dalle aziende micro e quelle medie; da segnalare un punteggio negativo indicato anche dai Datori di lavoro delle medie aziende (m=2,87)”;
per la dimensione dell’ambiente di lavoro e delle attrezzature il valore più basso è del lavoratore delle micro-aziende (m=2,33), tuttavia si segnala anche una convergenza tra i RLS (m=2,82) ed i Datori di lavoro (m=2,85) nell’evidenziare questo come un aspetto critico nelle aziende di medie dimensioni”;
“per quanto concerne la dimensione della pianificazione dei compiti abbiamo una sostanziale convergenza tra le tre figure (lavoratore, RLS e DL): nelle micro-aziende risulta un aspetto leggermente critico”.

Segnaliamo, infine, che riguardo alla dimensione aziendale l’indagine si è soffermata anche su orario di lavoro, relazioni interpersonali, cultura organizzativa, autonomia decisionale, conciliazione vita privata/lavoro, …

REST@Work – REducing STress at Work. Stress lavoro correlato: un rischio da gestire insieme”, a cura di Christian Nardella, Feliciano Iudicone, Silvia Sansonetti (Fondazione Giacomo Brodolini), Fulvio D’Orsi (ITAL-UIL) e Gabriella Galli (UIL), pubblicazione realizzata all’interno del progetto REST@Work – REducing STress at Work co-financed by the European Union under the Programme Social Dialogue – DG EMPL

 

Fonti: Puntosicuro.it, Uil, Ital Uil, Fondazione Giacomo Brodolini