Analizzando i dati sugli infortuni si rileva che la componente in itinere rappresenta il 15% delle denunce e il 25% degli infortuni mortali. S ne parlia con Andrea Bucciarelli della Consulenza Statistico Attuariale dell’Inail.

Quando si leggono e si cercano di comprendere i dati relativi agli accadimenti infortunistici sul lavoro in Italia, spesso ci si sofferma preoccupati sul numero degli infortuni mortali su strada che sono circa la metà di tutti gli infortuni mortali professionali.

Tuttavia proprio perché alla “preoccupazione” è bene far seguire idonee politiche e strategie di prevenzione, a livello pubblico e privato, è importante cercare di analizzare meglio questa tipologia di infortuni.

Per questo motivo abbiamo pubblicato qualche settimana fa l’intervista a Federico Ricci (psicologo del lavoro e docente dell’Università di Modena e Reggio Emilia) sulle cause degli infortuni stradali con flotta aziendale e presentiamo invece oggi una intervista, realizzata il 19 ottobre 2016 ad Ambiente Lavoro a Bologna, su un tema correlato agli infortuni su strada: gli infortuni in itinere.
Riprendiamo innanzitutto una definizione data dall’Inail su questa tipologia di infortuni: si definisce ‘in itinere’ l’infortunio occorso al lavoratore durante il normale percorso di andata e ritorno dall’abitazione al posto di lavoro, o durante il normale tragitto che collega due luoghi di lavoro (in caso di rapporti di lavoro plurimi), o durante il normale percorso di andata e ritorno da luogo di lavoro a quello di consumazione dei pasti (qualora non esista una mensa aziendale). Gli eventi sono tutelati a condizione che eventuali interruzioni o deviazioni dal ‘normale’ percorso non siano del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non siano ‘necessitate’: l’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute, a causa di forza maggiore, ad esigenze essenziali e improrogabili oppure all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti. La tutela assicurativa opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato purché ‘necessitato’ (come ad esempio: per inesistenza di mezzi pubblici che colleghino l’abitazione del lavoratore al luogo di lavoro, incongruenza degli orari dei servizi pubblici con quelli lavorativi, distanza minima del percorso tale da poter essere coperta a piedi). Restano comunque esclusi dalla tutela gli infortuni direttamente causati dall’ abuso di alcolici e di psicofarmaci, dall’uso non terapeutico di sostanze stupefacenti e allucinogeni, gli infortuni occorsi al conducente sprovvisto della prescritta abilitazione alla guida. La classe in itinere è ripartita nei sottoinsiemi ‘senza mezzo di trasporto (coinvolto)’ e ‘con mezzo di trasporto (coinvolto)’”.

Per parlare di infortuni in itinere, analizzandone i dati e la dimensione del fenomeno, abbiamo intervistato Andrea Bucciarelli (Consulenza Statistico Attuariale dell’Inail), relatore, sul tema dell’itinere, al workshop ad Ambiente Lavoro “Infortuni: lettura del dato e approfondimenti su pirotecnia, costruzioni e itinere”.

E parlando con Bucciarelli abbiamo avuto anche modo di conoscere meglio non solo cosa sia la Consulenza Statistico Attuariale dell’Inail, ma anche l’importanza, per tutte le persone interessate alla tutela di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di strumenti come la Banca dati statistica, con milioni di tavole che riguardano il fenomeno infortunistico e tecnopatico, e l’Open Data, un set di dati pubblici, in formato aperto: un patrimonio di dati che può rappresentare un’utile opportunità anche a livello sociale e scientifico.

Cosa è la Consulenza Statistico Attuariale? Quali strumenti offre? Come si può accedere ai dati statistici?

Nell’intervista con Andrea Bucciarelli ci soffermiamo poi in specifico sui dati, perché l’analisi dei dati fornisce, come vedremo, utili informazioni per la comprensione dei fenomeni.

Cosa è l’infortuno in itinere? E qual è la dimensione del fenomeno anche in rapporto al dato degli infortuni stradali?

Quali possono essere le cause?

Analizzando i dati emergono delle specificità? Ad esempio c’è differenza tra i dati che riguardano lavoratori e lavoratrici?

Prima di riportare l’intervista ricordiamo che, come indicato anche dallo stesso Bucciarelli, gli aggiornamenti dei canali informativi online sul portale – banca dati statistici e open data – avvengono ogni sei mesi, generalmente al 30 aprile e al 31 ottobre, per avere una fotografia aggiornata degli archivi e consolidare i dati pubblicati. I dati riportati nell’intervista fanno riferimento all’aggiornamento al 30 aprile 2016, mentre per dati più tempestivi riportiamo alcune tavole, tratte dalla Banca dati statistica Inail aggiornata al 31 ottobre 2016.

