Un intervento affronta il tema della sicurezza nel mondo degli appalti e si sofferma sulla normativa, sul regime di solidarietà, sulle dispute dottrinali, sulle responsabilità di committenti e appaltatori e sulla solidità delle strutture imprenditoriali.
Nel mondo del lavoro uno dei temi più delicati da trattare, con riferimento alle responsabilità e tutele in materia di salute e sicurezza, riguarda quello della responsabilità solidale negli appalti e nei subappalti, dove con “ responsabilità solidale” si intende la situazione in cui più soggetti si trovano obbligati a una medesima prestazione.
E proprio per tutelare i lavoratori negli appalti – un contratto con cui una parte, l’appaltatore, assume l’obbligazione di compiere un’opera o un servizio in favore di un’altra, committente o appaltante – la legge pone a carico del committente un regime di responsabilità solidale per eventuali inadempienze dell’appaltatore.
Per affrontare questo tema con riferimento ai rapporti tra committenti, appaltatori, datori di lavoro e alla tutela della sicurezza nei lavori in regime di appalto, torniamo a presentare un intervento dal titolo “Responsabilità negli appalti e tutela della salute e sicurezza dei lavoratori” e a cura di Manuela Tortora (Avvocato del Foro di Gorizia).
L’intervento è raccolto nel volume “ Sicurezza accessibile. Sicurezza e appalti: un incrocio pericoloso?”, curato da Giorgio Sclip ed edito da EUT Edizioni Università di Trieste, che raccoglie i contributi della giornata di studi “Sicurezza e appalti: incroci pericolosi? Obblighi e criticità tra il D. lgs 81/08 e il D.lgs 50/2016” che si è tenuta il 22 ottobre 2018 a Trieste.
Presentando l’intervento ci siamo già soffermati, con riferimento del, sui requisiti di idoneità tecnico professionale dell’impresa appaltatrice, sugli obblighi di cooperazione e coordinamento e sulla redazione del DUVRI.
Oggi, sempre in relazione al contenuto dell’intervento, affrontiamo i seguenti argomenti:
- Gli appalti, il regime di solidarietà e le dispute dottrinali
- Le responsabilità di committenti e appaltatori
- L’importanza di una struttura imprenditoriale solida ed affidabile
Gli appalti, il regime di solidarietà e le dispute dottrinali
Nell’intervento di Manuela Tortora si ricorda che, per quanto riguarda il mondo degli appalti, la responsabilità del committente “non è concepita come alternativa a quella del datore di lavoro, che rimane sempre responsabile della verifica delle condizioni di sicurezza dei propri lavoratori”.
E in relazione ai confini oggettivi del regime di solidarietà, il passaggio dal D.Lgs. 626/94 al vigente Testo Unico ( Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008) “si è caratterizzato per l’apertura di un’importante disputa dottrinale”.
Infatti – continua l’intervento – “l’obbligo di coordinamento e collaborazione nella 626 era previsto solo per gli appalti interni, da svolgersi in locali di cui l’appaltatore avesse la disponibilità materiale o fisica, in base al c. d. ‘criterio topografico’. La successiva L. 296/2006 ha aperto al c. d. ‘criterio funzionale’, per cui l’ambito di operatività della collaborazione prevenzionale è stato esteso anche agli appalti rientranti nel ciclo produttivo del committente e, quindi, a tutte le attività funzionali alla sua organizzazione produttiva, a prescindere dalla collocazione fisica dei locali in cui si svolge l’appalto”.
Si indica che prendendo spunto da questa divergenza, i primi commentatori del Testo Unico hanno interpretato l’art. 26 in maniera profondamente diversa:
- un primo orientamento “ha attribuito alla norma della responsabilità solidale una portata generale, ritenendo l’art. 26 applicabile a tutti gli appalti, sia interni che esterni all’impresa, e riconducendo la giustificazione di detta solidarietà all’assunzione da parte del committente del rischio dell’attività appaltata, a prescindere dal luogo di svolgimento di quest’ultima”. Si è affermato – continua la relatrice – che la norma “avesse una propria autonomia rispetto alle previsioni dei commi precedenti” e che si applicasse “esclusivamente ai committenti aventi la qualifica di imprenditore ed a tutti gli appalti, senza dover osservare i limiti posti dall’art. 26 al primo comma”;
- un secondo orientamento che, invece, “attribuendo al meccanismo della solidarietà il ruolo di sanzionare gli inadempimenti agli obblighi elencati ai commi precedenti lo ritiene applicabile solo agli appalti interni dove è imprescindibile la giuridica disponibilità dei luoghi in cui si svolge l’appalto, tenuto conto dell’espresso richiamo contenuto nell’art. 26 comma 1 (alla disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione autonoma/ applicabile solo agli appalti interni al ciclo produttivo del committente)”. I sostenitori di questa seconda soluzione “limitano le responsabilità del committente solo ai casi di sua colpa, discendente dalla mancata ottemperanza agli obblighi previsti nei commi 1 e 2 e soprattutto con riferimento ai compiti di coordinamento e cooperazione”.
