Un documento fornisce informazioni sulla valutazione del rischio di caduta in piano e sulle condizioni che incrementano il rischio di scivolamento. Focus sulla prima fase di un protocollo per la misura strumentale e sull’analisi della pavimentazione.

Se il rischio di caduta in piano rappresenta oggi un rischio che il datore di lavoro deve valutare, identificando adeguate misure protettive, nella pratica corrente “la valutazione del pericolo caduta viene condotta solo per gli ambienti nei quali questo è riconosciuto come rischio specifico”. E bisogna ricordare che i datori di lavoro “sono chiamati ad assicurare adeguate condizioni di sicurezza e protezione non solo per i propri dipendenti, ma per tutti i soggetti che, per qualsiasi motivo e indipendentemente dal tempo di permanenza, sono presenti nell’ambiente di lavoro”.

A ricordare in questi termini le criticità e l’importanza della valutazione del rischio di caduta in piano è il documento “ Valutare il rischio di caduta in piano. Progetto RAS, Ricercare e Applicare la Sicurezza, Volume 1”, frutto della collaborazione tra Inail – Direzione regionale Campania e Università degli Studi di Napoli Federico II; un documento che oltre ad analizzare la letteratura tecnica e scientifica sul tema della scivolosità delle pavimentazioni presenta indicazioni sui criteri e sui protocolli per la valutazione del rischio.

Per favorire la prevenzione e un’adeguata valutazione del rischio di caduta in piano e del rischio di scivolamento, ci soffermiamo oggi sulle prime fasi del protocollo per la misura strumentale con particolare riferimento ai seguenti argomenti:

  • Caduta in piano e valutazione: la campagna di rilievo
  • Caduta in piano e pavimentazione: finiture, vetustà e manutenzione
  • Caduta in piano e pavimentazione: le variabili della posa in opera

Caduta in piano e valutazione: la campagna di rilievo

In relazione ai protocolli per la valutazione del rischio il documento si sofferma sul protocollo per la misura strumentale, con particolare riferimento alla campagna di rilievo con cui si definisce l’area operativa “nelle sue coordinate spaziali e le modalità con cui devono essere svolte le operazioni per la misura”. Chiaramente i criteri con cui va impostato il rilievo incidono “sul tipo di risultati che produce, che dipendono strettamente dai criteri di rilevamento e la cui rappresentatività discende dalla logica con cui la campagna di rilevamento è stata istruita”.

Si ricorda, come già indicato in altre parti del documento, che la misura della scivolosità dei pavimenti “dipende da diversi fattori che possono pregiudicare la sicurezza della superficie di camminamento”. Tra questi, il CoF (coefficiente di attrito) rappresenta “la forza che resiste al movimento tra due superfici ed è espressa dal rapporto: μ = F/L dove μ è il coefficiente di attrito dinamico ed un valore adimensionale in quanto rapporto tra due forze, F è la forza orizzontale necessaria per mantenere il movimento tra le due superfici e L è la forza verticale o carico”. E al valore di μ così ottenuto corrispondono i range di tolleranza espressi dal Decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, recante “Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche”.

Il progetto della campagna di rilievo – continua il documento – può essere articolato in funzione di “diverse finalità:

  • verificare se su di una stessa pavimentazione si riscontri una variazione del CoF al variare delle condizioni d’uso cui è sottoposta;
  • verificare se le operazioni di manutenzione ordinaria e pulizia producono variazioni del CoF;
  • individuare la distribuzione delle variazioni del CoF mappando le superfici omogenee rispetto ai fattori selezionati;
  • verificare la variazione del dato rispetto a condizioni d’uso e manutenzione uguali su superfici differenti”.

Si indica poi che gli stessi fattori rispetto a pavimentazioni differenti o a differenti condizioni d’uso “possono produrre effetti peggiorativi o anche migliorativi del CoF perché combinazioni di più fattori (come uso, pulizia, usura, ecc.) determinano un incremento del valore di μ o anche un decremento in rapporto alle caratteristiche del materiale. Un esempio significativo può essere dato dalla oggettiva constatazione che il valore di μ diminuisce su superfici porose con depositi di polvere rispetto alla condizione di “pulito”, mentre sulle superfici lisce non pulite il μ ha un valore più elevato rispetto a quello rilevabile dopo un ciclo di pulizia”.

Caduta in piano e pavimentazione: finiture, vetustà e manutenzione

Si segnala poi che tra i “fattori maggiormente rilevanti rispetto alla valutazione del COF delle superfici di camminamento si considerano:

  • finitura superficiale (liscia, rugosa, lucida, matta, assorbente, idrorepellente);
  • vetustà del pavimento (anno di messa in opera o anno di rigenerazione del pavimento);
  • cicli di pulizia, attrezzature e detergenti impiegati;
  • dimensione delle linee di fuga;
  • dimensione degli elementi (piastrella/lastra/doga);
  • disposizione degli elementi (parallela, perpendicolare, trasversale al verso di camminamento)”.

Non bisogna poi dimenticare che la finitura superficiale di ogni pavimentazione “ha un COF proprio che in genere è certificato dal fornitore e dipende dalla porosità del materiale e dalla rugosità della superficie esposta al calpestio. Questi parametri possono tuttavia variare nel tempo in funzione delle condizioni d’uso e manutenzione a cui sono sottoposti”.

Ad esempio le superfici usurate “possono presentare un coefficiente di attrito più elevato nei casi in cui, perso lo strato di finitura, la superficie del materiale di supporto abbia caratteristiche di maggiore porosità e rugosità, mentre in altri casi la rugosità superficiale può essere invece attenuata dall’usura se il materiale è poco resistente e così offrire al camminamento una superficie liscia con un valore di μ più basso rispetto alle condizioni di fornitura”.

Influenti nella valutazione della resistenza allo scivolamento delle superfici e nel mantenimento delle prestazioni iniziali possono poi essere elementi come:

  • “la resistenza alle condizioni di usura dettate dal carico di utenza (per ambienti interni) ed anche dagli agenti atmosferici (per ambienti esterni)”;
  • “i trattamenti cui è soggetto per le operazioni di pulizia e lucidatura”.

Rispetto a questi fattori gli effetti delle operazioni di manutenzione ordinaria “possono essere contrastanti producendo in taluni casi un miglioramento del coefficiente di attrito ed in altri un decremento del suo valore (μ)”.

Si segnala, ad esempio, che i prodotti e solventi “possono sia danneggiare le superfici, se troppo aggressivi o incompatibili con la finitura superficiale dei pavimenti, sia lasciare un residuo che ne alteri le proprietà di resistenza allo scivolamento. Nelle operazioni di rilievo deve pertanto essere considerato con quali modalità, frequenza, attrezzature e prodotti viene effettuata la pulizia delle superfici e con quale periodicità, laddove previsto, siano effettuati cicli di rigenerazione della lucidatura”.

Caduta in piano e pavimentazione: le variabili della posa in opera

Il documento – curato da Erminia Attaianese, Gennaro Bufalo, Raffaele d’Angelo, Gabriella Duca, Gabriella De Margheriti, Paola De Joanna, Alfonso Giglio, Liborio Mennella, Ernesto Russo – indica poi che nel rilevamento del coefficiente di attrito “intervengono anche altre variabili che sono connesse alla posa in opera degli elementi”.

Infatti oltre alle caratteristiche di superficie indicate, si devono considerare “la disposizione delle linee di fuga e la dimensione degli elementi componenti, fattori che concorrono a determinare una texture intercalata alla superficie della pavimentazione che ne modifica la resistenza allo scivolamento”.

In particolare l’orditura delle linee di fuga “può essere in diversa misura rilevante in ragione di:

  • larghezza delle fughe;
  • maggiore o minore profondità rispetto alla superficie degli elementi della pavimentazione;
  • materiale con cui sono realizzate le fughe;
  • distanza tra le linee di fuga”.

Si ricorda poi che qualunque alterazione della complanarità “produce un’usura anomala delle superfici ed un accumulo di depositi di polvere e contaminanti”.

In definitiva la messa a sistema di tutte le informazioni e le osservazioni esposte nel documento, in questa prima parte del protocollo per la misura strumentale, possono dunque condurre “ad una mappatura delle superfici di camminamento in cui, a variazioni del CoF corrispondono diverse condizioni di usura della superficie, diversi modi di percorrenza e differenti condizioni di pulizia e manutenzione”.

Dopo questa presentazione dei primi rilievi rispetto alla pavimentazione e ai materiali, sempre in relazione al rischio di scivolamento e inciampo, il documento, che vi invitiamo a leggere integralmente, si sofferma anche su altri aspetti complementari come l’uso degli spazi arrivando poi alla procedura di rilevamento che “corrisponde alla messa in opera del progetto di rilievo e quindi traduce in modalità esecutive gli indirizzi tracciati in fase istruttoria”.

Segnaliamo, infine, che il documento presenta anche un protocollo per la valutazione non strumentale del rischio da scivolamento sulla pavimentazione con due sezioni. La prima presenta “la rassegna dei fattori che possono costituire le principali cause del verificarsi di eventi di scivolamento e/o inciampo”, mentre la seconda è costituita da una “check-list ragionata degli indicatori per il rilevamento dei fattori di rischio presenti, che associati al valore di coefficiente di attrito rilevato strumentalmente, consentono di valutare se sussistono nell’ambiente situazioni che aggravano il livello di rischio in rapporto al contesto”.

Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:

Inail Campania e Università degli Studi di Napoli Federico II, “ Valutare il rischio di caduta in piano. Progetto RAS, Ricercare e Applicare la Sicurezza, Volume 1”, a cura di Erminia Attaianese e Paola De Joanna (Università degli Studi di Napoli Federico II), Gennaro Bufalo (UOT di Certificazione, Verifica e Ricerca di Napoli), Raffaele d’Angelo e Ernesto Russo (Direzione regionale Campania-Contarp), Gabriella Duca e Gabriella De Margheriti (esperti in Fattori Umani), Alfonso Giglio (Corpo Provinciale dei Vigili del Fuoco di Napoli), Liborio Mennella (Avvocato Civilista, già Delegato OUA Organismo Unitario Avvocatura Italiana), Progetto RAS, volume 1, collana Salute e Sicurezza, edizione 2021 (formato PDF, 1.73 MB).

Fonti:Puntosicuro.it,