Come sempre diamo la possibilità ai nostri lettori di visualizzare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

(…)

Quando si parla di infortuni in itinere spesso si accenna alle tutele dell’Inail, alle circolari, alle novità normative, che modificano o ampliano le tutele, ma non sempre è chiara l’entità del problema… Anche perché se circa metà degli infortuni mortali professionali avvengono su strada, una gran parte di questi avviene in itinere…

Andrea Bucciarelli: “(…) In effetti l’infortunio in itinere è molto collegato al rischio stradale. Perché, dati alla mano, praticamente quasi l’80% degli infortuni in itinere, in complesso denunciati, hanno visto un mezzo di trasporto coinvolto. (…)

Se mettiamo in campo anche gli infortuni con mezzo di trasporto coinvolto di chi ci lavora saliamo a cifre che fanno anche stupire: oltre il 50%, un morto su due, avviene su strada, a livello di infortuni sul lavoro. Questo se mettiamo nel conto, ad esempio, anche l’attività di tassisti, camionisti o di chi lavora in cantieristica stradale, anche solo per sistemare la segnaletica…

Comunque il fatto saliente è che un morto su quattro è avvenuto in itinere. E aggiungo che se gli per infortuni in complessi in itinere parlavamo di un 80% stradali, per i casi mortali passiamo al 96%: la quasi totalità degli infortuni in itinere mortali sono avvenuti con un mezzo di trasporto coinvolto, quindi prevalentemente su strada”.

Diamo qualche altro dato sugli infortuni in itinere…

Andrea Bucciarelli: “Fornendo un quadro generale dell’infortunistica, noi abbiamo le denunce per l’anno avvenimento 2015, denunce di infortunio per tutte le gestioni, che sono state 636 mila. Di queste denunce il 15%, 95 mila, sono in itinere, quindi rappresentano un 15% di tutte le denunce. C’è poi anche un percorso riconoscitorio: non tutte le denunce sono assicurativamente indennizzabili o perché la persona non era tutelata o perché la richiesta è stata fatta ma non c’erano i presupposti, per esempio non era di origine lavorativa. Quindi non tutte le denunce hanno poi seguito con un accertamento di indennizzo. Delle 636 mila denunce ne sono state accertate positivamente 416 mila e di queste 58 mila sono state quelle riconosciute in itinere.

Quindi, riepilogando il dato, abbiamo 95 mila denunce nel 2015 di infortuni in itinere. Di queste circa il 60% è stato poi riconosciuto positivamente come un vero infortunio sul lavoro avvenuto in itinere.

Poi c’è una componente che purtroppo ha avuto un esito mortale. Le denunce in generale, per tutte le gestioni, per tutte le casistiche che sono state protocollate dall’Istituto, sono state, nell’anno 2015, 1246. Di queste, 310 denunce riguardano proprio la casistica in itinere e quindi saliamo a un 25%. Il 15% era sulle denunce in generale, per gli infortuni mortali saliamo con la componente in itinere al 25%. Anche queste purtroppo non tutte sono riconoscibili, non tutte sono dovute al lavoro (…). Ad esempio se ci sono delle deviazioni non necessitate, arbitrarie (…) non si avrà un infortunio sul lavoro e in itinere”…

Fonte Inail – Banca dati statistica aggiornata al 31 ottobre 2016 (Infortuni complessivi e Infortuni mortali)


Riepiloghiamo i dati e diamo anche qualche informazione sull’andamento degli infortuni fuori dai nostri confini…

Andrea Bucciarelli: “Mi ero dimenticato di dire che delle 310 denunce di casi mortali in itinere, ne sono state riconosciute al 30 aprile 2016, quando la “fotografia” è stata effettuata, 177. Questi 177 rappresentano il 26% di tutti gli infortuni mortali che sono stati accertati.

Quindi riepiloghiamo in generale. Di 100 infortuni avvenuti e riconosciuti dall’INAIL, il 14% è avvenuto in itinere, la maggior parte di questi con mezzo di trasporto coinvolto.

Quando andiamo sui casi mortali abbiamo che, di 100 casi mortali riconosciuti dall’INAIL, 27, cioè il 27%, sono accaduti in itinere, il restante 73 in occasione di lavoro. Quindi uno su 4 dei morti sul lavoro riconosciuti dall’INAIL è avvenuto in itinere. E questi sono prevalentemente avvenuti, il 96%, con mezzo coinvolto.

Se andiamo un po’ fuori dal sentiero dell’itinere e ci inserissimo anche gli infortuni mortali stradali con mezzo di trasporto in occasione di lavoro – tassisti, camionisti, eccetera – vedremmo che l’evento stradale con mezzo di trasporto incide moltissimo perché almeno un morto su due ore muore su strada: può essere in itinere, può essere in occasione di lavoro. Ma questo palesa un problema anche di circolazione, di viabilità, sul quale si può e si deve intervenire.