Si indica che la giurisprudenza non ritiene che tale disputa dottrinale sia di rilevanza dirimente “riconducendo piuttosto la responsabilità all’analisi dell’effettiva posizione assunta da ciascun soggetto nella dinamica dell’evento e nel ciclo produttivo. Si deve verificare, di volta in volta, l’effettiva incidenza dei diversi soggetti nell’eziologia dell’evento, le specificità del lavoro da eseguire, i criteri seguiti dal committente nella scelta dei soggetti cui affidare i lavori, la sua ingerenza nel loro svolgimento, il grado di percepibilità da parte di soggetti diversi di eventuali situazione di rischio, l’adempimento degli obblighi di informazione e formazione circa i pericoli insiti nell’ambiente di lavoro e nella specifica attività affidata a ciascun lavoratore, la predisposizione di specifiche misure di coordinamento, nonché l’esistenza di un adeguato sistema di vigilanza e controllo nella gestione dei lavori”.
E per comprendere le ragioni di una tale impostazione “occorre evidenziare la ratio della disposizione in esame. La norma mira a tutelare i lavoratori dai rischi cd. interferenziali che si verificano, a prescindere dalla contiguità spaziale e dalla pertinenza dei luoghi in cui si svolge la prestazione lavorativa, allorquando in un medesimo contesto si trovano ad operare più organizzazioni a cui corrispondono altrettante posizioni di garanzia (Cass. Pen., sez. IV, n. 30557/2016). E l’esclusione dei rischi cd. specifici propri di ciascun appaltatore dall’ambito della responsabilità solidale di cui al comma 4 (sempre dell’articolo 26 del Testo Unico), “sta a significare implicitamente il fatto che il Legislatore della riforma ha inteso neutralizzare proprio i rischi interferenziali, prescindendo da un’analisi circa il luogo di svolgimento della prestazione, dovendosi piuttosto valutare, caso per caso, l’incidenza delle rispettive posizioni di garanzia nella verificazione dell’evento”.
Le responsabilità di committenti e appaltatori
Si indica poi che comunque la giurisprudenza “va oltre”.
Mossa da “un avvertito bisogno di tutela sempre più ampio, afferma che comunque, anche assolvendo a tutti i doveri prescritti dai primi tre commi dell’art. 26, non può negarsi una responsabilità del committente laddove l’inidoneità tecnica della appaltatrice emerga con riferimento alle concrete circostanze di fatto”.
E tale principio, in un’ottica di maggior tutela per il lavoratore, “impedisce alla committente di invocare ad esenzione di responsabilità dei meri elementi formali consistenti, il più delle volte, in semplici autocertificazioni prodotte dalle ditte appaltatrici” (Cass. Pen. sez. IV, n. 44131/2015).
Indipendentemente dagli obblighi specifici che l’art. 26 del D.Lgs. 81/2008 “pone a carico del committente e/o dei diversi datori di lavoro che si trovano a cooperare nello stesso ciclo produttivo, in capo a ciascuno di essi sussiste comunque il generale obbligo di valutare tutti i rischi presenti nell’ambiente di lavoro coerentemente con la sentenza storica della Corte di giustizia c/Italia 49/00 e, diremo noi, con la clausola di carattere generale di tutela del lavoratore di cui all’art. 2087 c.c.”.
In definitiva la posizione di garanzia dei soggetti coinvolti nell’esecuzione dei lavori “viene di volta in volta ricostruita sulla base dell’effettivo assetto organizzativo e dell’incidenza concreta delle azioni o omissioni di ciascuno all’eziologia dell’evento, senza che situazioni di carattere prettamente giuslavoristico possano incidere sulla ripartizione delle responsabilità che vengono spesso rinvenute per culpa in eligendo”.
Si indica che è invece “da escludere una responsabilità del committente per i danni derivanti da caso fortuito, forza maggiore o colpa stessa del lavoratore per la semplice ragione che tali casi non danno a priori titolo ad alcun risarcimento, ma solo alla tutela indennitaria di natura previdenziale”.
Quanto poi all’ambito soggettivo del regime di solidarietà in esame, “il legislatore indica quale responsabile solo il committente imprenditore, escludendo così i soggetti pubblici ed i committenti non imprenditori. Inoltre, il meccanismo di solidarietà viene riferito espressamente all’appalto e al subappalto, lasciando fuori le altre forme giuridiche di “outsourcing””.
