L’equiparazione tra tirocinanti e lavoratori in concreto, le tutele a partire dalla VR, le responsabilità penali e civili del soggetto ospitante in caso di infortunio (anche a terzi) o malattia professionale: pronunce di Cassazione.
Come noto, il D.Lgs.81/08 fornisce una definizione di “ lavoratore” quale “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari.” (art. 2 c.1 lett.a) D.Lgs.81/08).
Tale norma prosegue poi prevedendo che “al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell’ente stesso; l’associato in partecipazione di cui all’articolo 2549 e seguenti del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all’articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n.196 e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro […]”.
Ricordato così il tenore della norma, si propone di seguito una selezione di sentenze della Cassazione Penale e Civile sul tema delle responsabilità legate all’adempimento degli obblighi di salute e sicurezza nei confronti dei tirocinanti (in materia di valutazione dei rischi, sicurezza delle macchine, formazione, profilassi sanitaria etc.), anche con riferimento alla tutela dei terzi.
Infortunio occorso ad un tirocinante addetto, in un’azienda produttrice di macchinari, ad un “macchinario pericoloso per chiunque, anche lavoratore esperto”: omessa “valutazione dei rischi specifici connessi all’attività di tirocinio” e mancanza del dispositivo di protezione
Con Cassazione Penale, Sez.IV, 27 settembre 2012 n.37314, la Corte ha confermato la condanna del direttore di stabilimento di una s.p.a. produttrice di macchine per filati per aver cagionato ad un “tirocinante all’interno della ditta, traumi e lesioni alla mano destra, avendo omesso di dotare la macchina rettificatrice “Magnaghi” – presso la quale il tirocinante era impegnato nella lavorazione di un pezzo – di un dispositivo di protezione (schermo anteriore, fisso o mobile) delle mani e non avendo ottemperato all’obbligo di valutazione dei rischi specifici connessi all’attività di tirocinio espletata all’interno dello stabilimento.”
A tale tirocinio l’infortunato “era stato ammesso sulla base di un protocollo d’intesa stipulato tra l’Associazione degli industriali della Provincia di…, il Comune e la Provincia di… per lo svolgimento di tirocini formativi di giovani studenti presso le aziende aderenti all’iniziativa.”
La Corte di merito aveva “ribadito la responsabilità dell’imputato” il quale, nei suoi motivi d’appello, “aveva sostenuto che, essendo l’infortunato uno studente che svolgeva attività di tirocinio presso lo stabilimento, titolare della posizione di garanzia era il “tutor” indicato dalla scuola.”
Ma era stato accertato dalla medesima Corte che, “pur non esistendo un rapporto di lavoro” tra la s.p.a. e la persona offesa, “questa, tuttavia, era stata inserita nell’ambito della struttura produttiva ed aveva, quindi, assunto la posizione di lavoratore subordinato anche in relazione alla normativa sulla sicurezza del lavoro; laddove i poteri del “tutor” della scuola erano solo finalizzati al controllo ed alla verifica del protocollo esclusivamente sotto il profilo formativo.”
Inoltre “il protocollo d’intesa […] prevedeva, tra l’altro, la figura del tutor aziendale, posizione rivestita da … dipendente della [s.p.a., n.d.r.], che di fatto gestiva il tirocinante, assegnandolo alle varie lavorazioni.”
Dunque, secondo il Giudice d’Appello, “lo studente, cioè, era inserito in un contesto aziendale per lo svolgimento di un’attività del tutto equiparata, sotto il profilo della sicurezza, a quella dei lavoratori subordinati” e da ciò derivava la responsabilità penale dell’imputato, il quale “aveva il potere ed il dovere, non solo di impedire che il tirocinante fosse assegnato ad un macchinario pericoloso, ma anche di mettere in sicurezza detto macchinario, pericoloso per chiunque, anche lavoratore esperto, vi fosse stato assegnato.”
Nel confermare la condanna del ricorrente, pertanto, la Cassazione ha fatto propria l’impostazione della Corte d’Appello, ribadendo che “pur in assenza di un tal rapporto [di lavoro subordinato, n.d.r.], non può negarsi, come giustamente hanno rilevato i giudici del merito, che il tirocinante infortunato doveva ritenersi di fatto pienamente inserito nella struttura produttiva dell’azienda per lo svolgimento di un’attività certamente equiparata, sotto il profilo della sicurezza, a quella dei lavoratori dipendenti.”
Tirocinante non formata che ha causato un infortunio a terzi (ustioni)
Nel caso trattato da Cassazione Penale, Sez.III, 23 novembre 2018 n.52858, una tirocinante non formata sull’utilizzo di un’attrezzatura ha cagionato un infortunio a terzi.
In particolare, la Corte con questa sentenza ha giudicato infondato il ricorso della titolare di un centro estetico nonché datrice di lavoro di G.B., “operatrice in tirocinio presso il suddetto centro”, la quale datrice di lavoro “ometteva di assicurare che quest’ultima ricevesse una formazione sufficiente e adeguata in materia di sicurezza e salute, con riferimento all’uso dell’apparecchio a luce pulsata che veniva impiegato per la depilazione della cliente R.I.”.
Secondo la Cassazione, “il fatto oggetto di giudizio non può essere in ogni caso qualificato in termini di particolare tenuità, ove si consideri che la condotta colposa ascrivibile all’imputata è stata tra le cause che ha determinato il verificarsi di lesioni personali di non trascurabile entità (ustioni evolute in cicatrici superficiali) in danno di una cliente del centro estetico, R.I.,”
La sentenza di condanna dell’imputata è stata comunque annullata “per essere il reato estinto per prescrizione.”
