Un documento in rete dell’Università degli Studi di Roma si sofferma sulla movimentazione manuale dei carichi e sui movimenti ripetitivi. Focus sugli elementi di riferimento, sui fattori individuali di rischio e sul carico lombare.

Per una attenta analisi della natura dei rischi della movimentazione manuale dei carichi, è importante sottolineare che “il manifestarsi delle possibili conseguenze sulla salute e sulla sicurezza, è legata a diverse condizioni, tra le quali, la durata del periodo di esposizione”.

E dunque coloro che “abitualmente sono impegnati nel manipolare e movimentare dei carichi, risultano più esposti alle conseguenze, in particolare a malattie professionali (ernia del disco, lombalgie croniche, da sforzo…), rispetto ad altri che magari lo fanno solo occasionalmente e possono subire infortuni, più o meno lievi, (schiacciamenti, abrasioni strappi muscolari) comunque dannosi”.

A parlare di movimentazione manuale dei carichi e ad accennare alle possibili conseguenze sulla salute e sicurezza dei lavoratori è un materiale informativo presente nel Portale del Sistema di Gestione per la Salute e Sicurezza sul Lavoro Protezione dell’ Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

Il documento presenta indicazioni normative, consigli e alcune semplici regole “per effettuare correttamente le azioni di approccio al carico, ovvero: la presa, la spinta, il traino, il sollevamento, il trasporto ed il rilascio, che sono, per l’appunto, quelle che possono determinare le criticità più frequenti alla base degli infortuni e delle malattie professionali”.

Il quaderno informativo n.13, elaborato dall’Ufficio Speciale Prevenzione e Protezione e dal titolo “La movimentazione dei carichi e i movimenti ripetitivi”, è destinato “a tutti coloro che operano nei settori della logistica e della movimentazione merci e, più in generale, ai lavoratori impegnati nelle attività di movimentazione manuale dei carichi, ivi inclusi coloro che eseguono movimenti o cicli di movimenti ripetitivi ad alta frequenza, al fine di promuovere la partecipazione attiva e diretta dei lavoratori nella prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, attraverso la conoscenza dei rischi connessi con tale attività”.

L’articolo di presentazione del documento si sofferma in particolare sui seguenti argomenti:

  • La movimentazione manuale dei carichi e gli elementi di riferimento
  • La movimentazione manuale dei carichi e i fattori individuali di rischio
  • La movimentazione manuale dei carichi e il carico lombare

La movimentazione manuale dei carichi e gli elementi di riferimento

Il Quaderno ricorda che per movimentazione manuale dei carichi “si intendono le operazioni di trasporto o sostegno di un carico, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari”. E per patologie da sovraccarico biomeccanico “si intendono quelle che interessano le strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari”.

Si segnala poi che l’allegato XXXIII del D.Lgs. 81/2008 stabilisce che: “la prevenzione del rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari, connesse alle attività lavorative di movimentazione manuale dei carichi, deve considerare, in modo integrato, il complesso degli elementi di riferimento e dei fattori individuali di rischio”.

Questi alcuni elementi di riferimento che devono essere opportunamente considerati.

Le caratteristiche del carico, “quando:

  • È troppo pesante.
  • È ingombrante o difficile da afferrare.
  • È in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi.
  • È collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato a una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco.
  • Può, a motivo della sua struttura esterna e/o della sua consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto”.

Altri elementi di riferimento sono:

  • Sforzo fisico richiesto, “quando:
    • È eccessivo.
    • Può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco.
    • Può comportare un movimento brusco del carico.
    • È compiuto col corpo in posizione instabile.
  • Caratteristiche dell’ambiente di lavoro, quando:
    • lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell’attività richiesta; il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o è scivoloso;
    • il posto o l’ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale dei carichi a un’altezza di sicurezza o in buona posizione;
    • il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi;
    • il pavimento o il punto di appoggio sono instabili;
    • la temperatura, l’umidità o la ventilazione sono inadeguate 
  • Esigenze connesse all’attività, quando:
    • gli sforzi fisici, che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, sono troppo frequenti o troppo prolungati;
    • le pause e i periodi di recupero fisiologico sono insufficienti;
    • le distanze di sollevamento, di abbassamento o di trasporto, sono troppo grandi;
    • il ritmo imposto da un processo non può essere modulato dal lavoratore”.

La movimentazione manuale dei carichi e i fattori individuali di rischio

Riguardo ai fattori individuali di rischio il documento, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in tema di tutela e sostegno della maternità e di protezione dei giovani sul lavoro, indica che “il lavoratore impegnato nella movimentazione manuale dei carichi, può correre un rischio nei seguenti casi:

  • inidoneità fisica a svolgere il compito in questione tenuto altresì conto delle differenze di genere e di età;
  • indumenti, calzature o altri effetti personali, indossati dal lavoratore, che risultano non appropriati;
  • insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione o dell’addestramento.

Dopo aver fornito informazioni sulla patologia del rachide, il quaderno informativo si sofferma sulle principali cause che possono provocare patologie alla regione dorso lombare del rachide, ad esempio con riferimento a:

  • la movimentazione manuale di carichi eccessivi, sia assiali che rotazionali, “che può provocare:
    • un processo degenerativo del disco intervertebrale, che consiste in una lenta e graduale perdita di liquidi, che porta la struttura ad essere più densa e rigida, quindi meno mobile e incapace di ammortizzare i carichi (Trofismo).
    • microfessurazioni cartilaginee limitanti, in conseguenza delle quali l’intero disco, sotto sforzo, viene spinto oltre i bordi del piatto vertebrale (Protrusione discale)
    • fuoriuscita del nucleo polposo dal disco intervertebrale (Ernia del disco)”.
  • la postura fissa prolungata, che “può causare:
    • alterazioni del trofismo del disco intervertebrale
    • un processo degenerativo del disco intervertebrale”.

La movimentazione manuale dei carichi e il carico lombare

Si indica poi che, nella movimentazione manuale dei carichi, “la compressione dei dischi intervertebrali, è uno dei principali fattori da considerare per stabilire un rischio lavorativo da sovraccarico biomeccanico del rachide lombare. Il carico lombare è la risultante delle forze di compressione che gravano sulle vertebre della zona lombare della colonna vertebrale”. E l’incidenza del carico lombare “è conseguente alla modalità di approccio al carico adottata dal lavoratore, ovvero alle manovre eseguite al momento della presa, che determina la posizione pre-sollevamento e quindi l’angolo di inclinazione del tronco, durante l’azione di sollevamento”.

Il documento presenta una tabella che evidenzia le “differenti incidenze del carico lombare nel sollevamento di carichi di peso diverso ed osservati in funzione del valore dell’angolo di inclinazione del tronco”. Riprendiamo la tabella:

Si segnala poi che è accertato che, rispetto ai lavoratori esposti a carichi lombari inferiori a 250 kg, l’incidenza della lombalgia (mal di schiena) risulta:

  • 5 volte superiore per quelli sottoposti a carichi lombari da 250 a 650 kg.
  • 10 volte nei soggetti esposti a carichi lombari superiori a 650 kg”.

Concludiamo rimandando alla lettura integrale del documento che si sofferma anche sulla valutazione dei rischi, sulle misure di prevenzione, sui movimenti ripetitivi e sulle corrette procedure per la movimentazione dei carichi.

RTM

Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:

Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Portale del Sistema di Gestione per la Salute e Sicurezza sul Lavoro Protezione, “La movimentazione dei carichi e i movimenti ripetitivi”, quaderno informativo n. 13 elaborato dall’Ufficio Speciale Prevenzione e Protezione, Collana “Cultura della sicurezza”, edizione 2014.

Fonti: Università la sapienza di Roma, Puntosicuro.it