La solidarietà viene poi “limitata ai rischi interferenziali e, come già segnalato, a quelli c. d. comuni, ovvero incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto, e non opera per i danni determinatisi in conseguenza dei rischi specifici e propri dell’attività delle imprese appaltatrici”.
Inoltre i rischi propri dell’appaltatore “sono individuati in quelle attività che richiedono una specifica competenza tecnica, la conoscenza di specifiche procedure di lavorazione o l’uso di determinati macchinari. Si è così affermato che l’esclusione di responsabilità sia configurabile solo qualora l’appaltatore esegua lavori determinati e circoscritti in piena e assoluta autonomia”.
E si ritiene, in ogni caso, che “il committente risponda tutte le volte che il rischio sia palese e percepibile, quando non abbia esercitato il necessario controllo, consentendo l’inizio dei lavori in presenza di situazioni di fatto pericolose e in mancanza di idonee misure di prevenzione”. E la responsabilità del committente “può discendere anche da una sua ingerenza nell’attività dell’appaltatore, con la precisazione che non può ritenersi, in tali casi, che la responsabilità solidale sia estesa anche a fatti imputabili in via esclusiva a quest’ultimo. Tale responsabilità è stata affermata quando le richieste del committente risultavano talmente pressanti da ‘compromettere ogni attività ed autonomia dell’appaltatore’”.
Inoltre la responsabilità del committente per ingerenza “è stata affermata a fronte della messa a disposizione dei dipendenti dell’appaltatore di mezzi di lavoro non idonei, quando lo stesso committente abbia mantenuto ed esercitato i poteri direttivi seguendo le varie fasi delle lavorazioni o quando lo stesso abbia avanzato specifiche richieste o dato specifiche indicazioni per l’esecuzione dei lavori o quando, in un contesto di generale inosservanza delle misure di sicurezza, abbia contrattato tempi di lavorazione ristretti e tali da non consentire il rispetto delle regole di sicurezza oppure quando ci sia stata commistione o confusione tra i dipendenti del committente e quelli dell’appaltatore”.
Si afferma poi costantemente in giurisprudenza che “la responsabilità del committente sussiste quando l’inidoneità dell’appaltatore è palese e nella maggior parte dei casi la responsabilità viene desunta ex post ove si sia in presenza di un mancato adempimento agli obblighi di sicurezza e, in particolare, di quelli specifici di coordinamento e cooperazione oppure, come detto, in caso di ingerenza nell’esecuzione dei lavori”.
Viene escluso dal sistema di responsabilità solidaristico “il committente non imprenditore; il che, nell’ampia casistica dei lavori svolti per conto di un privato, pone non pochi interrogativi laddove si ravvisi un comportamento colpevole del privato riconducibile ad un’ingerenza, per esempio per avere fornito dei mezzi non idonei”.
Rimandiamo alla lettura integrale dell’intervento che segnala per ogni indicazione anche le sentenze della Cassazione di riferimento.
L’importanza di una struttura imprenditoriale solida ed affidabile
Infine l’intervento indica che non deve essere sottovalutata, nell’ambito antinfortunistico, “la valenza di un’altra norma dettata in tema di appalto d’opera o di servizio con riferimento alla responsabilità solidale tra datore di lavoro/appaltatore e committente nel pagamento delle spettanze retributive, ivi compreso il t.f.r., e contributive maturate dai lavoratori impiegati nell’appalto”. Il riferimento è all’art. 20 del D. Lgs 376/2003 che “è stato oggetto di diversi interventi legislativi che hanno inciso sia sotto il profilo processuale che sostanziale sulla norma”.
La struttura solidale dell’obbligazione proposta dal richiamato precetto – conclude l’intervento – “consente ad ogni creditore di esigere l’intero da ciascun debitore impegnato nella filiera dell’appalto, con l’unico limite legato alla natura dell’emolumento rivendicato”.
E risulta evidente che la ratio della norma “è rappresentata dall’esigenza di incentivare un utilizzo virtuoso del contratto d’appalto attraverso una selezione di imprenditori affidabili, da prediligere rispetto a imprenditori più economici ma che rilasciano minori garanzie di serietà nel pagamento dei lavoratori impiegati nell’appalto; nonché un controllo costante e pregnante da parte della committente durante tutto l’arco del rapporto contrattuale”.
In fondo la presenza di una struttura imprenditoriale solida ed affidabile non potrà che giovare anche al sistema della sicurezza perché “è chiaro che incoraggiare la scelta di soggetti economici ‘virtuosi’ equivarrà con ottime probabilità a impiegare nel ciclo degli appalti soggetti competenti e attenti al rispetto della normativa, anche sotto il profilo della prevenzione e della sicurezza sul lavoro”.
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Fonti: Puntosicuro.it,