I principi che regolano la responsabilità contrattuale e risarcitoria dell’azienda ospitante nei confronti del tirocinante. (Fattispecie in cui tale responsabilità è stata esclusa, in un caso di malattia professionale di un’infermiera, per adempimento degli obblighi di tutela sanitaria)
In Cassazione Civile, Sez. Lav., 10 dicembre 2018 n.31873, la Corte ha confermato la decisione del Giudice d’Appello che aveva escluso la responsabilità (in termini di risarcimento del danno) della Gestione Liquidatoria di una USLL per l’insorgenza di una “malattia (TBC genito peritoneale con spondilotiscite tubercolare L3 L4) contratta durante il tirocinio svolto presso il reparto di tisiologia” dell’ospedale dalla tirocinante V.F., allieva di una scuola per infermieri professionali.
Già la Corte d’Appello aveva chiarito che “il tirocinio instaura un rapporto contrattuale trilaterale fra il soggetto promotore, il tirocinante e l’ente ospitante, che è tenuto a salvaguardare la sicurezza e la salute del tirocinante e risponde dell’eventuale inadempimento a titolo di responsabilità contrattuale ex art.1218 cod. civ.”
Fatta tale premessa, la Corte di merito ha “escluso la colpa dell’ente ospitante ed ha evidenziato che, a fronte della generica allegazione dell’inadempimento consistito nel non avere tutelato la salute della tirocinante, l’ospedale aveva dimostrato di avere sottoposto la V.F. a vaccinazione che, come avviene nella quasi totalità dei casi, è sufficiente ad impedire qualsiasi contagio”.
Detto ciò, “il giudice d’appello ha aggiunto che non poteva essere addebitata all’appellata la resistenza al vaccino e che l’azienda ospedaliera non era tenuta a garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro, impossibile per la presenza di soggetti malati, bensì solo ad eseguire la profilassi idonea a scongiurare il pericolo di contagio”.
Inoltre la Corte d’Appello “ha escluso che l’ospedale fosse stato nelle condizioni di avvedersi della malattia e di sottoporre con tempestività a cure la tirocinante, perché la V.F. aveva conseguito il diploma […] quando ancora la patologia non era stata diagnosticata”.
La Cassazione, nel confermare – come già ricordato – la pronuncia d’appello, ha anzitutto premesso in termini generali che “l’obbligo di sicurezza che grava sull’Imprenditore e sulle amministrazioni pubbliche è assunto non solo nei confronti dei lavoratori subordinati ma anche rispetto ad altre categorie di soggetti che, a vario titolo, si vengono a porre in relazione con i luoghi di lavoro”.
Più nello specifico, la Corte di legittimità ha chiarito che “la normativa antinfortunistica, infatti, tutela chiunque «svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione» (art.2, lett.a) d.lgs.n.81/2008 che, sebbene non applicabile alla fattispecie ratione temporis, riprende la definizione già contenuta nell’art.3 del d.P.R.n.547/1955 e nell’art.3 del d.P.R. n.303/1956)”.
Di conseguenza “valgono, pertanto, anche in relazione al rapporto contrattuale di tirocinio i principi, consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, che regolano la responsabilità ex artt.1218 e 2087 cod. civ., alla stregua dei quali l’inadempimento dell’obbligo di tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore è fonte di responsabilità contrattuale e risarcitoria, che sorge qualora la lesione del bene tutelato derivi causalmente dalla violazione di obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali e tecniche”.
Nondimeno “detta responsabilità non ha natura oggettiva perché, sebbene la colpa si presuma ex art.1218 cod. civ., con onere a carico del datore di lavoro di superare la presunzione, tuttavia a quest’ultimo non può essere addebitato qualsiasi evento lesivo della salute del dipendente, bensì solo quello che sia eziologicamente collegato alla regola cautelare violata, regola che deve essere specificamente volta a scongiurare il rischio di verificazione dell’evento realizzatosi”.
Di conseguenza, “corollario di detto principio è che la dipendenza della malattia da una causa di servizio non necessariamente implica responsabilità del datore di lavoro, perché la patologia può essere anche conseguenza della qualità intrinsecamente usurante della ordinaria prestazione lavorativa o può essere insorta per una causa non addebitabile al datore, per avere quest’ultimo adottato le misure imposte dal legislatore o suggerite dalla tecnica e dalle regole di ordinaria prudenza”.
Secondo la Cassazione, in conclusione, “a detti principi di diritto si è attenuta la Corte territoriale che, dopo avere affermato che il datore di lavoro è garante della sicurezza anche rispetto ai tirocinanti, ha escluso la responsabilità della Gestione liquidatoria rilevando, sostanzialmente, che, essendo pacifica l’avvenuta somministrazione del vaccino, l’evento non poteva essere addebitato a colpa della struttura ospedaliera perché, da un lato, non poteva essere garantita l’assoluta salubrità dell’ambiente di lavoro, in considerazione dell’ineliminabile presenza nel reparto di soggetti malati, dall’altro la vaccinazione, nella normalità dei casi, impedisce il contagio e la resistenza al vaccino, seppure possibile, non poteva essere ascritta al datore”.
Fonti: Olympus.uniurb.it, Puntosicuro.it, Anna Guardavilla (Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro )