La banca dati della campagna europea 2020-2022 sui disturbi muscoloscheletrici riporta indicazioni sul lavoro al videoterminale e sullo stress mentale correlato. Le condizioni di sovraccarico mentale e l’importanza di corretta progettazione dell’attività.

Non c’è dubbio che, anche a causa dell’emergenza COVID-19, sia notevolmente cresciuto il numero dei lavoratori che lavorano in smart working o in telelavoro e, come ricordato anche nelle recenti linee di indirizzo CNI, non sempre c’è consapevolezza di tutti i rischi connessi al lavoro svolto attraverso l’uso di strumenti come un computer.

A volte si conoscono le possibili conseguenze sulla vista e sul sistema muscoloscheletrico, e si mettono in pratica le misure di prevenzione correlate alla postazione di lavoro per mantenere una postura corretta e non affaticare eccessivamente la vista, ma raramente si tiene conto anche dello stress mentale, connesso ai carichi di lavoro e favorito in questi mesi anche da quella situazione di stress, denominata “covid fatigue” o “ pandemic fatigue”, dovuta al prolungarsi della pandemia.

Proprio per affrontare il tema dello stress mentale connesso all’uso di un videoterminale torniamo a fare riferimento alla campagna 2020-2022 dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ( EU-OSHA) “ Ambienti di lavoro sani e sicuri. Alleggeriamo il carico!” e alla banca dati che, elaborata per la campagna europea, raccoglie strumenti, documenti e buone prassi.

Ci soffermiamo in particolare su alcuni documenti Inail, a cui si fa riferimento nella banca dati, che affrontano i rischi del lavoro al videoterminale. Documenti che ci permettono di approfondire un tema, quello del rischio stress lavoro correlato, che può essere connesso, specialmente in questa situazione di “discomfort” da pandemia, al lavoro ad un’attrezzatura munita di videoterminale.

L’articolo si sofferma sui seguenti argomenti:

  • Il lavoro al videoterminale e lo stress mentale
  • Carico di lavoro e condizioni di sovraccarico mentale
  • L’importanza di una corretta progettazione dell’attività lavorativa

Il lavoro al videoterminale e lo stress mentale

La pubblicazione Inail “Possibili disturbi da lavoro al VDT”, a cura di Nicoletta Todaro (Inail, Contarp), si sofferma principalmente, con particolare riferimento al lavoro del videoterminalista  (il videoterminalista è il lavoratore che utilizza attrezzature con videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni indicate dalla normativa), sui problemi del sistema muscoloscheletrico e della vista.

Tuttavia una parte del documento è dedicata anche allo stress mentale.

In particolare si indica, collegandosi agli altri rischi affrontati, che la presenza di affaticamento mentale non solo danneggia l’efficienza generale nello svolgimento dell’attività, “ma anche comporta un peggioramento di tutti gli eventuali disturbi presenti, sia a carico del sistema muscoloscheletrico (tensione delle spalle, contrazione dei muscoli addominali, ecc.) sia del sistema visivo (perdita di attenzione, difficoltà di mettere a fuoco, sonnolenza o irritabilità, ecc.)”.

Si segnala poi che l’affaticamento mentale “può trovare la sua origine sia nelle caratteristiche proprie dell’attività che si sta svolgendo (richieste del compito, tempi stretti, scarso controllo sul proprio lavoro, ecc.) che da condizioni generali dell’ambiente o della postazione di lavoro (posizioni scomode, temperatura non adeguata, rumori, ecc.), o dalle relazioni sociali presenti sul posto di lavoro (rapporti con i capi o i colleghi). Una particolare fonte di stress è l’attività svolta in contatto con il pubblico (ad esempio sportelli, call center, centralini)”.

Senza dimenticare che lo stress connesso al lavoro, “che nel caso dei videoterminali in genere richiede un notevole e continuo impegno mentale, può rappresentare inoltre un rischio generale per la salute, in particolare a causa dell’impatto sul sistema cardiocircolatorio, dove si possono registrare aumenti di pressione o di frequenza cardiaca”.

Come misura di prevenzione si sottolinea l’importanza di interrompere l’attività al videoterminale con delle pause, “che hanno un effetto benefico sia sul sistema circolatorio che sull’affaticamento del sistema muscoloscheletrico e sullo stress visivo, oltre spesso a comportare un miglioramento dell’efficienza alla ripresa del lavoro, riducendo in questo modo l’accumulo di stress mentale”.

Carico di lavoro e condizioni di sovraccarico mentale

Sempre a cura di Nicoletta Todaro è poi un secondo documento Inail, dal titolo “Il carico di lavoro mentale”, che ricorda come il carico di lavoro mentale sia “un parametro da valutare nello studio dei sistemi di lavoro, in quanto è l’insieme dei fattori che contribuiscono all’attivazione mentale, o a stati di sottocarico o sovraccarico mentale. È un effetto dell’attività svolta, sia a livello fisico che intellettivo, ma è anche effetto di fattori esterni, organizzativi, ambientali, sociali, influenzati inoltre da fattori personali ad esempio legati all’abilità, all’interesse, alla capacità di gestire il lavoro”.

E si possono verificare condizioni – continua il documento – “in cui il carico di lavoro mentale (stress mentale) è tale da indurre una condizione di sollecitazione mentale (strain) che se protratta per tempi lunghi può indurre delle modificazioni nelle capacità di risposta dell’operatore alle richieste dell’attività. La fatica mentale può insorgere in casi di eccessivo carico mentale o di insufficiente carico mentale”.

Si segnala che in realtà lo stress mentale “non è necessariamente una condizione negativa, in quanto può avere benefici effetti sull’efficienza lavorativa. Lo stress si definisce come l’insieme delle influenze che condizionano mentalmente l’uomo: quindi in questa definizione sono compresi non solo i fattori legati in modo specifico all’attività, ma anche tutti i fattori ambientali e psicosociali al contorno, sia stabili nel tempo che occasionali”. E lo strain mentale, effetto dello stress mentale, “è una risposta immediata alla sollecitazione, e viene influenzata anche dagli stili personali, i modi di risposta alle influenze esterne, specifici per ogni individuo, che risentono della storia e delle abitudini personali”.

Si indica poi che, in condizioni ottimali, “un adeguato carico di lavoro mentale comporta uno stato di ‘attivazione’, in cui c’è facilità di esecuzione dei compiti in seguito a un effetto di ‘riscaldamento’, in cui viene ridotto lo sforzo richiesto dall’attività svolta, rispetto alla fase iniziale: c’è quindi un aumento dell’efficienza mentale”.

Tuttavia in condizioni di sovraccarico mentale possono invece “instaurarsi sensazioni di fatica, maggiore propensione agli errori, rapporto sfavorevole tra prestazioni e sforzo”, difficoltà di apprendimento, sensazione di stanchezza, calo delle prestazioni, …

In particolare, i lavoratori possono “vedere compromessa in maniera duratura nel tempo la propria capacità di reagire ed adattarsi agli eventi in maniera positiva. Gli stati di affaticamento mentale, protratti nel tempo, portano inoltre a stati emozionali negativi che possono essere rivolti al compito stesso o ai diversi aspetti dell’ambiente di lavoro (organizzazione, colleghi, ambienti di lavoro, clienti, …). In condizioni estreme questi stati di fatica mentale rendono impossibile il proseguimento dell’attività”.

Inoltre le conseguenze della fatica mentale possono manifestarsi anche come “disturbi fisici molto diversi tra loro (mal di testa, tachicardia, disturbi digestivi, ecc)”.

E come abbiamo già indicato, una condizione di affaticamento mentale si riflette facilmente ad esempio in atteggiamenti posturali scorretti, tensioni e irrigidimenti, che possono essere causa di disturbi muscoloscheletrici, mentre sul piano fisiologico una condizione simile può comportare ad esempio l’attivazione del sistema nervoso autonomo e del sistema immunitario (minore protezione dalle malattie)”.

L’importanza di una corretta progettazione dell’attività lavorativa

Il documento segnala poi che per limitare i problemi causati da un carico di lavoro mentale non adeguato, “è essenziale una corretta progettazione dell’attività lavorativa, tenendo conto in primo luogo delle capacità di chi svolge l’attività, sia dal punto di vista delle abilità e competenze, sia dal punto di vista delle capacità fisiche e di gestione del carico di lavoro mentale, nonché delle aspettative e della comprensione dell’attività stessa. Questo allo scopo di raggiungere condizioni ottimali riguardo ‘la salute, la sicurezza, il benessere, le prestazioni e l’efficacia’: un tale insieme di richieste progettuali dovrebbe poter coniugare sia il benessere del lavoratore, che la resa produttiva per l’azienda”.

Si sottolinea poi che, nella progettazione dei compiti, l’obiettivo deve essere “facilitare l’esecuzione del compito, limitando i carichi di lavoro eccessivi o insufficienti, l’eccessiva ripetitività, evitando la richiesta di tempi di esecuzione troppo ristretti, o comunque condizioni che inducano pressione eccessiva sugli operatori, facilitando la comparsa di errori; invece devono essere promosse la crescita di competenze e capacità, in relazione ai compiti previsti, e lo sviluppo di contatti sociali, tra l’altro in grado di fornire supporto relativamente alle finalità dei compiti, alla crescita di competenze, alla gestione del carico di lavoro”.

Rimandiamo alla lettura integrale di questo secondo documento che riguardo alla progettazione dei sistemi di lavoro, sempre in relazione ai problemi connessi al carico mentale, si sofferma anche sulle eventuali “incertezze” (ad esempio ambiguità degli obiettivi dei compiti, delle informazioni, dei comandi, delle risposte, …), sulla pressione temporale (“la distribuzione del carico di lavoro deve essere tale da non raggiungere il limite a cui si manifestano gli effetti della fatica” e permettere invece il “recupero dagli effetti dell’affaticamento precedente”), sulle interazioni sociali e su vari altri parametri.

Si indica, infine, che nella progettazione bisogna considerare anche “la possibilità di rotazione tra i compiti che comportino un carico di lavoro mentale diverso. La rotazione sui compiti è un intervento organizzativo che può essere applicato con successo in molte realtà diverse, permettendo di distribuire i rischi e evitare che l’esposizione di un singolo lavoratore superi un livello critico”.

Il link al sito della campagna “Ambienti di lavoro sani e sicuri. Alleggeriamo il carico!”.

Il link alla banca dati della campagna europea.

Scarica i documenti da cui è tratto l’articolo:

Inail – Contarp, “ Possibili disturbi da lavoro al VDT”, a cura di Nicoletta Todaro, sezione “conoscere il rischio” – edizione marzo 2013 (formato PDF, 178 kB).

Inail – Contarp, “ Il carico di lavoro mentale”, a cura di Nicoletta Todaro, sezione “conoscere il rischio” – edizione marzo 2013 (formato PDF, 201 kB).

Fonti: Inail, Puntosicuro.it