Per l’itinere – ricollegandosi al problema della viabilità, alla circolazione, fondamentalmente quella stradale – la prevenzione risulta anche più difficile, perché lì intervengono elementi esterni all’Istituto, esterni anche al datore di lavoro. Tanto è vero che quando si vuole indagare il fenomeno per settore di attività economica, per tipo di professione, c’è una criticità: perché in realtà agli infortuni in itinere siamo esposti tutti (…), tutti o quasi ci spostiamo su strada e corriamo un rischio. E lì entrano in gioco delle cose sulle quali anche l’INAIL o il datore di lavoro hanno dei limiti di intervento, perché parliamo di infrastrutture stradali, di segnaletica o magari di benefici che possono derivare dalla rotatoria piuttosto che da un incrocio secco.

In questo senso c’è tuttavia un grosso interesse da parte di tutti, gli enti e le istituzioni pubbliche. Ci sono gruppi di lavoro che coinvolgono il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ACI, Istat: tutti stanno raccogliendo e mettendo a fattor comune i loro dati, compreso l’INAIL per quelli che riguardano quelli sul lavoro, in termini di incidentalità stradale. Anche il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti pubblica un rapporto nel quale cerca di concentrare poi le varie esperienze.

La criticità della strada, del mezzo di trasporto, del pericolo che si corre, è molto sentito in Italia come anche all’estero. Perché dati alla mano, anche in Europa c’è stato nel 2015 un aumento dei morti su strada, come in Italia”. (…)

Fonte Inail – Banca dati statistica aggiornata al 31 ottobre 2016 (Definizione infortuni complessivi e infortuni mortali)


C’è diversità tra lavoratori e lavoratrici relativamente agli infortuni in itinere?

Andrea Bucciarelli: “Questo è un elemento molto interessante da indagare per gli infortuni in itinere. Perché vediamo che la componente femminile, negli infortuni in itinere, è particolarmente esposta a rischio di infortunio, soprattutto stradale. (…)

Basti pensare che riguardo agli infortuni in occasione di lavoro, nel complesso, la componente femminile è del 30%, di quelli che vengono accertati dall’Inail. Nei casi mortali, in occasione di lavoro, solo il 6% sono donne. Questo perché, in generale, quando si parla di rischio – anche soprattutto letale o di incidente violento, eccetera – si va a fare riferimento ad attività anche fisiche dove sono prevalentemente impegnati gli uomini. È più usuale trovare in certi i tipi di attività, dove il rischio è notevole, più presenza maschile che femminile.

Viceversa nell’itinere troviamo che più della metà degli infortuni in itinere accertati dall’Istituto, il 52%, è occorso a donne. Questo dimostra, ad esempio, la trasversalità del rischio, nel senso che incorriamo tutti nel rischio di incidenti stradali (…).

L’Istat indica poi che gli occupati al 40% sono donne, ma in realtà se andassimo a dettagliare meglio la cosa vedremmo che nei servizi le donne sono il 60%. (…) E ci sono attività, ad esempio le colf, che hanno più datori di lavoro, si devono spostare anche più frequentemente nell’arco di una stessa giornata da un lavoro all’altro (…) e possono dunque avere un rischio maggiore.

(…) Le donne sono più sensibili al rischio itinere perché sono più sensibili al rischio stradale. Perché normalmente nell’attività lavorativa sono mediamente impiegate in attività non particolarmente pesanti o esposti a rischio violento, come invece alcune categorie maschili (…).

Un dato ce lo dice più di altri. Guardando solo gli infortuni che occorrono alle donne: oltre la metà dei loro infortuni mortali accertati positivamente dall’Istituto sono accaduti in itinere. Quindi su 100 donne lavoratrici morte, il 56% sono morte in itinere.

Se andassimo a fare questa stessa analisi sui maschi, vedremmo che su 100 lavoratori maschi deceduti, accertati positivamente dall’Istituto, 24 sono morti in itinere e 76 sul lavoro.

Questo ci dice come ci sia una concentrazione maschile, piuttosto che femminile, in attività lavorative pericolose, mentre le donne – mediamente, perché ci sono anche donne con lavori molto impegnativi – sono più impiegate in attività di servizi o di concetto (…).

Questo naturalmente le preserva da un punto di vista da certi incidenti violenti sul posto di lavoro in occasione di lavoro, ma rimangono esposte tanto quanto i maschi – se non di più, potrebbero dire magari alcune madri di famiglia che devono incastrare e conciliare l’attività lavorativa con l’attività familiare e quindi hanno mangiare distrazione, maggior necessità di spostamenti – agli infortuni in itinere piuttosto che a quello in occasione di lavoro”.

Link alla pagina Inail relativa a dati e statistiche…

link del video dell’intervista ad Andrea Bucciarelli

 

Fonti: Puntosicuro.it, Inail